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Data: 15/02/2012 10:00:00 - Autore: L.S. "L'apprendistato, secondo la definizione data dall'art. 2 della legge 19 gennaio 1955, n. 25, è un rapporto di lavoro speciale in forza del quale l'imprenditore è obbligato ad impartire nella sua impresa all'apprendista l'insegnamento necessario perché questi possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato. Affinché tale obiettivo possa essere raggiunto è necessario lo svolgimento effettivo, e non meramente figurativo, sia delle prestazioni lavorative da parte del dipendente sia della corrispondente attività di insegnamento da parte del datore di lavoro". Sulla base di tali premesse la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2015 del 13 febbraio 2012, ha rigettato il ricorso proposto da una lavoratrice, esercente attività di produzione di manufatti, la quale esponeva che, pur essendo addetta a compiti elementari e ripetitivi, era stata inquadrata con contratto di apprendista ed era stata licenziata per termine del contratto; in tal modo, secondo la ricorrente, la società aveva dissimulato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sì che anche il recesso era da considerare nullo e chiedeva, perciò, la reintegra nel posto di lavoro. Il Giudice di primo grado respingeva la domanda, accertando che il rapporto intercorso fra le parti era di apprendistato e che non era residuata alcuna obbligazione retributiva a carico dell'azienda, tale da giustificare la pretesa azionata. Tale decisione veniva confermata dalla Corte d'appello. La Suprema Corte precisa che la Legge non fissa al datore l'obbligo di impartire l'insegnamento pratico secondo particolari modalità, ma gli consente di modularlo secondo le esigenze aziendali, sulla base di valutazioni organizzative proprie del datore stesso, nell'unico rispetto dei limiti posti dall'art. 11 della legge 25/55 e che il criterio della effettività si trova ribadito nella previsione della legge 24 giugno 1997, n. 196 (recante nonne in materia di promozione dell'occupazione), donde risulta confermato che il rapporto di tirocinio debba avere un effettivo contenuto formativo professionale. "Nel contratto di apprendistato, come in quello di formazione e lavoro - si legge nella sentenza - l'attività formativa, che è compresa nella causa negoziale, è modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, potendo assumere maggiore o minore rilievo, a seconda che si tratti di lavoro di elevata professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione, e potendo atteggiarsi con anticipazione della fase teorica rispetto a quella pratica, o viceversa. E' necessario, peraltro, in ogni caso, e cioè comunque la formazione venga modulata, che lo svolgimento dell'attività formativa sia adeguata ed effettivamente idonea a raggiungere lo scopo del contratto, che è quello di attuare una sorta di ingresso guidato del giovane nel mondo del lavoro; la valutazione di tale adeguatezza e idoneità è rimessa al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata.". |
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