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Data: 25/10/2011 10:00:00 - Autore: Avv. Giovanni Minauro TRE BUONE RAGIONI PER OTTENERNE L'ANNULLAMENTO E LA SOSPENSIONE CAUTELARE - L'ULTIMA DELLA CASSAZIONE IN MATERIA DI GIURISDIZIONE E COMPETENZA. L'istituto del fermo amministrativo di veicolo ex art. 86 D.P.R. n. 602/1973 ha subito, nel corso degli anni, diversi interventi di chirurgia legislativa, che ne hanno completamente alterato l'originaria fisionomia, trasformandolo da semplice misura patrimoniale preordinata alla riscossione delle imposte ad odioso strumento di coercizione al pagamento di crediti di natura anche diversa da quella tributaria (crediti previdenziali, sanzioni amministrative e da infrazioni al C.d.S. etc…). Originariamente, il fermo amministrativo di bene mobile registrato, così come introdotto dal DPR n. 602 del 1973 (art. 86), nasce, infatti, come strumento finalizzato alla riscossione coattiva dei soli tributi e come potere discrezionale esercitabile unicamente dalla P.A. (Agenzia Regionale delle Entrate) su richiesta del concessionario del servizio di riscossione. In tale prospettiva, con il successivo D.Lgs n. 669/96 e le relative norme di attuazione di cui al D.M. n. 503 del 07.09.1998, la sua utilizzazione viene poi subordinata al rispetto di precisi limiti e modalità di esercizio, ovvero al compimento, in successione temporale, di una serie di atti a garanzia del debitore: notifica della cartella esattoriale e del conseguente avviso di mora; pignoramento negativo o incapiente per credito superiore a lire 500.000 (limite, quest'ultimo, previsto dall'art. 79 del DPR n. 43/1988 in materia di riscossione coattiva delle imposte) da effettuare a distanza di un anno dalla notifica della cartella o, in alternativa, redazione di un verbale di mancato reperimento del veicolo; fermo amministrativo, con necessario pignoramento da eseguire, a pena di inefficacia della disposta misura, entro i successivi 60 giorni. Con Il D.lgs. n. 46 del 26.02.1999, il potere di disporre il fermo viene, però, ben presto attribuito direttamente al concessionario ed il requisito del previo pignoramento mobiliare negativo sostituito con quello del mancato reperimento dell'autoveicolo (art. 16 cit. D.lgs.), prevedendosi, tuttavia, come conseguenza della più grave disciplina, la necessità di emanare un nuovo decreto ministeriale di attuazione. Successivamente, è l'art. 1 lett. Q. del D.lgs. 27.04.2001 n. 193 a rendere ancor più rigida tale nuova disciplina, attraverso l'eliminazione del requisito del mancato reperimento del veicolo e la previsione, in luogo dello stesso, di quello dell'inutile decorso di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Anche in tale occasione, il legislatore ribadisce, tuttavia, l'obbligo, per il governo, di provvedere all'emanazione di un regolamento attuativo, volto a determinare "le modalità, i termini e le procedure per l'esecuzione del fermo in assenza di pignoramento". A complicare il suddetto quadro normativo interviene, infine, la l. n. 248/2005 (V. art. 3 co. 41 - interpretazione dell'art.86 del D.P.R. n. 602/73), con la quale si dispone che, fino all'emanazione di un nuovo decreto di attuazione, il fermo può continuare ad essere direttamente eseguito dal concessionario nel rispetto delle norme regolamentari contenute nel DM n. 503/98 (norme, invero, già implicitamente abrogate, unitamente alla legge di cui costituivano attuazione, dai menzionati decreti legislativi n. 46/1999 e n. 193/2001). A tutt'oggi – ed è questo il primo ed importante dato che va evidenziato - alcun nuovo regolamento attuativo degli or ora citati decreti legislativi risulta ancora emanato, essendosi unicamente registrato un ulteriore estemporaneo intervento legislativo (recente l. n. 106/2011 di conversione del c.d. “decreto sviluppo” – D.L. n. 70 del 13/05/2001), con il quale, lungi dall'introdursi una disciplina organica dell'istituto in esame, si è soltanto previsto che, per i crediti inferiori ai duemila euro, l'Agente di Riscossione, prima di poter procedere al fermo, dovrà previamente provvedere all'invio di due preavvisi, a distanza di almeno sei mesi l'uno dall' altro. I deleteri risultati di tali disorganici e contraddittori interventi legislativi e, soprattutto, della scelta di conferire al concessionario (oggi Equitalia S.p.a., Ente Unico di Riscossione di diritto privato a partecipazione pubblica) il potere di disporre direttamente il fermo, sono sotto gli occhi di tutti. Chiunque, oggi, può vedersi “inganasciata” la propria autovettura, qualora registrato e schedato, negli archivi informatici dell'Equitalia, come debitore di somme, anche di minima o trascurabile entità, non importa se imputabili a crediti di natura tributaria, previdenziale o sanzionatoria, se relative a semplici interessi di mora per ritardato pagamento di una precedente cartella, se riconducibili a crediti prescritti o addirittura manifestamente inesistenti. E tanto, senza voler considerare i sovradimensionati importi che vengono normalmente pretesi dal concessionario a titolo di sanzioni aggiuntive, interessi e aggio dovuto, e che rendono ancor più insopportabili le già gravi vessazioni inflitte al cittadino-debitore con l'applicazione della ganascia fiscale in questione. E' purtroppo la logica dell'impresa e del profitto che, come inevitabile conseguenza della privatizzazione selvaggia di tutti i servizi, pervade ormai anche rapporti di natura squisitamente ed inalterabilmente pubblicistica, come quelli relativi alla riscossione di tributi e sanzioni amministrative, che dovrebbero invece intercorrere, senza intermediari di sorta, unicamente tra Stato e cittadino. Ebbene, a detta abusiva, frequente ed indiscriminata utilizzazione della misura patrimoniale de qua da parte del concessionario del servizio di riscossione, ha posto un importante freno la giurisprudenza, la quale ha enucleato almeno tre diverse e rilevanti ragioni di possibile illegittimità della procedura di fermo, da individuare (1) nella mancata emanazione dei regolamenti attuativi del D.lgs. 26.02.1999 n. 46 e del D.lgs. 27.04.2001 n. 193, con conseguente inapplicabilità della disciplina negli stessi prevista; (2) nell'eventuale natura non tributaria del credito azionato dal concessionario; (3) nella carenza di motivazione del provvedimento di fermo in ordine alle esigenze concrete che ne abbiano giustificato l'adozione sotto il profilo della conservazione della garanzia del credito azionato. In particolare, secondo un primo indirizzo giurisprudenziale (Cfr., ex plurimis, Trib. Mantova 05 settembre 2005; del TAR Puglia. n.392/2004; TAR Lazio n. 3402/2004 confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza n.3259 del 13/7/04), i sopra citati d.lgs. n. 46/1999 e n. 193/2001 - che tuttora consentono all'Ente di riscossione di provvedere direttamente al fermo del veicolo, semplicemente decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella esattoriale ed omettendo il pignoramento - non risultano ancora applicabili nel nostro ordinamento, non essendo stati emanati, così come negli stessi previsto, i relativi decreti ministeriali di attuazione ed avendo la stessa legge (cit. l. n. 248/2005) rinviato al precedente D.M. n.503/1998 (che prevedeva, invece, il previo pignoramento o il verbale di mancato reperimento del veicolo). Sul punto, si è giustamente osservato (Cfr. cit. Trib. Mantova 05 settembre 2005) che uno stravolgimento processuale, quale quello rappresentato da detta nuova disciplina (che esonera il concessionario terzo del servizio e, quindi, un ente di diritto privato, dal rispetto delle norme di procedura civile in materia di esecuzione forzata), non potrebbe che essere rigidamente disciplinato nelle sue concrete modalità di attuazione (il legislatore stesso prevede, difatti, che il D.M. attuativo debba regolamentare "le modalità, i termini e le procedure per l'attuazione del fermo in assenza di pignoramento"). Sotto diverso profilo, si è inoltre evidenziato che, allo stato dell'attuale disciplina, quantomeno dubbia è da ritenere l'applicabilità del precedente D.M. n. 503/1998, siccome lo stesso risulta dapprima implicitamente abrogato dai più volte menzionati decreti lgs. n. 46/1999 e n. 193/2001 e poi insolitamente richiamato in vita dalle disposizioni della successiva l. n. 248/2005, con le quali risulta, peraltro, manifestamente incompatibile. Difatti, se, da una parte, la normativa regolamentare contenuta in detto D.M. mal si concilia con le previsioni dei successivi interventi legislativi (che, proprio in deroga alle precedenti prescrizioni, hanno abilitato il concessionario a disporre direttamente il fermo ed eliminato i requisiti del previo pignoramento e del mancato reperimento del veicolo), dall'altra, per dare attuazione ad una disciplina successivamente entrata in vigore in sostituzione di quella abrogata, occorrerebbe in ogni caso un nuovo intervento regolamentare, volto quantomeno a disciplinare le modificazioni apportate dalle nuove disposizioni di legge. Nel nostro ordinamento, difatti, deve ritenersi operante il principio secondo cui l'abrogazione di una norma di legge comporta automaticamente anche la caducazione del relativo regolamento di attuazione, che non potrebbe perciò essere richiamato in vita da una successiva disposizione di legge (Cfr., sul punto, Cass. Civ. Sez. Lav., n. 6 del 3/1/1984). In definitiva, delle due, l'una: o si ritiene che lo strumento del fermo amministrativo di veicolo non possa trovare applicazione fin quando non venga emanato un decreto di attuazione della sua nuova disciplina o, in caso contrario, l'utilizzazione dello stesso strumento deve essere necessariamente subordinata, ex art. 3 l. 248/2005, al rispetto delle modalità e dei limiti di cui al risuscitato e non ancora definitivamente abrogato D.M. 503/1998 ed alla relativa normativa di cui costituiva attuazione (D.P.R. n. 602/73 e D.P.R. n. 43/88), ossia al rispetto di quelle disposizioni che prevedevano, come condizioni per l'attuazione del fermo, il previo pignoramento o il mancato reperimento del veicolo. Altra parte della giurisprudenza ritiene, invece, che il fermo amministrativo di un veicolo ex art. 86 D.P.R. n. 602/1973 e succ. modif. sia da ritenere illegittimo, ogni qual volta il concessionario del servizio di riscossione non abbia adeguatamente motivato il ricorso alla stessa misura patrimoniale in relazione alle esigenze concrete che ne abbiano giustificato l'adozione, con particolare riferimento all'entità del credito azionato ed alle condizioni soggettive del debitore, in quanto idonee a compromettere la garanzia del credito (Cfr. Trib. Roma, Sez. fer., 08 agosto 2006; Trib. Milano 9 aprile 2003; nonché T.A.R. Lazio 23/6/2004 e T.A.R. Puglia 4/2/2004 n. 392). Secondo tale ultimo orientamento giurisprudenziale, il legislatore, con l'uso della locuzione “il concessionario può disporre il fermo” (contenuta nell'art. 86 del D.P.R. n° 602/1973 e ribadita nei successivi interventi modificativi), ha inteso, difatti, ancorare la possibilità di ricorrere alla ganascia fiscale in parola all'osservanza di un preciso onere motivazionale da parte dello stesso concessionario, il quale deve giustificare, nel provvedimento di fermo (che rimane sostanzialmente un atto di natura amministrativa e, dunque, da motivare, attesa la natura pubblicistica degli interessi ad esso sottesi), l'opportunità e/o la necessità di adottare la stessa misura patrimoniale, con riferimento alla eventuale comprovata insolvibilità del debitore ed al pericolo concreto della sottrazione delle garanzie del credito. Nel caso in cui, pertanto, come di frequente accade, il credito azionato sia modica entità e/o le presumibili condizioni patrimoniali, lavorative o reddituali del debitore siano tali da non compromettere la garanzia del credito, il ricorso alla misura del fermo amministrativo dell'autovettura risulterà senz'altro atto esecutivo palesemente illegittimo, siccome del tutto immotivato ed ingiustificato sotto il profilo conservativo della garanzia del credito. Infine, anche la natura del credito azionato dal Concessionario – come sopra si diceva - può incidere sulla legittimità del fermo. Difatti, secondo altro orientamento giurisprudenziale (Cfr. Trib. Novara Sez. Lav., 09 maggio 2003; Trib. Venezia n.73 del 28.01/03.02.2004; Commissione Tributaria Provinciale di Terni – Sezione II – sentenza 13 novembre – 18 dicembre 2007, n. 240), la ganascia fiscale de qua non risulta utilizzabile per il recupero di crediti aventi natura diversa da quella tributaria, essendo stata espressamente prevista e disciplinata unicamente per l'esazione delle imposte sul reddito. Sul punto, si è giustamente osservato che consentire un'indiscriminata utilizzazione di detta misura coercitiva per la riscossione di qualsiasi credito iscritto a ruolo (talvolta anche per crediti di enti con personalità giuridica di diritto privato, come quelli vantati nei confronti dei professionisti dalle rispettive casse previdenziali) comporterebbe l'affermazione di un principio molto grave e pericoloso, che attribuirebbe ad un soggetto privato, quale il concessionario, il potere di limitare fortemente il diritto di proprietà e di libertà di movimento dei cittadini, anche in assenza di un interesse pubblico da perseguire che giustifichi l'esercizio dello stesso potere (interesse pubblico, invece, presente in caso di esazione di crediti derivanti da mancato pagamento di tasse ed imposte) e senza una precisa normativa diretta, oltre che alla specifica previsione di tale potere, a stabilire i limiti e le modalità del relativo esercizio (Cfr. cit. Comm. Trib. Prov. Terni, Sez. II, n. 240/2007). In definitiva, per quanto emerge dal suddetto quadro giurisprudenziale, pare possa tranquillamente affermarsi che vi sono, oggi, buone e fondate ragioni per potersi utilmente opporre, con riferimento ad una molteplicità di casi, all'indiscriminata e spesso abusiva utilizzazione, da parte dell'Equitalia S.p.a., della ganascia fiscale del fermo amministrativo di veicolo. In ogni caso, prima di agire in giudizio, occorre prestare particolare attenzione allo strumento processuale da utilizzare e procedere con attenzione alla individuazione del giudice che abbia giurisdizione e competenza a conoscere dell'impugnativa. A detti ultimi fini, bisogna infatti considerare che, come stabilito dalle Sezioni Unite della S.C. (Cfr. Cass. Sez. Un., n. 2053 del 31/1/2006 e Cass. Sez. Un. n.14831 del 5/6/2008), il fermo amministrativo di autoveicolo, rientrando tra gli atti esecutivi della procedura di riscossione, è da ritenersi unicamente impugnabile con i rimedi tipici dell'opposizione all'esecuzione e/o agli atti esecutivi (artt. 615, 617 e 624 c.p.c.). Nell'individuare, poi, il giudice che abbia giurisdizione e competenza a conoscere dell'impugnativa che si intende proporre, occorre tener presente che, secondo le stesse Sezioni Unite della S.C. (Cfr. Cass. Sez. Un., n. 2053 del 31/1/2006 e Cass. Sez. Un. n.14831 del 5/6/2008), la giurisdizione e la competenza vanno stabilite con rifermento alla natura (tributaria, previdenziale o sanzionatoria) del credito per cui si procede e che - come da ultimo ulteriormente specificato dalla S.C. nella recentissima pronuncia n. 20931 del 12/10/2011, adottata sempre a Sezioni Unite - qualora la giurisdizione, tenuto conto della natura del credito, spetti al G.O., la competenza è da riconoscersi, sempre ed a prescindere dal valore della controversia, in favore del tribunale, quale giudice funzionalmente competente in materia di esecuzione, ex art. 9 C.p.c., ogni qualvolta, beninteso – si precisa nella pronuncia da ultimo richiamata - con l'azione proposta non si contesti lo stesso diritto del concessionario a procedere in executivis e si proponga, quindi, non un'opposizione agli atti esecutivi, ma un'opposizione all'esecuzione. In tale ultimo caso, varranno, invece, i soli criteri già dettati nelle sopra cit. Cass. Sez. Un. n. 2053/2006 e n.14831/2008. Pertanto, allorquando la giurisdizione appartenga al G.O., perché trattasi di crediti di natura sanzionatoria, ed i motivi dell'opposizione si concretino – come di sovente accade - in un'opposizione agli atti esecutivi, il giudice di pace non potrà mai ritenersi competente a conoscere della stessa impugnativa, a prescindere dal valore della causa. Allo stesso modo, qualora trattasi di crediti previdenziali e sia sempre proposta un'opposizione agli atti esecutivi, competente non sarà il G. L., ma il G.E. E' opportuno ricordare, altresì, che il rimedio dell'opposizione all'esecuzione e/o agli atti esecutivi è esperibile anche avverso il semplice preavviso di fermo amministrativo, in quanto detto ultimo atto risulta finalizzato, in una prospettiva di tutela del diritto di difesa e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, a notiziare il destinatario del provvedimento di fermo, dell'esistenza di una determinata pretesa tributaria (o di natura previdenziale o sanzionatoria), rispetto alla quale sorge, ex art. 100 c.p.c., l'interesse del medesimo alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della stessa pretesa (Cfr. Cass., Sez. Un. n. 10672 dell'11/05/2009). Tenuto conto, però, dei tempi biblici del nostro sistema-giustizia, impugnare, sic et simpliciter, un provvedimento di fermo ed attendere la sentenza del giudice non avrebbe, sotto il profilo pratico, alcun senso, atteso che la nostra autovettura, nel frattempo, rimarrebbe chiusa e bloccata in garage per diversi anni. Per liberare immediatamente la stessa dall'odiosa ganascia e per ottenere pronta ed effettiva tutela giurisdizionale, risulterà quindi indispensabile agire in via cautelare. A tal fine, considerato che i provvedimenti di fermo o di preavviso di fermo – come sopra detto - risultano impugnabili soltanto con i rimedi tipici di cui agli artt. 615, 617 e 624 c.p.c., occorrerà quindi proporre, in uno all'opposizione, istanza di sospensione dell'esecuzione e/o dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato e, contestualmente, porsi il problema del tipo di istanza da esperire (se ex art. 624, ex art. 615 o ex art. 618 c.p.c.) Il problema non è di poco conto, atteso che, allo stato, secondo criticabile, ma maggioritario orientamento della giurisprudenza di merito (Trib. Roma 28/05/2007; Trib. Bologna 06/06/2007; Trib. Ascoli Piceno 25/09/2009; Trib. Brindisi 11 luglio 2006; Trib. Marsala 2 marzo 2006), soltanto i provvedimenti emessi ex art. 624 e 615 c.p.c. risulterebbero reclamabili ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., e non anche i provvedimenti di sospensione emanati ex art. 618 c.p.c. (contra, sulla reclamabilità di tali ultimi provvedimenti V., in dottrina, Lombardi, Nota a Trib. Roma 28/05/2007 e Trib. Bologna 06/06/2007, Giurisprudenza merito, 2007, 10, 2643 e, in giurisprudenza, Trib. Biella 11 maggio 2006, 1657 e Trib. Pavia 23 marzo 2007). Orbene, la risposta al suddetto problema non potrebbe che dipendere dal tipo di atto da impugnare (fermo o preavviso di fermo), dal genere di opposizione che si intende proporre (opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi) e, con riferimento al caso di opposizione all'esecuzione proposta avverso un provvedimento di fermo, dalla soluzione che si dà all'ulteriore questione dell'individuazione del momento di inizio dell'esecuzione, momento da individuarsi – a modesto parere di chi scrive – nella notifica dl provvedimento di fermo. A tale ultimo riguardo, è da considerare, infatti, che detto provvedimento, determinando l'impossibilità di poter liberamente circolare con l'autovettura e di poter disporre della proprietà della stessa, anticipa, in buona sostanza, gli effetti del pignoramento e, dunque, a detto ultimo atto non potrebbe che essere assimilato, con conseguente inizio dell'esecuzione. In altri termini, potrebbe dirsi che, con la notifica del provvedimento di fermo, l'esecuzione è già iniziata, essendosi verificati, nei fatti, gli effetti propri del pignoramento. Quanto appena detto risulta avvalorato dai principi espressi dalla S.C. nella sopra cit. Cass. Sez. Un. n. 2053 del 31/1/2006, ove il provvedimento di fermo viene inserito tra gli “atti esecutivi” della procedura di riscossione esattoriale e definito come “atto funzionale all'espropriazione forzata dei crediti”, nonché dai successivi arresti contenuti nella già richiamata e recentissima Cass. Sez. Un. n. 20931/2011, nella quale la giurisdizione e la competenza a conoscere dell'opposizione agli atti esecutivi proposta avverso il provvedimento di fermo vengono attribuite al Giudice dell'Esecuzione, proprio sul presupposto dell'equiparazione di detto provvedimento al pignoramento. Pertanto, se l'oggetto dell'impugnativa è costruito da un provvedimento di fermo, risultando l'esecuzione già iniziata con la notifica dello stesso provvedimento, l'istanza di sospensione dell'esecuzione andrà formulata ex art. 624 c.p.c., se trattasi di opposizione all'esecuzione (quest'ultima da proporre, chiaramente, con ricorso e dinanzi al G.E.), ed ex art. 618 c.p.c., se trattasi di opposizione agli atti esecutivi (da proporsi anch'essa con ricorso, dinanzi al G.E., nel termine di venti giorni dalla notifica del fermo). Con riferimento, invece, all'ipotesi di impugnazione del preavviso di fermo, il problema dell'individuazione del tipo di istanza di sospensione esperibile si pone in termini diversi, giacché lo stesso preavviso, non comportando l'anticipazione degli effetti del pignoramento, risulta atto prodromico all'esecuzione e, quindi, pienamente equiparabile al precetto. Di conseguenza, in caso di opposizione all'esecuzione (da proporre – ovviamente - con atto di citazione e nelle forme dell'opposizione a precetto, dinanzi al giudice competente per il merito), in via cautelare dovrà chiedersi, in applicazione analogica dell'art. 615 c.p.c, la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato (o, semplicemente degli effetti dello stesso provvedimento), mentre, in caso di opposizione agli atti esecutivi (da proporre, sempre con atto di citazione, entro venti giorni dalla notifica del provvedimento, ma dinanzi al G.E.), l'istanza di sospensione andrà proposta ai sensi dell'art. 618 c.p.c. E' bene precisare, tuttavia, che, allo stato, non si rinvengono pronunce della giurisprudenza che indirizzino verso l'una o l'altra delle suddette soluzioni e che, quindi, i problemi ad esse relativi, nati dalle lacune normative dei disorganici ed estemporanei interventi “a strappo” del legislatore e dai conseguenti rappezzi della Cassazione, risultano risolvibili soltanto in via interpretativa ed alla luce di quanto statuito nei sopra citati vincolanti arresti delle Sezioni Unite della stessa S.C. Quanto ai motivi da far valere nel merito della sospensiva, questi potranno risiedere nel grave ed irreparabile pregiudizio che il blocco dell'autovettura potrebbe arrecare, oltre che alla sfera patrimoniale, a quella personale e lavorativa del soggetto istante ed del suo nucleo familiare. L'autovettura di proprietà, infatti, viene normalmente utilizzata, oltre che per l'effettuazione degli spostamenti necessari al compimento delle abituali attività di vita familiare (scolastiche, ricreative etc…), anche e soprattutto per lo svolgimento dell'attività lavorativa del proprietario della stessa o di uno dei componenti della sua famiglia. L'uso dell'auto, per tali ultime finalità, potrebbe addirittura rivelarsi indispensabile, nel caso in cui l'occupazione lavorativa del proprietario consista nello svolgimento di particolarità attività di lavoro autonomo o parasubordinato (agenti, rappresentanti di commercio, venditori ambulanti etc…) o professionale (medico, avvocato). Sul punto, si segnala che, spesso, la giurisprudenza non ha esitato a disporre la sospensione in via d'urgenza del fermo amministrativo dell'autovettura utilizzata per ragioni professionali da soggetti che svolgevano, ad esempio, la professione di avvocato o di medico, nonché, più in generale, per ragioni lavorative e familiari (Cfr. Trib. Milano, 29 maggio 2003; Trib. Bari 17/03/2003; Cfr. Trib. Roma, Sez. Fer., 08 agosto 2006, Trib. Torino, 16 luglio 2004; Trib. Caltanissetta, 12 febbraio 2004; Trib. Milano, 29 maggio 2003; Trib. Bari 17/03/2003; Trib. Sala Consilina, 02 maggio 2003). Per ulteriori approfondimenti in materia di sospensione dell'esecuzione e/o dell'efficacia esecutiva del titolo e, in particolare, circa la non necessarietà del requisito del periculum in mora – approfondimenti che potrebbero tornare utili anche ai suddetti fini di tutela cautelare in materia di fermo amministrativo di veicolo - si rimanda ad altro articolo già pubblicato su Studiocataldi.it ed intitolato “Il diritto di difesa ed il principio di effettività della tutela giurisdizionale nell'opposizione a precetto”. Avv. Giovanni Minauro |
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