Data: 03/10/2012 11:00:00 - Autore: Licia Albertazzi
In base al dettato normativo dell'art. 2051 Codice Civile1 sul Comune e più in generale sulla Pubblica Amministrazione incombe l'onere di custodia e di vigilanza sui beni pubblici. Tra questi si inquadra in particolare del mantenimento del manto stradale. Secondo lo stesso articolo il controllo è tuttavia possibile soltanto laddove tale esercizio sia in concreto attuabile. Le caratteristiche di estensione del bene e del suo generale utilizzo non sono scriminanti valide ad esimere la Pubblica Amministrazione dal dovere che le è proprio: l'esclusione dell'applicazione dell'art. 2051 è possibile solo ove per l'ente proprietario del bene sia oggettivamente impossibile impedire l'insorgenza di situazioni di pericolo. In particolare, in merito alla tutela del demanio stradale, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16540 del 28 Settembre 2012, ha ribadito ancora una volta questo fondamentale principio alla base delle pretese di risarcimento danni lamentati dal cittadino – utente della strada nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Tuttavia, prima di giungere a tale statuizione, la Corte aveva mantenuto altro orientamento, affermando che la responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni conseguenti al difetto di manutenzione delle strade era configurabile soltanto in caso di violazione del generale principio del “naeminem laedere”, facendo dunque riferimento all'art. 2043 Codice Civile e non al sopra citato art. 2051. Occorreva quindi che fossero contestualmente presenti un pericolo occulto (insidia o trabocchetto), l'elemento oggettivo della non visibilità del pericolo e quello soggettivo della non prevedibilità, cioè l'impossibilità per l'utente di agire in tempo per poterlo evitare.

L'insidia consiste in una situazione di pericolo oggettiva, non visibile e non evitabile, che non muta la propria natura a seconda del mezzo percorrente quel determinato tratto di strada. In presenza di insidia, quindi, ogni utente di comune diligenza non potrebbe, pur adottando prudenza, evitare l'ostacolo. Secondo l'art. 2043 tuttavia la responsabilità probatoria è carico dell'utente, mentre l'art. 2051 stabilisce che è l'ente pubblico a dover fornire prova contraria. Questa scriminante alla lunga finì per penalizzare i danneggiati che, nel muovere richiesta di risarcimento danni avverso l'ente gestore del manto stradale, si trovavano nella condizione di dover fornire loro stessi tutte le prove necessarie.

Tale orientamento subì diverse modifiche sino ad arrivare a quello attuale. In definitiva, il fattore decisivo per l'applicabilità dell'art. 2051 C.C. in luogo alla generica responsabilità aquiliana ex art. 2043 – con indubbi vantaggi per il privato procedente – sta nell'individuazione del concreto controllo di vigilanza sui beni demaniali, escludendo a priori che la stessa dipenda semplicemente dall'estensione del bene o dall'utilizzo generalizzato ad opera di terzi.

Questi fattori sono da considerare meri indici di impossibilità, pur occorrendo per ogni singolo caso indagini sicuramente approfondite. Ulteriori elementi di valutazione sono ad esempio la posizione della strada, le dotazioni tecnologiche, i sistemi di assistenza presenti sul percorso: tutti elementi idonei a creare determinate aspettative negli utenti. Anche la posizione della strada, ad esempio all'interno del perimetro del centro abitato, costituisce forte indicatore misurante la tutelabilità in concreto del bene.

1”Danno cagionato da cosa in custodia: ciascuno e responsabile del danno cagionato dalle    cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.


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