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Data: 04/01/2012 11:30:00 - Autore: Luisa Foti Tempi di crisi. Aumentno i lavoratori in mobilità. E' c'è anche chi deve far fronte agli impegni economici che nascono da una nuova relazione stabile. Cosa fare allora se il mantenimento alla ex è diventarto troppo oneroso? Ce lo spiega la corte di Cassazione. Il lavoratore in mobilità con nuovo legame stabile ha diritto a una riduzione dell'assegno di mantenimento versato all'ex. Ciò che conta infatti è la nuova situazione lavorativa del coniuge obbligato e la parallela nuova situazione familiare con gli obblighi in capo a lui appena sorti in conseguenza della stabile relazione e del figlio che gli era nato. La decisione della prima sezione civile della corte (sentenza n. 26771, depositata il 13 dicembre 2011). In primo grado, il Tribunale aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra i due coniugi e con sentenza definitiva, aveva determinato la misura dell'assegno divorzile includente la parte relativa al mantenimento del figlio maggiorenne. La somma era stata ridotta rispetto a quanto in precedenza stabilito in sede di separazione. La donna in appello aveva chiesto una nuova determinazione dell'assegno divorzile ma la Corte di Appello di Bari aveva rigettato le richieste. Rispetto all'originaria situazione economico sociale riconosciuta dalle parti con gli accordi di separazione, si era verificata una novità, negativa per l'ex marito, costituita dalla sua messa in stato di mobilità. La Corte di Appello considerava pertanto corretta la decisione del primo giudice della riduzione del 10% della somma originariamente fissata negli accordi di separazione. Contro questa sentenza ricorreva per cassazione la donna e, in riferimento alla violazione dell'articolo 132 co. 2, cpc, nonché dell'art. 118 delle disposizioni di attuazione del medesimo codice (dalle quali sarebbe derivata, secondo l'ex moglie, la nullità della sentenza impugnata, in quanto la misura dell'assegno, che il giudice di secondo grado non ha motivato ma invece ha richiamato puramente e semplicemente la sentenza di secondo grado senza fornire una sua propria motivazione con riferimento alle necessità istruttorie poste dall'appello), la Corte ha spiegato che “la sentenza impugnata non si è limitata, come sostiene la ricorrente, a richiamare la sentenza del primo giudice. Essa infatti dopo aver ritenuto puntuale la motivazione del primo giudice che ritiene di fare propria, precisa, con grande sintesi ma con altrettanta precisione, il punto relativo al contrasto tra le parti dovuto alla diminuzione dell'assegno del 10%, menzionando le circostanze che, a suo avviso condivisibilmente, il primo giudice aveva valorizzato. Ovvero la nuova situazione lavorativa (dell'ex marito) e la parallela nuova situazione familiare con gli obblighi in capo a lui appena sorti in conseguenza della stabile relazione e del figlio che gli era nato. Ne deriva che la motivazione, che ribadisce la decisione del primo giudice di ridurre l'assegno rispetto alla misura fissata in sede di separazione, e l'affermazione della non proponibilità di domande estranee al petitum originario in quanto irritualmente o tardivamente presentate, sostiene adeguatamente la decisione di rigettare l'appello”. |
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