Data: 16/10/2012 10:30:00 - Autore: Andrea Proietti
Cacciare di casa il coniuge � reato. Lo ricorda la quinta sezione penale della Cassazione che ha confermato una condanna inflitta precedentemente ad un 51enne di Palermo dalla Corte d'appello della capitale siciliana.

L'uomo in realt� � stato ritenuto responsabile di una serie di reati (dalla violenza privata, alle lesioni personali finanche al danneggiamento e alle ingiurie ai danni della moglie). Come ricostruiscono i giudici della Corte, nonostante al momento dell'atto la moglie volesse tornare a casa soltanto temporaneamente per trascorrere del tempo con il figlio (la donna gi� risiedeva dai propri genitori in attesa del verdetto definitivo del tribunale) l'ex marito non aveva voluto accettare quel rientro in casa e l'aveva messa alla porta.

Come se non bastasse aveva reagito alle proteste dell'ex moglie con un pugno al costato e una manata sul viso. L'uomo ha inoltre, durante il litigio, distrutto alcuni beni in comunione tra i due.

L'uomo aveva cercato di difendersi sostenendo che la sua ex non avesse alcun diritto di rientrare in casa dato che si era trasferita temporaneamente dai genitori e quindi la casa familiare era rimasta nel suo uso esclusivo. Di diverso avviso la suprema corte (sentenza n. 40383/2012) secondo cui la donna aveva invece diritto a entrare ed uscire dall'abitazione familiare quando voleva e il marito non aveva quindi alcun diritto di escluderla dalla casa coniugale.
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