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Data: 16/07/2012 10:00:00 - Autore: Barbara LG Sordi Leggendo questa sentenza (beh, forse non proprio tutta, lo ammetto!) mi sono rammentata di quando, qualche anno fa, in cerca di un appartamento in quel della città metropolitana (rassegnatevi, il neologismo cacofonico inizia a non dispiacermi) di Milano mi innamorai di un recupero di sottotetto. Riportata immediatamente coi piedi per terra, sia da un prezzo richiesto un po' sopra il budget (maniera carina per non dire esorbitante) sia per mancanza di ascensore al piano (beh, a certe comodità non si può mica rinunciare). A Roma, nel 1996, il signor R.B. aveva acquistato da una società, tramite una immobiliare, un appartamento ricavato da un sottotetto appunto; l'atto di vendita era stato "benedetto" da un notaio, ovviamente. Ebbene il poveretto, dopo averlo ristrutturato nel 2003 si era visto negare l'abitabilità dell'immobile, essendo ancora accatastato come lavatoio e per condonarlo aveva dovuto sborsare più di 10.000 euro. Naturalmente aveva citato in giudizio le tre parti, chiedendo un risarcimento dei danni subiti, tradotto in soldoni pari a circa 36 mila euro. Durante il giudizio i difensori del notaio si erano appellati al fatto che la deduzione di abitabilità o meno di un immobile poteva essere fatta solo se in possesso di adeguata preparazione tecnica, non dunque da un povero notaio, ma più che altro da un ingegnere o un architetto; o perché no, dall'aspirante acquirente stesso. Mi sfugge il fatto di come, durante la ricerca di una casa, ci si possa guadagnare una laurea "honoris causa" in architettura o ingegneria. Non male però. Grazie al ricorso in Cassazione, con sentenza 10296/ 2012, all'inquilino è stato riconosciuto il diritto al risarcimento, proprio per mancanza di adeguate informazioni che il notaio avrebbe dovuto desumere semplicemente da documenti esistenti. Non c'era necessità alcuna di far rilevamenti o verifiche, improvvisandosi tecnici; ma semplicemente spulciare qualche scartoffia, nulla di nuovo per un notaio. |
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