|
Data: 23/08/2011 11:00:00 - Autore: Paolo Storani POSTA e RISPOSTA n°93 si dà all'agronomia, perché l'Avv. M. TERESA MORINI, memore del mio indecoroso pezzullo del 22 lug '11, ci invia un per contro sontuoso contributo: "Caro Storani, il termine ' capotozzatura" esiste in lingua italiana ed è presente come lemma sin dal XVI secolo. Indicato in tutti i dizionari Treccani compreso. Verosimilmente il termine deriva da capo e da tozzo. Dicasi anche "tagliare a capitozza", vale a dire recidere una parte arborea della pianta, generalmente l'apice dei cd. " grandi alberi" (quercia, cedro, abete rosso...) al fine di impedirne la crescita. Quindi il termine italianissimo può essere usato ed è noto ad ogni vivaista e giardiniere. Anche un avvocato può ignorarlo! Non siamo detentori assoluti della lingua italiana. Nel merito invece ,la pratica della capitozzatura è ritenuta molto dannosa per le piante, pressochè inutile e causa principale della morte dell'albero, per ragioni scientifiche che si possono leggere nei vari siti del settore. Mi sono interessata del problema capitozzatura avendo intrapreso una strenua lotta a favore di un maestoso cedro deodara di 28 metri d'altezza, presente nel giardino condominiale di casa mia, poichè alcuni condòmini s'erano fissati di " decapitarlo" per ragioni di sicurezza (dicevano...). Essendomi rivolta ad un agronomo che ha esaminato la pianta, rassicurandomi sulla perfetta salute della stessa e sua forte radicamento al terreno, ho imparato cosa sia la capitozzatura. Parola non frequente, ma ripeto corretta in senso tecnico. Grazie e saluti M. Teresa" - Grazie per il Tuo contributo, cara Maria Teresa, ed auguroni per la battaglia a tutela del maestoso cedro deodara che vorrai abbracciare da parte mia. Non fregherà a nessuno ma mi hai suscitato un ricordo di tanti anni fa: io bimbo con la mano a papà; che aveva appena acquistato una casetta a Cingoli, entroterra scosceso eppur stupendo del maceratese; il progresso era ad un livello tale che, se per caso mancava la corrente (e ciò accadeva spesso), mio padre era costretto, in quanto unico maschio giovane e forte del luogo, a salire su un traliccio per rimettere la luce all'isolato. Ebbene, ricordo perfettamente che tenevo nella manina un cedro che poi con mia grande soddisfazione ho rivisto enorme ed altissimo, proprio come il Tuo, molti anni, girovagando da quelle parti con mia moglie, dopo la vendita di quella adorabile dimora. Penso fosse un cedro del Libano e la Forestale li regalava. Metterlo a dimora io e ritrovarmelo gigantesco: che emozione! Giustissimo difenderlo con le unghie e con i denti: brava Maria Teresa! Ritengo che Tu sia la stessa Collega del Foro di Venezia, con studio a Mestre, autrice del post del 7 gen '11 sul sito "Il rovescio del diritto", riguardante la situazione delle carceri in Italia. Se sei proprio Tu, qua la mano per davvero. Voglio riportarlo qui appresso perché merita di essere portato all'attenzione di tutti i nostri lettori: "Lo stato delle carceri in Italia è per lo più vergognoso. In certe circostanze disumano. Io ascolto con una certa frequenza Radiocarcere di Radio Radicale, che è l'unica emittente in Italia che dia una certa informazione sulla realtà carceraria, sia sotto il profilo della vita del singolo che del cd. ”sistema”. La situazione di disinformazione e disinteresse verso la vita dei detenuti è diffusa ad ogni livello politico e questo per un chiaro motivo, Nessun politico, nessun deputato si dedica con costanza a monitorare questa realtà oscura e quasi censurata in cui vivono migliaia di nostri concittadini. Io credo che se vi fosse un sistema di ingresso qualificato nelle carceri, non necessariamente connesso alla burocrazia ministeriale, la presenza direi di un supervisore (o meglio più supervisori, visto il numero delle case di pena) che con costanza visitassero le carceri, parlassero con direttori e funzionari, coi detenuti, con la polizia penitenziaria e riferissero anche al tribunale di sorveglianza, come segnalazione di un determinato stato di cose, la situazione delle carceri, almeno sotto il profilo del trattamento e delle condizioni di vita, sarebbe molto ma molto diversa. Non capisco perchè in questa Italietta che abbonda di Garanti e di Authority, nessuno voglia istituire un Garante anche per i detenuti e le loro condizioni di vita e di disciplina. In più ci vorrebbe anche un altro tipo di avvocato difensore, poichè anche gli avvocati quando si recano a colloquio coi propri clienti detenuti, vedono cose che non vanno o raccolgono lamentele dai loro assistiti, ma stanno zitti. Eppure interessarsi fattivamente di politica carceraria dovrebbe essere un ruolo di grandissimo rilievo. Basti solo immaginare il ritorno sociale e civile di un detenuto che dentro il carcere possa effettivamete studiare o lavorare. Purtroppo le cose restano ferme perchè fa comodo lasciarle immobili. Non è sempre e solo questione di ” finanziamenti” che non ci sono; spessissimo manca la qualità umana cui sono affidati i detenuti". Fonte il sito "Il Rovescio del Diritto" del 7 gen '11 h.11:03, blog dell'Avv. Giovanni ORLANDO del Foro di Catanzaro con il sardonico sottotitolo "Essere innocenti è pericoloso perché non si hanno alibi" - Autrice Avv. Maria Teresa MORINI del Foro di Venezia. Una parola per l'Avv. ORLANDO che cura quell'ottimo blog: lo sai che lo straordinario attore bellunese Marco PAOLINI, quello che ha introdotto in Italia il teatro dell'impegno civile e sociale (celeberrimo il "Vajont"), da sempre tiene un diario della sua esistenza che ha intitolato "ALIBI" perché se un giorno i Carabinieri busseranno alla sua porta, saprà rispondere dov'era in quel dato giorno in cui fosse incolpato di qualcosa? Teniamoci per mano, la notte del diritto ci farà meno terrore. |
|