|
Data: 27/09/2012 09:40:00 - Autore: Licia Albertazzi Ai sensi dell'art. 149 C.d.A. in caso di sinistro tra due veicoli assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, “i danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato”. Il problema interpretativo inerente all'obbligatorietà di applicazione di tale dettato normativo è generato in una questione di incostituzionalità sollevata ai sensi degli artt. 3,24,76 e 111 della Costituzione. Anche se la Corte ha risolto tale quesito ritenendo infondata la questione di legittimità, precisando che la norma stabilisce una facultas agendi in favore del danneggiato - il quale può agire contro la propria assicurazione (“il nuovo sistema di risarcimento diretto non consente di ritenere escluse le azioni già previste dall'ordinamento in favore del danneggiato”, precisando che “l'azione diretta contro il proprio assicuratore è configurabile come una facoltà, e quindi un'alternativa all'azione tradizionale per far valere la responsabilità dell'autore del danno”1) – diversi dubbi sono rimasti in dottrina. In particolare, tra le diverse correnti di pensiero sviluppatesi, la domanda presente è sempre la stessa: questa interpretazione vale soltanto per la fase giudiziale (cioè una volta incardinato il processo civile tra le parti) oppure anche per quella stragiudiziale? (in una fase perciò in cui non è necessario l'intervento di un professionista che rappresenti il danneggiato?). Altra dottrina ha infine mosso censura alla citata pronuncia della Corte Costituzionale anche riguardo al concetto di alternatività poiché non definirebbe adeguatamente l'ampiezza e la portata del rapporto tra la procedura di risarcimento diretto procedimento ordinario ex art. 2054 Codice Civile. L'alternatività sarebbe esclusiva o il danneggiato potrebbe eventualmente promuovere entrambe le azioni cumulativamente? A dare una risposta a tutti questi quesiti è intervenuto il Tribunale di Milano2 affermando che la Corte, nel dichiarare la facultas, ha lasciato la possibilità al danneggiato di agire, in ambito giudiziale, sia con azione diretta sia con l'azione ordinaria, concedendo di scegliere, a suo insindacabile giudizio, la procedura risarcitoria che egli ritenga più conveniente. Ciò non comporta, tuttavia, che queste diverse azioni siano cumulabili né che possano essere proposte in fasi successive. La corretta interpretazione della facoltatività del risarcimento diretto e della sua alternatività rispetto alle altre procedure deve essere infatti ricercata nel principio electa una via, non datur recursus ad alteram, in base al quale il danneggiato che agisca in giudizio nei confronti della propria impresa di assicurazione o di quella del responsabile civile consuma così, in ogni caso, il suo potere di scelta nell'atto di azione dello stesso. Rimanendo comunque libero di esercitare o meno tale azione giudiziale, ben potendosi la controversia risolversi in ambito stragiudiziale. In conclusione ritiene il Tribunale di Milano preferibile la tesi dell'assoluta libertà di scelta da parte del danneggiato, in fase stragiudiziale, in termini di concorrenza, di rivolgere le proprie pretese risarcitorie nei confronti di entrambe le Compagnie assicuratrici; della facoltà di scelta in fase giudiziale, in termini di alternatività, nei confronti dell'una o dell'altra, nel rispetto dell'iter procedimentale stragiudiziale prescritto per ciascuna di tali azioni ex art. 144 e ss. ed ex art. 149 C.d.A. Questa tesi ha, in primo luogo, il pregio di rafforzare la posizione dell'assicurato rimasto danneggiato tramite la legittimazione ad agire direttamente nei confronti della propria Compagnia di assicurazione, senza sottrargli la possibilità di far valere la responsabilità dell'autore del danno. Inoltre, sebbene la sentenza della Corte Costituzionale si limiti ad affermare la possibilità in capo al danneggiato di scegliere il soggetto passivamente legittimato, non si può comunque ritenere che tale facoltà di scelta sia negata in fase stragiudiziale, essendo in tale fase ammissibile la cumulabilità. 1 Corte Costituzionale, sent. 19 Giugno 2009 n.180. 2 Sentenza Tribunale di Milano, Sezione X Civile, 28 Ottobre 2011, n. 13052. |
|