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Data: 12/07/2012 11:30:00 - Autore: Avv. Paolo M. Storani POSTA e RISPOSTA n. 337 - Dall'account mnc.regionefriuli@libero.it alle h. 17:49 dell'11 luglio 2012 giunge il seguente, articolato monito: "Tagli alla Sanità e Cassazione. Il governo ha tagliato ancora la Sanità, ma lui sa che la Cassazione ha sentenziato che il mero tornaconto economico non deve essere predominante sulla Salute Pubblica? Non si può dimettere un ricoverato solo perché in ospedale c'è da rispettare un dato tasso di utilizzo dei posti letto: la valutazione decisiva deve essere fatta sulle condizioni del malato. Sembra un'ovvietà, ma chi ha avuto la sventura di frequentare la sanità, pubblica e privata convenzionata, sa che la realtà è diversa. La Cassazione, però, ha bocciato le "logiche mercantili" nelle linee-guida degli ospedali: se le direttive interne o una Legge di Stato, sanciscono che i posti letto vanno liberati prima possibile, la loro osservanza a scapito dell'ammalato non salva il medico dalle responsabilità penali che possono derivare dalla sua scelta. Il principio è stato fissato dalla sentenza 8254/11, emessa dalla quarta sezione penale della Corte di Cassazione. Secondo i giudici, il medico deve anteporre la salute dell'ammalato a tutto, comprese le direttive interne, laddove esse si rivelino rischiose per il paziente. "A nessuno - ammonisce la sentenza - è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute". Il medico, insomma, non può degradare la sua professionalità "a livello ragioneristico", come un burocrate qualsiasi e, in caso di morte del paziente dopo la dimissione dall'ospedale, non sfugge alla condanna per omicidio colposo soltanto perché rispettò le linee-guida dell'ospedale, cioè la prassi che si applica in casi del genere. La Cassazione si è pronunciata su una sentenza di merito d'appello che aveva assolto un medico da ogni repsonsabilità per il decesso di un paziente infartuato congedato dall'ospedale nella nona giornata dopo il ricovero. Secondo la corte d'appello non risultava provato che il caso si presentasse tale da obbligare il medico a disapplicare le linee-guida previste in evenienze del genere. La Cassazione ha annullato il verdetto e sulla vicenda specifica si dovrà pronunciare il giudice del rinvio. Intanto, però, la suprema corte ha fissato un principio cardine, stabilendo che il medico deve assumere la decisione migliore per la salute del paziente e sta dunque a lui verificare nel caso specifico se la prassi delle cosiddette "linee-guida", per quanto legittimamente ispirate a criteri di economicità di gestione, non risulti in contrasto con le esigenze di tutela del malato. Monti, tu le conosci le Sentenze? Se sì perché non le rispetti? No a tagli sulla Sanità". - Ringrazio il nostro lettore friulano per il contributo. |
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