Data: 21/11/2012 10:30:00 - Autore: Barbara LG Sordi
Lex & the City - pensieri leggeri politicamente (s)corretti - episodio 7
Negli ultimi mesi si � sentito spesso parlare di legge 40/2004 e di sue possibili cambiamenti. Per chi non lo sapesse si tratta della legge che regola le procedure di procreazione medicalmente assistita (Pma), e che dalla sua introduzione ha fatto molto discutere.
Allora lo fece per le limitazioni sul numero degli embrioni che potevano essere impiantati, massimo tre, molto meno rispetto ad altre nazioni, come Spagna o Inghilterra. Provocando un inevitabile turismo della speranza verso mete straniere, arricchendo cos� le cliniche locali.
Col passare del tempo sono venute a galla altre pecche, non da poco, della legge; una su tutte la mancanza di possibilit�, o meglio il divieto, di diagnosi pre-impianto. Perch� si sia scelta questa via � un mistero, soprattutto alla luce del fatto che molte delle coppie che ricorrono a queste tecniche, lo fanno perch� portatrici di malattie genetiche, spesso altamente disabilitanti. In realt� il mistero si svela considerando che la procreazione � per molti vissuta come una forzatura,e che dare la possibilit� anche di effettuare diagnosi prima ancora che ci sia un feto sarebbe discriminante ed eticamente ingiusto.
Al di l� per� dello sventare possibili clonazioni di super-eroi, resta comunque il fatto che si voglia escludere a priori la possibilit� di far nascere un bambino sano, senza dover subire il calvario di un aborto. E visto le recenti prese di posizione del Governo sul trattamento economico da riservare a chi ha disabilit� molto gravi, sarebbe da caldeggiare pi� che ostacolare.

Effettivamente questa pare essere ormai la via scelta, dato il susseguirsi di episodi che proclamano legittima la diagnosi pre-impianto, ultimo quello di una coppia sarda. Una donna affetta da talassemia major e il suo partner portatore sano � stata autorizzata direttamente dal Tribunale di Cagliari ad eseguire il test all'Ospedale Microcitemico di Cagliari. Senza attendere il responso della Corte Costituzionale a cui la donna si era precedentemente rivolta, e da cui non aveva ricevuto risposta in tempo utile (ahim�, certe procedure hanno per necessit� tempi pi� brevi di quelli della nostra Giustizia).

La sentenza depositata non va contro la legge, ne offre semplicemente una interpretazione differente, seguendo l'esempio della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo. La Corte stessa � gi� intervenuta in merito alla nostra legge, considerata lesiva dei diritti dei futuri genitori, autorizzando personalmente una coppia di italiani portatrice sana di fibrosi cistica a poter effettuare (in patria) la diagnosi sugli embrioni prima dell'impianto. Ora in molti sperano che questi sporadici episodi possano servire per attivare il Parlamento a revisionare drasticamente la legge. Per alcuni "ascientifica", come Ignazio Marino, che confida nel fatto che il Governo Monti possa essere artefice del cambiamento, per non perdere la credibilit� duramente conquistata in Europa.

Eppure esiste un emendamento del 2008 (Turco, ndr) che autorizzerebbe la pre-diagnosi in alcuni casi particolari, cos� come la crioconservazione. Perch� dover ricorrere allora ad un Tribunale o ad una Corte per far valere i propri diritti?

Viene proprio spontaneo rispondere: perch� siamo in Italia. Che altro?


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