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Data: 09/12/2012 11:10:00 - Autore: Barbara LG Sordi Vedendo il numero di ritoccate dall'incerto risultato estetico, era inevitabile che prima o poi una di queste consenzientissime vittime facesse causa al suo "creatore", insomma al chirurgo estetico che non è riuscito a tradurre in realtà i suoi desideri. Denunciandolo magari per gravi lesioni alla propria salute. Così è accaduto ad un medico, chirurgo estetico appunto, il Dott. Alberto C., che qualche anno fa accettò di operare la signora M. L., una 47enne salernitana e che, dato il risultato poco gradito di un intervento, che aveva procurato degli insestetismi alla donna, era finito sotto processo per lesioni. La donna sosteneva di essere stata danneggiata da una serie di interventi a cui si era sottoposta per un ritocco quasi totale: addome, cosce, dorso, ginocchia e seno. L'intervento però non era riuscito bene e la paziente, insoddisfatta anche per via di alcuni effetti collaterali indesiderati, come una tumefazione in zona epigastrica e abbassamento del valore emoglobulare, aveva deciso di denunciare il chirurgo, ottenendo in primo grado una condanna per lesioni colpose da parte del Tribunale di Salerno. Il verdetto però veniva ribaltato in appello e il medico veniva assolto con formula piena dalla Corte d'appello di Salerno. M.L., a quel punto, si è rivolta alla Cassazione puntando sul fatto che l'intervento di chirurgia estetica combinata fosse stato effettuato "senza che sussistessero le condizioni di sicurezza necessarie". Gli Ermellini però, con sentenza 47265/2012, le hanno dato ragione solo in parte, riscontrando che "gli inestetismi procurati con l'avventuroso
trattamento chirurgico non possono qualificarsi come malattia". Per la Suprema Corte gli inestetismi dovuti al pessimo risultato di un intervento di chirurgia estetica possono essere risarcibili in sede civile, senza però considerarli al pari di una malattia da
risarcire come lesione permanente. Ed ha rimandato al Tribunale del primo grado la decisione "in relazione alla tumefazione in zona epigastrica e al processo di abbassamento del valore emoglobulare".
La Cassazione pur escludendo la rilevanza penale del procurato inestetismo si riserva una possibile apertura: "non si esclude in astratto che in casi di tal fatta possa ingenerarsi, a causa della grave frustrazione da delusione, a fronte dell'assai gravosa contropartita e, soprattutto dal peggioramento estetico, oramai assai difficilmente rimediabile, un meccanismo reattivo dell'organismo, capace di indurre l'attecchimento di un disturbo psichico di tipo ansioso depressivo, che costituisce vero e proprio stato morboso di malattia". Se dunque la signora avesse puntato più che sugli inestetismi, sul disagio psichico che la vicenda le aveva probabilmente procurato, chissà, forse le cose sarebbero andate diversamente. Una cosa è certa: toglierà dalla sua futura agenda eventuali nuove revisioni estetiche. |
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