Data: 09/03/2012 10:00:00 - Autore: Luisa Foti
Con sentenza n. 2567/2012 la Corte di Cassazione ha chiarito che, in tema di giudizio disciplinare, è legittima la sanzione dell'avvertimento a carico dell'avvocato che rilasci dichiarazioni offensive alla stampa contro i magistrati. Espressioni come "arroganza" e "schizofrenia della giustizia" sono da ritenere offensive ed esorbitanti il diritto di critica costituzionalmente garantito a tutti i cittadini. La vicenda nasce da un procedimento disciplinare aperto dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Latina nei confronti di un Avvocato in merito alle dichiarazioni da questo rilasciate durante una intervista al Secolo XIX in cui lo stesso aveva affermato che la condanna del suo cliente rappresentava un "atto di arroganza", dimostrava la "schizofrenia della giustizia" e un eccessivo "giustizialismo". La sentenza, secondo l'avvocato era frutto “atto di una presunzione incredibile”. La vicenda finiva dinanzia al Consiglio del'Ordine che riteniva l'avvocato responsabile della violazione degli artt. 5, 20 e 53 del Codice deontologico forense e applicava la sanzione dell'avvertimento, in quanto le affermazioni riportate nel quotidiano erano state ritenute idonee a ledere la dignità dei magistrati giudicanti. La decisione veniva quindi impugnata davanti al Consiglio Nazionale Forense e l'avvocato deduceva il legittimo esercizio del diritto di critica costituzionalmente garantito. Ma anche il CNF confermava la statuizione precisando che, termini come “arroganza”, intesa come “presunzione insolente” e “schizofrenia” esorbitavano dal diritto di critica. Impugnata la decisione anche davanti alle Sezioni Unite, i giudici di legittimità confermavano la decisione e la sanzione, rigettando il ricorso dell'avvocato. “Deve ritenersi configurabile – ha spiegato il massimo consesso di Piazza Cavour - l'illecito disciplinare punibile con la sanzione dell'avvertimento a carico dell'avvocato che, all'esito del processo conclusosi con esito sfavorevole al cliente, rilasci alla stampa una serie di dichiarazioni offensive del prestigio e del decoro della magistratura”. “Non si può – hanno aggiunto i giudici di legittimità - ritenere detta condotta in alcun modo scriminata dall'esercizio del diritto di difesa in quanto non finalizzata direttamente all'impugnazione di una decisione sfavorevole”.
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