Data: 30/10/2012 09:00:00 - Autore: L.S.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18175 del 23 ottobre 2012, premettendo che in tema di separazione, la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l'art. 143 cod. civ. pone a carico dei coniugi, essendo invece necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, chiarisce che "la violazione dell'obbligo di fedeltà coniugale, particolarmente se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, rappresenta una violazione particolarmente grave di tale obbligo, che, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, causa della separazione personale dei coniugi e, quindi, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile, sempreché non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale”.

Nel caso di specie il ricorrente era stato visto da una collega durante un viaggio di lavoro assieme a quella che sarebbe diventata la sua compagna, una volta lasciata la moglie e tale contegno - come affermato dai giudici di merito - idoneo ad evidenziare ai terzi l'esistenza della relazione extraconiugale, quand'anche in concreto non ancora intrattenuta con carattere di stabilità, viene ritenuto offensivo nei confronti della moglie e fondante la pronuncia di addebito della separazione.

La Suprema Corte, rigettando i motivi del ricorso del marito in merito all'addebito, ha invece accolto i motivi  con i quali il marito infedele contestava l'obbligo di corrispondere un assegno di 150 euro al mese a titolo di contributo per il mantenimento della moglie evidenziando che “condizione essenziale per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione è che questi sia privo di adeguati redditi propri, ossia di redditi che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, nonché che sussista una disparità economica tra i coniugi.”

La Corte territoriale - proseguono i giudici di legittimità - avrebbe dovuto prendere in considerazione, quale indispensabile elemento di riferimento ai fini dell'attribuzione e della valutazione di congruità dell'assegno, il contesto sociale nel quale i coniugi avevano vissuto durante la convivenza.

Tale compito non risulta assolto ed è labile il riferimento, compiuto dai giudici territoriali, all'incertezza e al “carattere altalenante del profitto d'impresa” della moglie a fronte della “certezza del reddito da lavoro dipendente percepito” dal marito non essendo dato di comprendere “se l'attuale situazione giustifichi o meno l'attribuzione dell'assegno, ovvero se essa sia stata disposta per sopperire ad eventuali e future oscillazioni deficitarie del reddito d'impresa della moglie alle quali, in realtà, si potrà porre rimedio, ove abbiano in concreto a verificarsi”.


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