Data: 09/12/2012 11:30:00 - Autore: Avv. Paolo M. Storani
Che accade se il danneggiato che abbia risentito un danno alla salute in un sinistro stradale decede per cause indipendenti dall'evento? Ci dà lineare e chiara risposta una sentenza della Corte di Cassazione Civile, Sez. III, 12 dicembre 2008, n. 29191, Pres. Michele VARRONE – Est. Giovanni Battista PETTI.
Va premesso che se il leso muore prima che gli sia stato liquidato il risarcimento, la durata della vita è nota; non costituisce più, quindi, un dato presunto sulla scorta della mortalità media della popolazione, bensì un elemento reale.
Orbene, il giudice, nella aestimatio del pregiudizio dovrà tenere conto non della esistenza media futura presumibile, bensì della concreta vita vissuta dalla vittima del sinistro stradale; del resto, nella stima del danno biologico/permanente il fattore tempo riveste importanza essenziale; in effetti, è possibile sapere per quanto tempo, esattamente, il danneggiato ha dovuto convivere con la menomazione. Talché, il giudice deve personalizzare il punto percentuale d'invalidità per adeguarlo da quello fissato in astratto in relazione all'età anagrafica (probabilità di vita) a quello che in concreto deve essere corrisposto dal responsabile e dal suo assicuratore per la rca.
La sentenza della 3^ Sezione, per l'appunto, frutto della sapiente penna di Giovanni Battista Petti, designato dal CSM quale esperto di diritto europeo presso la Commissione dell'UE, si occupa anche della morte della vittima, un pedone che, prima della liquidazione giudiziale, per cause indipendenti dall'evento lesivo, è purtroppo deceduto; il concetto che si verta in tema di circolazione stradale si evince dall'art. 148 Codice della Strada che esordisce menzionando anche il pedone in movimento o fermo sulla carreggiata; l'infortunato era sopravvissuto nove anni e tre mesi alle gravissime menomazioni subìte ed aveva patito un ulteriore ridimensionamento del danno biologico, che la Suprema Corte ha stigmatizzato qualificandolo error in iudicando; si evidenzia dalla lettura della motivazione che la Corte di Appello di Salerno aveva applicato criteri di liquidazione erronei per il caso della parte danneggiata che deceda per cause sopravvenute indipendenti dal fatto lesivo; il collegio campano aveva calcolato i danni futuri rapportandoli alla sopravvivenza e detraendo dal danno biologico statico valutato al tempo dell'evento lesivo senza tener conto che l'importo del danno statico, come perdita della salute staticamente accertata per il consolidarsi di postumi invalidanti, è stato liquidato ai valori del 1992, tempo del sinistro, mentre andava rivalutato sino al tempo della morte (gennaio 2002) e su tale debito di valore doveva poi considerarsi l'effetto estintivo della morte in relazione al cd. danno futuro; talché, la Cassazione ha individuato una grave riduzione del danno risarcibile in violazione del principio della integrale risarcimento del danno reale subito dalla vittima e trasmissibile iure haereditatis ai suoi eredi. Questa che segue è la massima che si estrae dalla pronuncia che ha visto quali antagonisti l'erede della vittima, con l'Avv. Antonio Bianchi del Foro di Salerno, e la Compagnia assicurativa Polaris, poi assorbita nella Fondiaria Sai, con l'Avv. Antonino Sessa:
la morte della vittima per cause indipendenti dalla lesione originaria incide sulla valutazione del danno biologico futuro, ch'è tale nella sua integrità fino al tempo del decesso, come debito di valore; la riduzione, pertanto, non opera sulla determinazione del danno biologico statico (consolidamento dei postumi permanenti al tempo della vita e riconoscimento dell'invalidità) ma soltanto sulla determinazione del danno biologico globale considerato ai valori attuali al tempo della decisione (di primo grado o di appello ove sia in discussione la determinazione del danno in tale grado) in relazione all'estinzione del danno futuro. Tale pronuncia è molto famosa perché è successiva alle note quattro sentenze gemelle di San Martino 2008 n. 26972 e seguenti e si muove in controtendenza in ordine all'autonomia del danno morale rispetto al danno biologico. Le Sezioni Unite affermarono il principio dell'unitarietà del danno non patrimoniale; hanno negato valenza autonoma al danno morale relegandolo al rango di sottocategoria.
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