Data: 04/09/2012 10:00:00 - Autore: Barbara LG Sordi
Seguendo le vicende del Festival di Venezia, ormai in dirittura d'arrivo, mi ha colpito la discussione nata attorno al film "Paradise Faith" del regista austriaco Ulrich Seidl, che si è conclusa addirittura con una denuncia. Il film è incentrato proprio sulla Fede, come il titolo stesso dice espressamente, quella religiosa; trattandola però in maniera forte e controversa. Tanto che una scena vede la protagonista impegnata in un atto sessuale con un crocefisso. Un po' troppo, nonostante il film sia stato osannato con "sei minuti sei" di applausi. A rovinare la festa (o forse a portare un po' di pubblicità a gratis), ci ha pensato l'associazione "No 194" capitanata dal suo presidente, l'Avv. Pietro Guerrini, presentando una denuncia alla Procura della Repubblica di Venezia.

L'accusa è quella di aver infranto gli art. 403 e 404 del codice penale ("Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose"). Non si sa come finirà la cosa, anche se dubitiamo che il regista o l'attrice, Maria Hofstatter, subiranno mai un processo. Forse proprio grazie ai tagli del Governo. Molto più probabile un ritiro della pellicola prima del tempo, che quantificato potrebbe significare di più (anche se temo che il film sia per cineasti duri e puri, quindi non proprio destinato a divenire un blockbuster mondiale).

Escludiamo anche una condanna ai lavori forzati (anche perché non contemplata da noi) come nel caso delle dissidenti russe e punk "Pussy Riot". Accusate di blasfemia per aver recitato una preghiera punk anti-Putin all'interno di una chiesa. Non si sa esattamente da quando Putin sia diventato santo o divinità ortodossa.

Sempre meglio però della lapidazione che poteva toccare alla giovanissima pakistana Rimsha, accusata di aver danneggiato (!) alcune pagine del Corano. Per fortuna l'undicenne (o sedicenne, l'anagrafe non è di aiuto laggiù) è stata discolpata, mentre si è scoperto che il fautore è un imam del quartiere in cui Rimsha vive (uno dei più poveri di Islamabad), che aveva pensato bene di disfarsi così di qualche cristiano (la ragazza lo è). La legge sulla blasfemia non va per il leggero, carcere a vita o pena capitale appunto. E nessuno sconto anche per chi, come Rimsha, è ritardato mentale e quindi incapace di intendere e di volere.

È proprio il caso di dirlo pure ad alta voce, "paese che vai blasfemi che trovi".


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