Data: 08/06/2012 16:35:00 - Autore: Vittoria Conte
L'art. 474 c.p. configura e sanziona, come delitto contro la fede pubblica, il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. La fattispecie costitutiva si concretizza quando un qualunque soggetto, “al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati”.
La sentenza n. 980/12 emessa dalla Sezione Penale I della Corte d'Appello di Palermo, specifica che il suddetto reato non sussiste in presenza di un falso grossolano ossia facilmente riconoscibile anche da un osservatore medio attraverso una valutazione superficiale dell'oggetto. Il falso grossolano ha caratteristiche tali da essere innocuo perchè non trae in inganno il terzo. In questo caso l'organo giudicante sostiene che si è in presenza di un reato impossibile ex art. 49, comma 2, c.p. in quanto l'azione commessa dal soggetto non è di per sé idonea a realizzare l'evento di danno. L'art. 49, comma 2, c.p. stabilisce, infatti, che “la punibilità è esclusa quando, per l'inidoneità dell'azione o per l'inesistenza dell'oggetto di essa, è impossibile l'evento dannoso o pericoloso”. Nel caso di specie l'imputato era stato colto nell'atto di vendere una serie di oggetti di marca falsificati, messi in mostra su un telo adagiato per terra, a prezzo irrisorio. Anche sulla base delle modalità di esposizione della merce e delle condizione di vendita, oltre che dalla fattura di scarso pregio, era evidente la falsificazione del marchio di fabbrica e dei relativi modelli, pertanto non atti a trarre in inganno gli acquirenti. Questi ultimi, infatti, anche se dotati di comune avvedutezza, potevano ben accorgersi del falso ed evitare l'acquisto. Sulla base di detti principi la Sezione Penale I della Corte di Appello di Palermo ha ritenuto, pertanto, di non configurare una responsabilità penale in capo all'imputato.

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