Data: 29/04/2011 10:30:00 - Autore: Comunicato stampa
L'Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (AIMMF) ha recentemente espresso forte preoccupazione in ordine alle proposte contenute nel ddl 957 (Comunicato Stampa del 9 aprile 2011), che torna sul tema dell'affidamento condiviso dei figli di genitori separati, introdotto dalla legge 54/2006. Ci� facendo l'AIMMF compie opera del tutto apprezzabile, evidenziando la propria viva e permanente attenzione ai temi del diritto di famiglia. Nel merito, l'AIMMF riproduce molto da vicino i rilievi e le riserve gi� espresse negli ultimi tempi da gruppi di avvocati e segnatamente da UNCM, AIAF, OUA e Osservatorio Nazionale sul diritto di Famiglia. Verso queste associazioni quanti hanno a cuore il benessere dei minori e lavorano da sempre per esso non possono che provare gratitudine per le garbate, accurate e costruttive osservazioni, che verranno nel prosieguo analizzate ordinatamente. E', anzitutto, da notare che il ddl 957, risalendo al 2009, ha richiesto qualche sia pur secondario aggiustamento e diversi mesi fa � stato quindi virtualmente sostituito dal ddl 2454 (16 novembre 2010), che, lasciando integralmente inalterato il corpo del progetto, ha dato tuttavia preventiva risposta a un paio tra le preoccupazioni espresse, laddove esisteva qualche possibilit� di equivoco, meramente formale. E' dunque alla versione pi� recente che verr� qui fatto riferimento, anche se di essa nessuna delle associazioni sopra ricordate sembra avere preso contezza. Iniziando dal dissenso sulla cosiddetta pariteticit� dei genitori (comunque, gi� per la legge in vigore affidatari entrambi), �Viene cos� imposta per legge la divisione del tempo dei figli minori in misura eguale presso ogni genitore�, nessuna preoccupazione, perch� non di tempi si tratta, ma del diritto del minore �di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi pariteticamente, salvo i casi di impossibilit� materiale�. Del resto sul punto � inequivocabile l'introduzione: �� si faccia ben attenzione: si tratta di una pariteticit� che non � affermata per i tempi, fiscalmente e rigidamente, (sarebbe del resto assurdo pretendere lo stesso numero di pernottamenti avendo il doppio dei pomeriggi, e viceversa), ma invoca pari responsabilit� e paritetica assunzione di concreti doveri.� Altra rassicurazione pu� essere fornita sul �doppio riferimento abitativo, per cui il figlio dovrebbe fare il pendolare tra le case dei due genitori ed avere la doppia residenza�. La proposta infatti dice altro, ossia che il giudice assume le decisioni riguardanti la presenza dei figli presso i genitori �stabilendone il domicilio presso entrambi, salvo accordi diversi dei genitori�. Ora, ai sensi dell'art. 43 c.c. i concetti di domicilio e di residenza sono ben distinti (1�, ovvero 2� comma) e poich� il primo � il luogo del principale riferimento degli interessi di una persona, essendo il figlio affidato contemporaneamente ai due genitori appare del tutto corretto e consigliabile che possa sentirsi � a casa sua� sia presso la madre che presso il padre. Dei supposti �pendolarismi� si � gi� detto al punto precedente e comunque perfino con l'affidamento esclusivo gli spostamenti dei figli di genitori separati sono inevitabili. Poco chiara � l'origine della successiva preoccupazione: �Viene altres� imposta per legge una formale e presunta parit� economica dei genitori senza alcun riferimento alla diversit� delle loro condizioni reddituali e patrimoniali in concreto, avvantaggiando in tal modo ingiustificatamente il genitore economicamente pi� forte.�, visto che in realt� per il contributo al mantenimento dei figli si prevede che �Salvo accordi diversi delle parti, ciascuno dei genitori provvede in forma diretta e per capitoli di spesa al mantenimento dei figli in misura proporzionale alle proprie risorse economiche�. Forse � si � avuto un improprio allargamento del giudizio negativo a partire dalla prevalente avversione giurisprudenziale per la forma diretta del mantenimento a favore dell'assegno, la quale tuttavia non rappresenta una novit� del condiviso bis, essendo gi� prevista dalla legge in vigore. Altro motivo di allarme � per l'AIMMF nella presunta �eliminazione, nel 2� comma dell'art. 155 c.c., del riferimento all'interesse morale e materiale dei figli nella decisione del giudice�. Ma cos� non �, essendo stato questo semplicemente riportato, nel medesimo comma, nella sua giusta posizione, la stessa che occupava incontestatamente nel codice civile prima della riforma del 2006, laddove si afferma che il giudice: �Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa�. Ed � logico che ad un principio generale il legislatore rimandi non dove il testo di legge elenca precise prescrizioni � che devono semplicemente essere osservate � ma dove la genericit� delle facolt� del giudice impone un ausilio applicativo. Si � solo inteso rimediare a una svista. Interessante � anche il rilievo dell'AIMMF sulla assegnazione della casa familiare: �Contraria all'interesse del minore risulta la previsione della perdita ope legis del godimento della casa familiare in caso di convivenza more uxorio, in quanto tale revoca andrebbe a nuocere inevitabilmente sul mantenimento dei riferimenti sociali e ambientali dei figli minori nel cui esclusivo interesse viene assegnata la casa familiare al genitore con cui gli stessi convivono.� Tale giudizio rappresenta una conferma del permanere della difficolt� per la magistratura minorile a realizzare con le proprie decisioni la svolta voluta dal legislatore a favore della bigenitorialit�, pur esplicitamente espressa. Se il minore gi� con la legge in vigore ha diritto ad un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, � chiaro che non esiste un �genitore convivente�. Il figlio vive un rapporto simmetrico, intercambiabile nella sua flessibilit�, all'insegna di autentiche pari opportunit� da utilizzare privilegiando di volta in volta la temporanea collocazione che meglio soddisfi le sue esigenze. In un regime di questo tipo � evidente che, superato il concetto di �collocazione privilegiata�, viene meno anche la giustificazione giuridica per scavalcare il diritto di propriet�. Del resto il concetto � ampiamente illustrato nella relazione introduttiva al ddl. Il legislatore, infatti, non ignora la pronuncia 308 del 2008 della Corte costituzionale, ma ritiene che, una volta riaffermato e rispettato l'equilibrio anche abitativo nel rapporto del figlio con ciascun genitore cadano automaticamente pure le preoccupazioni per la presunta �sottrazione della casa al minore� su cui ruota tutto il ragionamento della pronuncia suddetta. D'altra parte, si tiene dovutamente conto della ben pi� convincente pronuncia della Corte di cassazione, (sentenza n. 26574 del 17 dicembre 2007), secondo la quale la casa familiare non � un insieme di muri, ma il luogo degli affetti familiari per cui, una volta che �la famiglia� si sia smembrata, e per giunta si voglia introdurre in quegli ambienti una persona estranea, vengono irreversibilmente meno quei requisiti di �nido�, di habitat consueto dei figli che in via del tutto eccezionale permette di superare le normali regole di godimento dei beni immobili. E' dunque evidente il permanere del favor dell'AIMMF per il modello dell'affidamento esclusivo, che si continua a ritenere pi� adatto a realizzare l'interesse del minore e che si cerca di mantenere in vita con la parte sostanziale delle decisioni, pur piegandosi ad utilizzare il nome di �affidamento condiviso�. Una tendenza che si conferma nel deprecare la �eliminazione del riferimento al tenore di vita anteriore alla separazione�, una espressione chiaramente, ma impropriamente, mutuata dagli obblighi tra coniugi, dove per� ha senso, dovendosi disciplinare le risorse future di soggetti che non vivranno pi� insieme, e oltre tutto relativa a necessit� ormai stabilizzate. Un caso ben diverso da quello dei figli, soggetti in et� evolutiva e quindi dai bisogni permanentemente variabili, nonch� conviventi con i genitori, e quindi logicamente chiamati ad adeguarsi ai mutamenti familiari, sia in meglio che in peggio. Il legislatore, pertanto, ha inteso evitare illogici riferimenti a ci� che si era stati prima: la separazione cambia il contesto economico, e oltre tutto pu� anche coincidere con svolte positive. Si pensi al comune caso di una moglie casalinga che, per affrontare la nuova situazione, inizi a lavorare, pi� che superando in tal modo l'impoverimento sempre legato alla separazione in se stessa. Il riferimento al passato in una situazione del genere risulterebbe riduttivo, a tutto danno dei figli. Quanto al timore per �l'eliminazione della possibilit� di disporre indagini per individuare la capacit� reddituale dei genitori�, non ha fondamento. Il comma dell'art. 155 che prevede le indagini � il 6�. Le modifiche previste dal ddl in oggetto arrivano fino al 5�. Dunque � pacifico che il 6� resta intatto. Del resto si tratta di uno degli aspetti gi� presenti nel testo base (pdl 66) per la legge 54/2006, elaborato come i ddl in oggetto dall'Ass. Crescere Insieme, quindi non � pensabile che la stessa fonte oggi ne proponga la soppressione. Non � facile, inoltre, comprendere quale sia lo spunto per le preoccupazioni espresse in merito alla mediazione familiare: �Suscita poi perplessit� l'imposizione obbligatoria della mediazione familiare in tale materia (con la conseguente penalizzazione del genitore che sar� ritenuto colpevole di averne provocato l'insuccesso)�. Il ddl, infatti, prevede solo l'obbligo di informarsi sulle potenzialit� di un eventuale percorso di mediazione, restando liberi di non effettuarlo. Inutile dire che di quanto venga detto in esso, o nell'incontro informativo, nulla giunge al giudice, al quale le parti si limiteranno a presentare la certificazione dell'avvenuto passaggio. Qualcuno ha detto che anche quest'obbligo � eccessivo perch� impedirebbe un libero accesso dei cittadini alla giustizia. Pu� replicarsi, tuttavia, che qualsiasi tipo di richiesta rivolta alle istituzioni richiede dei pre-adempimenti: dall'obbligo di procurarsi il certificato di residenza e di matrimonio, alla esibizione delle dichiarazioni dei redditi. Nulla pi� di un consenso (o dissenso) informato prima del pi� banale intervento chirurgico. Altro motivo di preoccupazione risulta ci� che viene definito �la legittimazione attiva dei nonni a proporre nel giudizio di separazione la domanda relativa al loro autonomo diritto di visita destinata ad accentuare la conflittualit� familiare, con ulteriori ripercussioni negative sull'equilibrio dei minori, il cui interesse a mantenere relazioni con i familiari � gi� tutelato dalla possibilit� per i nonni, ma anche per gli zii ed altri parenti, di proporre domanda al Tribunale per i Minorenni ai sensi dell'art. 336 c.c. �. Ma, in effetti il testo del ddl 2454 dice che ai parenti: ��, � data facolt� di chiedere al giudice di disciplinare il diritto dei minori al rapporto con essi�. E' intuibile che non si tratta di allargare le parti del processo di separazione, ma di consentire che essi possano attivare un procedimento a s� stante per rendere effettivo un diritto che stando in capo a un soggetto che non ha la capacit� di agire resterebbe lettera morta. Esattamente come deve muoversi un figlio gi� maggiorenne ma non indipendente economicamente al momento della separazione dei suoi genitori, che non sia soddisfatto della sorte a lui destinata da essi, senza per questo diventare �parte� nella separazione. Quanto all'art. 336, afferma la possibilit� che in caso di maltrattamenti o ancor pi� gravi circostanze possano attivarsi anche i parenti, quindi � sembrato consigliabile al legislatore disciplinare anche situazioni di opportunit�, senza giungere allo stato di necessit�. Validissimo, infine, il suggerimento di rivedere il riferimento agli istituti di educazione, tanto che nel testo del ddl 2454 (novembre 2010) si legge: �In ogni caso il giudice pu� per gravi motivi ordinare che la prole sia collocata presso una terza persona o, nell'impossibilit�, in una comunit� di tipo familiare.�. In definitiva, appare probabile che ci� che maggiormente abbia sollevato perplessit�, ovvero dato fastidio, e abbia contribuito ad una valutazione fortemente negativa della nuova proposta sia stato un aspetto citato solo indirettamente nel comunicato stampa dell'AIMMF, ovvero il mancato sostegno al progetto di istituire un tribunale unico dei minori e della famiglia, sostanzialmente trasformando in tale struttura gli attuali tribunali per i minorenni. Difatti l'art. 12 dei ddl risolve a favore del tribunale ordinario i dubbi sulla competenza relativamente alle famiglie di fatto. Si tratta certamente di una posizione degna di rispetto, cos� come riteniamo valutabili le motivazioni dei nuovi ddl: � � si ritiene preferibile che il dibattito si svolga in luoghi pi� facilmente accessibili agli utenti (il rapporto numerico � 165:29) e ove sono pi� ampie le garanzie per le parti: una precauzione che appare necessaria, atteso il principio del rispetto dell'interesse del minore che informa tutti i provvedimenti in materia.�. Ma questo � certamente un tema prematuro, che sar� oggetto di futuri pi� ampi dibattiti. Accanto a questo genere di considerazioni, che attengono alla specificit� del nuovo progetto, non pu� tuttavia tacersi, di fronte alla forte ondata di critiche giunte dalle associazioni citate all'inizio, che si ha la sensazione che si tratti di qualcosa di diverso e di pi� profondo, rispetto al dissenso su singoli aspetti. La sensazione � che ci si sia sforzati di trovare criticit� e negativit� nel disegno di legge 957 (o meglio 2454), e solo quelle, essenzialmente perch� � il modello stesso che a molti non piace, che non � mai piaciuto. Volgendosi indietro, non si pu� non rammentare che se sono occorsi dodici anni per far entrare nel nostro ordinamento l'affidamento a entrambi i genitori (a dispetto di quella lunga serie di convenzioni internazionali cos� spesso invocate a tutela dell' �interesse del minore�) � perch� quelle medesime associazioni lo hanno fortemente avversato o, nel migliore dei casi, hanno taciuto. La simpatia, la propensione, verso il modello monogenitoriale traspare da ogni loro intervento, da ogni loro scritto. Onest� intellettuale vuole che se ne possano anche vedere delle ragioni, siano o meno prevalenti o esaustive. Innegabilmente il sistema fondato sul �genitore affidatario� (o �collocatario� che � la stessa cosa) permette una serie di automatismi e di semplificazioni (attribuzione della casa, w-e alternati, assegno �), fino a quella massima, che � l'uso di prestampati, o di formulari salvati sul computer. Non cos� se ci si deve calare nel caso particolare, studiandone usi e abitudini, in modo da confezionare per esso abiti su misura, precisando compiti di cura e capitoli di spesa. In effetti per queste necessit� la mediazione familiare si rivelerebbe preziosissima, ma qui subentra un altro tipo di difficolt�, soprattutto in altri ambiti: il mediatore di problemi potrebbe risolverne troppi, potrebbe invadere troppo spazio. O, almeno, si � portati a temere che ci� possa avvenire. Sar� un caso che la mediazione familiare incontri tante resistenze?
Marino Maglietta
(Pres. Ass. Naz. Crescere Insieme)
Matteo Santini
(Pres. Naz. Centro studi e ricerche sul diritto della famiglia e dei minori)

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