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Data: 15/09/2011 11:00:00 - Autore: Raffaele Mancuso (di Raffaele Mancuso - Dottorando di ricerca Università di Venezia). L'art. 1372 c.c. statuisce che: il contratto possa essere sciolto solamente per mutuo consenso o nei casi stabiliti dalla legge. Uno di questi casi, che presentano sempre il carattere dell'eccezionalità (in alternativa verrebbe meno la forza vincolante del contratto), è il recesso del socio previsto dall'art 2285 c.c., vale a dire la facoltà attribuita al singolo partecipante di sciogliersi unilateralmente dal vincolo che lo unisce agli altri soci. Il nostro ordinamento, quindi, annovera un principio generale che è quello sull'irrevocabilità del contratto, statuito dall'art. 1372 comma 1 c.c. che statuisce : “ Il contratto a forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge”. Vedasi (TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, XXXVI Ed. Padova 1995, 625; conf. RESCIGNO, P., Contratto – I Dir. civ., in Enc. giur. Treccani, III, Roma 1988, 28); Tale principio è in perfetta sincronia con quello della libera estrinsecazione dell'autonomia contrattuale, secondo il quale ai soggetti di diritto è consentito porre in essere regolamenti negoziali, tipici o atipici, entro i limiti posti dall'art. 1322 c.c. In tal senso: (CARPINO, Il mandato, la commissione e la spedizione, in Tratt. dir. priv. diretto da Bessone, XIV, I contratti speciali, Torino 2008, 133 – 134) In sintesi così come le parti contraenti sono libere di vincolarsi se e come credono, di contro, se stringono un vincolo contrattuale esso potrà essere posto nel nulla solo mediante una rinnovata volontà delle stesse parti di senso chiaramente opposto a quello da cui era scaturito l'accordo secondo i limiti posti dall' art. 1322 c.c. Questo dimostra che il principio di irrevocabilità del contratto non è assoluto ma ammette eccezioni, tra cui quella dei c.d negozi risolutori, previsti espressamente dalla legge. Il recesso, tuttavia, è un istituto avente carattere eccezionale e, come tale, mantiene la sua configurazione nel contratto di società di persone, dove è consentito solo in determinate ipotesi . Una parte, seppur autorevole, della dottrina fa una distinzione tra i negozi risolutori e la categoria dei negozi revocatori. I negozi revocatori rimuovono il negozio principale e si pongono rispetto ad esso come negozio in senso contrario artt. 298 co. 2, 525, 679, 1270, 1396, 1411 co. 2, 1412, 1723, 1921. I negozi risolutori fanno cessare ex nunc o ex tunc secondo la pattuizione delle parti, gli effetti del precedente negozio. Per esempio il mutuo consenso, il recesso, la disdetta. L' art. 1372 menziona il mutuo dissenso che può definirsi come un negozio giuridico mediante il quale le parti, con rinnovata manifestazione i volontà, stabiliscono di porre nel nulla un contratto precedentemente stipulato. In argomento: (LUMINOSO, Il mutuo dissenso, Milano 1980, 18 ss.), è possibile definire tale figura facendo riferimento al combinato disposto degli articoli 1372 e 1321 c.c. (quest'ultimo considerato nella parte in cui riferisce l'accordo contrattuale all'estinzione di un rapporto giuridico avente carattere patrimoniale). In base di quanto ora detto, dunque, può affermarsi che il mutuo dissenso è un autonomo contratto menzionato dalla legge, che trova proprio nell'estinzione di un pregresso rapporto contrattuale la sua funzione e dunque la sua causa, che in tal senso può dirsi tipica (BIANCA, Diritto civile III, Il contratto, Milano 1998, 700; CAPOZZI, Il mutuo dissenso nella pratica notarile, in Vita not. 1993, 638 ss.; LUMINOSO, op. cit., 256 ss.). La natura del mutuo dissenso ha costituito un aspetto importante in seno alla disputa che si è registrata fra gli studiosi circa la questione relativa all' utilizzabilità di questo strumento rispetto ad un contratto ad effetti reali che si siano già prodotti, tematica cui le presenti riflessioni sono specificamente dedicate: fin da ora, però, è opportuno notare che in dottrina, dopo aver affermato la descritta natura di contratto autonomo del mutuo dissenso (contra SCOGNAMIGLIO, R., Collegamento negoziale, in Enc. dir. VII, Milano 1960, 378 ss., che considera collegati il negozio estintivo e quello da estinguere), si è largamente sostenuta la tesi a tenore della quale questo contratto funzionale allo scioglimento di un precedente rapporto convenzionale sarebbe in realtà un accordo negoziale risolutorio (SIRENA, Effetti e vincolo, in Tratt. del contratto diretto da Roppo, III, Gli effetti, a cura di M. Costanza, Milano 2006, 84; ROPPO, Il contratto, in Tratt. Iudica-! Zatti, Milano 2001, 540; SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, IX Ed., Napoli 1974, 217-218). La ratio di tale istituto si rinviene nella considerazione che il vincolo contrattuale è posto a tutela dell'affidamento delle parti posto ciò tale esigenza viene meno quando sono le stesse parti a decidere lo scioglimento del vincolo. Per meglio inquadrare l'istituto del mutuo dissenso bisogna precisare che la natura giuridica ha dato luogo a diversi contrasti in dottrina. Tre sono le più accreditate teorie: Teoria dell'atto di adempimento traslativo Secondo ( Gazzoni) dal mutuo dissenso deriverebbe semplicemente l'obbligo di trasferire il bene da parte dell'acquirente, mentre l'effettivo trasferimento sarebbe imputabile ad un atto di adempimento posto in essere solutionis causa, predisposto per far rientrare il bene nel patrimonio dell'alienante. Teoria del contrarius actus Secondo ( Mirabelli, Biondi , Rubino) il mutuo dissenso non sarebbe altro che un negozio di contenuto uguale e contrario al precedente. Tale teoria trae origine dal convincimento che una volta prodottisi gli effetti negoziali, non è consentito alle parti di eliminarli, bensì unicamente di conseguire effetti restitutori, invertendo le posizioni che ciascun contraente aveva nel precedente negozio. Ove si accolga tale teoria , non ci saranno difficoltà in ordine alla forma e alla causa, che andranno riferite al contro- negozio posto in essere. Tale teoria sembra allo scrivente trovare dei limiti nei contratti ad effetti obbligatori ad esempio un contratto d'appalto ove sarebbe improbabile ipotizzare che con un contrarius –actus il committente si trasformi in appaltatore e viceversa. Inoltre, la volontà delle parti, solo raramente potrà identificarsi con quella del contrarius actius esempio vi è nel caso di restituzione dei doni dopo un litigio tra fidanzati che sembra allo scrivente non essere accompagnata ad un vero e sincero animus donandi necessario nella donazione. Teoria del negozio di annientamento e risolutorio Secondo alcuni Autori ( Messineo, Santoro Passarelli, Bianca, Capozzi ) sostengono che il mutuo dissenso è un negozio risolutorio volto a porre nel nulla il precedente accordo contrattuale. In mutuo dissenso, sarebbe, una figura unitaria che risolve ogni effetto del precedente contratto ripristinando lo status quo ante differente dal contrarius actus, che non regredisce alle posizioni anteriori, ma fa scaturire posizioni giuridiche nuove magari uguali ma non identiche alle precedenti, quindi si può dedurre che il mutuo dissenso ha efficacia retroattiva mentre il contrarius actus agirebbe ex nunc e non ex tunc. Nel mutuo dissenso si riscontrano gli elementi di ogni contratto: la causa ( eliminare dal mondo giuridico il negozio precedente posto in essere) l'oggetto ( che dipende dal tipo di negozio risolto) la forma ( varia al varia del negozio su si agisce). La configurabilità del mutuo dissenso come negozio risolutorio influisce certamente anche sul sull'operatività del meccanismo restitutorio: se si intenda risolvere un contratto di vendita, il bene ritornerà al venditore di contro il compratore riacquisterà il prezzo secondo gli istituti del 2036 c.c. indebito soggettivo per il prezzo e art. 2037c.c. restituzione di cosa determinata per il bene oggetto di vendita. La teoria ultima sopra sembra preferibile, non solo perché supera le difficoltà logiche e contingenti che ricorrono se si aderisca alla tesi del contrarius actus ma anche perché come detto supportata da validi istituti normativi. L'art. 1321c.c. tra le varie tipologie contrattuali chiaramente include anche quelle estintive, tra cui il mutuo dissenso; L'art. 1372 c.c. menziona esplicitamente il mutuo consenso tra le eccezioni al principio dell'irrevocabilità del contratto; L'art. 2655 c.c. che nei casi di negozi traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari, ammette la possibilità, implicita, di una convenzione risolutoria che è oggetto di annotazione ma non di autonoma trascrizione ex. 2643 c.c. A sostegno dell'opinione accolta abbiamo Cass. 27.10.1962, n. 3027; 28.3.1983, n. 3692; 16.12.1986, n. 7551; 6.6.1988, n. 3816. Fatta propria la teoria del negozio risolutorio resta aperta la domanda se esso sia configurabile oltre che per i contratti ad effetti obbligatori ma anche per quelli ad effetti reali. Dottrina ( Scognamiglio) nega la configurabilità di tale istituto per i contratti che abbiano prodotto l'effetto reale perché semplicemente nel nostro ordinamento, il trasferimento di un diritto reale pur nella vigenza del principio consensualistico, necessita di uno strumento idoneo a tale scopo e tale non può essere il mutuo dissenso che ha la sola funzione di porre nel nulla un precedente contratto. Altri Autori ( Capozzi, Donisi, Ferrari, Roppo) negano nel nostro ordinamento la sussistenza di un principio del numerus clausus dei negozi traslativi della proprietà e degli altri diritti reali. Tale principio non potrebbe desumersi da quello della tipicità dei diritti reali, in quanto la fonte del rapporto è cosa diversa dal rapporto stesso. Quindi per la dottrina più moderna, il mutuo dissenso è una figura generale, in quanto non produce né effetti obbligatori né reali, bensì unicamente effetti risolutori. Un ulteriore problematica sul mutuo dissenso riguarda la sua efficacia retroattiva che non è né negata né ammessa pacificamente dal legislatore. Alcuni Autori ( Luminoso, Delana) si schiera contro la retroattività degli effetti, secondo l'argomentazione per cui non vi è un'esplicita disposizione in tal senso; il carattere della eccezionalità della retroattività fa si che nel nostro ordinamento può essere determinato solo dal legislatore e non dalle parti. Secondo Autori quali ( Scognamiglio, Perlingeri) nulla osterebbe alla retroattività convenzionale alcuna impossibilità né logica né tanto meno giuridica. Anche dibattuto risulta essere il problema della forma del mutuo dissenso e degli atti ch eccedono i negozi formali, definiti di secondo grado, in quanto destinati ad operare ( integrando, operando, modificando o risolvendo) su precedenti contratti per i quali la legge richiede una forma determinata. Il legislatore ha disciplinato i requisiti formali di alcuni di questi negozi come il contratto preliminare tacendo per il mutuo dissenso. Parte della dottrina propende per il principio della libertà di forma, partendo dal presupposto logico che il negozio risolutorio è autonomo rispetto a quello presupposto. Relativamente ai contratti risolutori di precedenti contratti per i quali e prevista la forma scritta, qualche Autore ( Luminoso), sulla base dell'art. 1350 c.c. richiede parimenti la forma scritta . Per i sostenitori della teoria del contrarius actus per i quali la forma sarà sempre quella dell'atto presupposto che ha la stessa natura del contro negozio, il problema della forma non si pone, problema che si pone per chi aderisce alla teoria del negozio risolutorio. Per i sostenitori del negozio risolutorio si applica il principio di simmetria, in virtù del quale i negozi secondari tra cui rientrano quelli risolutori soddisfano le stesse esigenze dei primi e necessitano la loro stessa forma. In conclusione, non sembrerebbe allo scrivente un caso, infatti, che l'art. 1123 del codice civile del 1865, corrisponda all'odierno art. 1372 c.c.,e utilizzasse il termine “revoca” del contratto per mutuo consenso; la sostituzione di questa locuzione con quella di “scioglimento”,sembrerebbe imporre di non riferire l'accordo estintivo al contratto ma al rapporto che ne deriva. Raffaele Mancuso - Dottorando di ricerca Università di Venezia Bibliografia BRIGANTI, Torino, Comm.cod.civ.dir.da Cendon, IV, 1999 |
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