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Data: 18/01/2012 10:00:00 - Autore: Luisa Foti In tema di accordi sul mantenimento dei figli, il coniuge che durante la separazione si accorda con l'ex nel senso di accollarsi tutte le spese relative ai figli non può poi chiederne la restituzione. Salva la revisione in sede di divorzio. È questo il contenuto della sentenza n. 27653/2011. In particolare, i giudici di legittimità hanno spiegato che “se la definizione delle condizioni patrimoniali della separazione non subisce adeguamenti sempre possibili nel giudizio di divorzio, ovvero in seguito non venga attivato da parte del coniuge interessato il procedimento di modifica di quelle condizioni, confermate in sede di divorzio, a mente del combinato disposto dagli artt. 9 l. n. 898/1970 e. 710 c.p.c., quell'assetto resta definitivamente consacrato in quei termini, dunque immutato sino a che non ne venga richiesta la revisione. Come si legge nella sentenza di legittimità, con sentenza la Corte d'appello, provvedendo sui gravami proposti avverso precedente decisione del Tribunale dei due coniugi, (in via principale dall'ex marito e in via incidentale dall'ex moglie), ha confermato il rigetto della domanda proposta dall'ex marito tesa ad ottenere la condanna del coniuge alla restituzione della somma per il mantenimento della figlia, affetta da disturbi psichici e poi interdetta, a lui affidata ed in subordine di quella di arricchimento senza causa e di utile gestione. Avverso questa decisione l'ex marito, proponeva ricorso per cassazione. Gli Ermellini, rigettando il ricorso hanno precisato che “(l'ex marito) aveva assunto a proprio carico esclusivo la figlia sia in sede di separazione personale dalla moglie che nel giudizio di divorzio, ove dichiarò di rinunciare ad esigere alcunchè dalla stessa e di non aver pretese a titolo di mantenimento della fanciulla, ancora all'epoca minorenne, che le relative statuizioni non avevano sancito alcun obbligo solutorio della madre in relazione; alle esigenze della figlia, nè di tale assetto (l'ex marito) aveva in seguito chiesto la modifica ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9 e dell'art. 710 c.p.c.. Stante la sua rinuncia al contributo del coniuge, pienamente valida in quanto relativa ad un diritto disponibile, la sequenza di comportamenti del (l'ex marito) attraverso i quali egli ha provveduto, nel tempo e continuamente, ai bisogni della figlia, tuttora non autosufficiente, rappresentano atti di liberalità non ripetibili. La domanda principale merita dunque il rigetto per inesistenza di una determinazione giudiziale che consenta di quantificare l'obbligo della madre anche in relazione alle sue capacità economiche; quella di utile gestione è parimenti infondata poiché l'attore ha adempiuto ad obbligazione, per sua stessa libera determinazione propria e non della convenuta; quella sussidiaria d'arricchimento senza causa infine è inammissibile per difetto di tale requisito, potendo (l'ex marito) esperire azione d'accertamento che ripartisse tra lui e la (ex moglie) gli oneri relativi alla figlia” . |
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