Data: 14/01/2013 10:00:00 - Autore: Avv. Paolo M. Storani
Caro Zibaldone, mi trattengo dal commentare la sentenza della Cassazione, presieduta dalla Dott.ssa Maria Gabriella Luccioli sulle adozioni gay e sulla reazione della Chiesa perché vedo che il forum dei nostri lettori pullula di reazioni. Si tratta di argomento complesso e delicatissimo perché si entra nel paradigma biologico: chi scrive il palinsesto della vita? Sarà bene lasciar placare le polemiche.
Sono in cordoglio per Mariangela Melato e non trovo parole diverse dal commentare "sta recitando da Dio"; mi ha, però, colpito la frase di Renzo Arbore: "era più intelligente di me, approfondiva mentre io sono superficiale"; per dirla con il famoso spot del medesimo Artista, meditate, gente, meditate; addirittura desidero dedicare quel che resta di questo spazio del mio diarietto ad una sostanza: il pile è un materiale sintetico per cui provo una discreta simpatia; è prodotto con materiali e tecniche ecosostenibili, non pesa addosso, ma trattiene bene il calore, è molto soffice e piace anche al nostro gatto Zigo, che si accomoda sulla coperta e lo ciuccia a lungo come un poppante; talché, pochi giorni fa in un discount di Porto Sant'Elpidio, ad un prezzo che non esorbita i venti euro, ho acquistato una bella tuta che reca il marchio df della Favaro International di Borgoricco (Padova).
Leggo con avidità sulla targhetta dei capi di abbigliamento: "il pile è un tessuto sintetico di origine recente. Nasce nel 1979 dalla messa a punto di una fibra sintetica, ricavata dal poliestere, da parte della ditta americana Malden Mills, che deposita il marchio con il nome di polartec. Oltre al poliestere possono essere aggiunte altre fibre, come poliammide, acrilico ed elastane.
Il pile non è propriamente un tessuto, è una fibra; lo si ottiene con una particolare lavorazione a maglia, che lo rende voluminoso e soffice.
Il pile ha caratteristiche molto utili nelle attività sportive e nell'outdoor, in particolare è idrofobo...
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Ora, io capisco che Voi avreste forse scritto (o meglio tradotto) con migliore eleganza, ma a ben guardare si tratta di un aggettivo derivante dal composto di hydor (acqua) e del verbo phebomai (temere) che può benissimo relazionarsi con un oggetto, un materiale o una sostanza e non necessariamente con una persona o un essere animato (il delirio furioso che si manifesta per l'orrore verso l'acqua).
Posso, quindi, star tranquillo che la mia nuova tuta in pile non è affetta da una pericolosa patologia virale, non è furiosa o rabbiosa, ma è semplicemente fatta di un materiale, oltretutto assai economico, anche se per Wikipedia "non ferma il vento e la pioggia". Per questa ragione alcuni capi vengono sottoposti a lavorazioni ulteriori per renderli impermeabili.
Tante volte a fidarsi delle apparenze si pensa male e si sbaglia spesso.
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