Data: 14/01/2013 11:00:00 - Autore: Licia Albertazzi
Il diffondersi delle moderne tecnologie ha consentito di sviluppare maggiormente quell'interazione interpersonale caratterizzante l'odierna civiltà della comunicazione. Tuttavia, come ogni progresso scientifico, anche questa conquista è potenzialmente in grado di generare situazioni dannose alla persona, in particolare lesive dell'equilibrio psicologico e della sfera privata personale, beni primari strettamente tutelati dal nostro ordinamento. In particolare si vuole qui porre l'attenzione sull'utilizzo di supporti tecnologici ai fini di molestia e disturbo, strumenti in grado di recapitare informazioni idonee ad intaccare l'equilibrio psichico della vittima. Si vuole in particolare inquadrare dal punto di vista giuridico il comportamento dell'invio ripetuto di offese e minacce a mezzo posta elettronica.

Di recente interesse la statuizione della Corte di Cassazione penale in tema di molestie1, la quale ha modificato l'indirizzo giurisprudenziale mantenuto da diverse pronunce susseguitesi tra il 2011 ed il 2012 (ad esempio, Corte d'Appello di Napoli, sentenza n. 5122 del 14 Dicembre 2011). La corrente precedente equiparava i comportamenti di invio di messaggi istantanei attraverso chat online (come msn) al recapito di testi a contenuto minaccioso, provocante ed in ogni caso offensivo effettuati a mezzo posta elettronica, a loro volta considerati identici alla spedizione di contenuti lesivi della sfera privata inoltrati attraverso gli sms: era quindi sufficiente, ai fini dell'incriminazione, mantenere un comportamento insistente in grado di alterare il normale equilibrio psichico di una persona, non importava quale strumento elettronico venisse scelto. A nulla rilevando (salvo che esso integri una vera e propria patologia, da accertare in corso di causa) lo stato emotivo e passionale del soggetto agente.

Nello stesso senso si è espressa anche precedente Cassazione Penale (sentenza n.36779 del 12 Ottobre 2011) che ha espressamente equiparato al termine letterale telefono “qualsiasi mezzo di trasmissione, tramite rete telefonica e rete cellulare, di voci e di suoni imposti al destinatario, senza possibilità per lui di sottrarsi all'immediata interazione con il mittente”, rientrando nell'elenco anche la trasmissione di testi a contenuto offensivo, ammettendo di conseguenza l'integrazione del reato in oggetto anche tramite invio di email su supporto tecnologico idoneo alla contemporanea ricezione.

Nella sentenza n. 44855 del 16 Novembre 2012 la Suprema Corte ha al contrario effettuato un'importante distinzione, confermando l'opportunità di trattare diversamente casi di invasività della sfera personale della vittima a seconda dello strumento utilizzato. In particolare il Giudice ha sancito la non equivalenza tra messaggi di posta elettronica ed sms, messaggi di testo inviati direttamente su dispositivo mobile: la caratteristica scriminante sarebbe quella della scelta di apertura o meno del messaggio, possibile nel caso di emails ed esclusa invece nel secondo caso. Integrerebbe quindi reato ex art. 660 c.p. il comportamento del soggetto che chiami ripetutamente la vittima al telefono o che arrechi disturbo all'altrui quiete privata attraverso il ripetuto invio di sms, ma non nel caso di spedizione continuata di messaggi di posta elettronica. Il reato in oggetto, inoltre, è perseguibile d'ufficio, bastando la semplice notizia di reato per far scattare le indagini da parte delle Autorità.

1Art. 660 c.p. :“Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino ad euro 516”.


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