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Data: 12/07/2012 10:00:00 - Autore: Avv. Paolo M. Storani MEDIAevo (11) - Poniamo il caso che alcuni studenti in procinto di affrontare l'esame di procedura penale leggessero con assiduità quel che scrive da alcuni giorni sull'argomento delle loro angosce uno dei più grandi giornalisti viventi; poniamo anche che questi studenti sapessero che nel lontano 1946 il protagonista delle esternazioni si laureò in giurisprudenza; ebbene, costoro sarebbero condannati a bocciatura sicura. Si dà l'eventualità che, inspiegabilmente, Eugenio SCALFARI, leggendario giornalista e fondatore de "La Repubblica", colui che ha creato in Italia uno stile poi copiato da tutti, abbia preso a sferrare critiche asperrime ed autentiche bordate anche personali all'indirizzo di Magistrati che stanno cercando, con grande fatica e grande rigore, di far luce su uno dei misteri più inquietanti della storia d'Italia; in effetti, sembrerebbe che i Magistrati di Palermo siano entrati nell'anticamera della verità su quella indecente trattativa Stato - Mafia che potrebbe essere all'origine dell'eccidio di Via D'Amelio e dell'accelerazione della già decisa eliminazione di Paolo BORSELLINO. L'ex Procuratore di Marsala potrebbe averne avuto notizia (o sentore) mentre febbrilmente indagava sull'attentato in cui aveva appena perso la vita Giovanni FALCONE. Doveroso, oltre che perfettamente legittimo, procedere oltre nelle indagini, se non altro per il rispetto che si deve ai congiunti delle numerose vittime prima ancora che verso la generalità degli italiani, stufi dell'opacità che regna nel nostro Paese. Tra gli episodi relativamente recenti, il caso in questione fa il paio con la tragica fine di Aldo MORO su cui tuttora regna la penombra. Eppure tra qualche giorno sarà trascorso un ventennio dalla fine di Paolo Borsellino: 19 luglio 1992 - 19 luglio 2012, un anniversario mesto ma l'opera del Dr. INGROIA, Procuratore Aggiunto, e degli altri ottimi Magistrati fa ben sperare. ANTIMAFIA2000 è un periodico appassionato e documentato che ha sede a Sant'Elpidio a Mare, provincia di Fermo, ed il suo Direttore Giorgio BONGIOVANNI ha così commentato, il 10 luglio 2012, le esternazioni, sui generis da un punto di vista tecnico-giuridico, del fondatore di Repubblica. "Sono tali e tante le assurdità scritte da Eugenio Scalfari sui magistrati di Palermo e sulle intercettazioni tra Mancino e D'Ambrosio da stentare a credere che le abbia firmate davvero il fondatore di Repubblica. Anche perché le critiche non sono solo al Fatto Quotidiano, ma anche ai suoi stessi giornalisti che, invece, hanno riportato i fatti e tratto le loro conclusioni come sempre puntualmente fanno. Scrive Attilio BOLZONI, grande cronista “antimafia” tra i maggiori esperti nella questione trattativa: “Che cos'è l'inchiesta sulla trattativa dei magistrati di Palermo? È lo Stato che processa se stesso. È lo Stato che si guarda dentro, che si autoaccusa di colpe gravi, che si riconosce traditore per avere patteggiato con il nemico. È tutto così semplice e tutto così complicato che vent'anni dopo c'è ancora un'Italia che ha paura. Non è solo un affare di mafia. È soprattutto un affare di Stato. Dove i protagonisti non sono quei boss delle borgate ma ministri dell'Interno e ministri della Giustizia, capi di governo, funzionari di alto rango, forse anche ex Presidenti della Repubblica che hanno subito ricatti per proteggere la Nazione. L'alta tensione di questi giorni – con il Quirinale trascinato nel gorgo di polemiche incandescenti – è la dimostrazione che non siamo ancora in grado di sopportare certe verità”. E cosa fa il fondatore di uno dei maggiori giornali del nostro Paese, invece di spalleggiare i propri cronisti e difendere il diritto di cronaca e critica? Si rende ridicolo ignorando palesemente le più elementari norme giudiziarie in materia di intercettazioni, tanto da provocare la reazione quasi imbarazzata del procuratore capo di Palermo, Messineo e si lancia in una campagna protezionista delle presunte “ragioni di Stato”... (omissis) ... Ci sorprende il silenzio di Ezio Mauro, rigoroso direttore di Repubblica che avrebbe potuto difendere almeno i suoi giornalisti dai vaneggiamenti di Scalfari. E' ormai evidente che le indagini della procura di Palermo sul biennio stragista stanno toccando i nervi scoperti di quello che a ragione Bolzoni chiama un “affare di Stato” visto che sono stati chiamati al bombardamento indiscriminato contro i pm tutti i presunti intellettuali dei maggiori quotidiani, e dal tenore degli interventi ... (omissis) ...si capisce bene perché il livello intellettuale della nostra povera Italia è così ridotto. La gente però oggi sa leggere, è stufa degli arzigogoli dei vari azzeccagarbugli, vuole la verità sulle stragi e non vuole piangere altri martiri. Se proprio Scalfari non ce la fa a informarsi con la concorrenza, si legga gli articoli dei suoi cronisti palermitani, faccia un omaggio alla memoria di D'Avanzo e invece di scrivere supponenti boiate, si legga Bolzoni". Autore BONGIOVANNI - Fonte ANTIMAFIA2000 del 10 luglio 2012. Il Procuratore della Repubblica di Palermo, Dr. FRANCESCO MESSINEO, a proposito dell'editoriale di domenica scorsa in cui Scalfari definisce “un illecito” le intercettazioni delle telefonate tra l'ex ministro degli Interni Nicola Mancino (indagato per falsa testimonianza nell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia) e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si è cos' espresso a tutela dei Pubblici Ministeri così esposti anche a livello di sicurezza personale: “Nell'ordinamento attuale - ha dichiarato Messineo - nessuna norma prescrive o anche soltanto autorizza l'immediata cessazione dell'ascolto e della registrazione quando, nel corso di una intercettazione telefonica legittimamente autorizzata, venga casualmente ascoltata una conversazione fra il soggetto sottoposto ad intercettazione ed altra persona nei cui confronti non poteva essere disposta alcuna intercettazione”. E poi ancora “si muovono alla polizia giudiziaria ed alla Procura di Palermo gravi quanto infondate accuse di avere commesso persino 'gravissimi illeciti' violando non meglio specificate norme giuridiche”. Infine, Eugenio Scalfari rimproverava ai Pubblici Ministeri palermitani di conservare le intercettazioni pur avendole giudicate, anche pubblicamente, irrilevanti e da distruggere. Secondo il fondatore di "Repubblica" l´intercettazione andava interrotta (ma come si fa? ignora completamente le tecniche di captazione) e la trascrizione distrutta. “Senza alcun intento polemico, ma solo per doverosa precisazione” il Procuratore Messineo ha soggiunto che alla distruzione delle intercettazioni “si procede esclusivamente previa valutazione della irrilevanza e con l'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, sentite le parti”. “Ciò è quanto prevedono le più elementari norme dell'ordinamento che sorprende non siano state tenute in considerazione”. Non pago Eugenio Scalfari ha aggiunto una controreplica, parimenti fuori luogo, cui il procuratore della Repubblica Dr. Messineo ha così risposto: “Tutte le norme citate da Scalfari regolano le intercettazioni dirette e cioè i casi nei quali l'Autorità Giudiziaria con proprio provvedimento ordini la intercettazione di una o più utenze telefoniche intestate ad un soggetto o delle quali comunque lo stesso risulti avere a qualunque titolo la disponibilità. In tali casi ovviamente se il soggetto da intercettare è protetto da immunità a qualsivoglia titolo, l'intercettazione non può essere disposta se non dopo avere ottenuto la necessaria autorizzazione”. Per intercettare un parlamentare i magistrati devono ottenere prima l'autorizzazione del Parlamento. Invece ha aggiunto Messineo è diverso il caso, “in cui venga OCCASIONALMENTE ascoltata una conversazione fra un soggetto legittimamente intercettato e altro soggetto protetto da immunità quindi, come tale non assoggettabile ad intercettazione. In tali casi non vi è alcuna intercettazione “diretta” nei confronti del soggetto tutelato da immunità e quindi è del tutto fuori questione l'applicazione delle norme giuridiche citate nella nota che non riguardano il caso in esame essendo prescritte per le sole intercettazioni dirette”. La procedura per le intercettazioni ritenute appunto“non rilevanti” ha chiarito da ultimo Francesco Messineo, “sarà attivata nei modi e termini di legge”. Forse il commento più calzante è stato quello del Dott. Bruno TINTI, magistrato in quiescenza, su "Il Fatto Quotidiano" in edicola l'11 luglio 2012: "Non ci si dovrebbe occupare di ciò che non si conosce; figuriamoci scriverci editoriali". 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