|
Data: 22/10/2011 09:00:00 - Autore: Marco Spena L'art. 35 del T.U. sull'immigrazione e il relativo art. 43 del regolamento di attuazione (d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394), prendono in esame la situazione degli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale, evidenziando una distinzione fra due diverse categorie soggettive, quella cioè degli stranieri regolarmente soggiornanti che hanno preferito non optare per l'iscrizione obbligatoria, e quella degli stranieri irregolari presenti comunque sul territorio nazionale. Tale distinzione è importante ai fini della disciplina applicabile, variando il contenuto del diritto all'assistenza sanitaria nei due casi enunciati. Le disposizioni contenute nel testo dell'art. 35 T.U. si ispirano ad uno spirito umanitario assistenziale nei confronti degli stranieri presenti sul territorio nazionale che non sono in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno. Vengono infatti assicurate “le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorchè continuative, per malattia ed infortunio e ad essi sono estesi i programmi di medicina preventiva e salvaguardia della salute individuale e collettiva”. Con questo orientamento il legislatore del 1998, estendendo agli stranieri irregolari presenti in Italia il diritto all'assistenza sanitaria, seppur essenziale, ha espresso la propria volontà di aderire alla logica dei diritti della persona, piuttosto che a quella dei diritti del cittadino, avuto riguardo anche ai principi enunciati più volte dalla Corte Costituzionale in tema di diritto alla salute. Seguendo infatti l'orientamento della Consulta (Corte Cost., 17 luglio 2001, n. 252), il legislatore nel bilanciare diversi interessi costituzionalmente rilevanti, ha il compito di assicurare a tutti quel nucleo irriducibile del diritto alla salute, garantito dall'art. 32 della Cost. Trattandosi dunque di un diritto fondamentale della persona, anche se finanziariamente condizionato, lo stesso non può essere privato di quel nucleo irriducibile ed insopprimibile quale quello riconosciuto appunto agli stranieri irregolari. La legge assicurerebbe allora agli stranieri irregolari le cure urgenti o comunque essenziali, ancorchè continuative, per malattia o infortunio. Il Ministero della Sanità con circolare n. 5/2000 è intervenuto a chiarire che per cure urgenti devono intendersi le cure che non possono essere differite, in quanto esporrebbero la persona a pericolo per la vita o a danno per la salute, mentre per cure essenziali bisognerebbe intendere le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non immediatamente pericolose, ma che potrebbero comportare nel tempo maggiore danno alla salute o rischi per la vita. Risulta evidente la preoccupazione del legislatore di assicurare il pieno rispetto del diritto alla salute inteso come diritto fondamentale dell'individuo ed interesse della collettività. L'obiettivo preso in considerazione è quello di prevenire la diffusione di contagi e malattie infettive garantendo cure adeguate proprio agli stranieri, i quali rappresenterebbero delle mine vaganti idonee a trasmettere eventuali malattie. Nel tutelare il diritto alla salute del singolo il legislatore mirerebbe dunque a garantire la tutela della salute pubblica, in un'ottica del tutto superindividuale. Ad ogni modo, al di là di ogni teoria individualistica o superindividualistica, al fine di agevolare in modo effettivo il ricorso alle cure sanitarie da parte degli stranieri non in regola ed il pieno rispetto dei diritti fondamentali dell'individuo, la legge prevede la garanzia dell'anonimato. Gli stranieri non regolari che ricorrono all'assistenza sanitaria, non possono essere segnalati alle autorità, salvo il caso dell'obbligatorietà del referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano. Il divieto di segnalazione alle autorità vincola non solo il personale sanitario ma anche tutto il personale amministrativo operante presso le strutture sanitarie, al fine appunto di garantire allo straniero non in regola la garanzia piena avverso il rischio di denunce penali, agevolando in totale sicurezza il ricorso alle strutture sanitarie nazionali. E' evidente allora la volontà normativa di evitare il rischio che lo straniero irregolare, per il timore di essere denunciato, non ricorra a quelle prestazioni sanitarie che la legge gli assicura. Quanto detto finora andrebbe considerato in una prospettiva di effettività, nella quale l'interesse sanitario e gli obblighi umanitari prevalgono sulle norme di pubblica sicurezza relative al controllo dell'immigrazione clandestina. |
|