Data: 01/02/2013 10:30:00 - Autore: Licia Albertazzi
Sentenza Cassazione Civile, sezione terza, n. 938 del 16 Gennaio 2013
La materia della responsabilità professionale dell'avvocato è stata di recente oggetto di revisione ed innovazione normativa dovuta alla recente entrata in vigore della riforma forense (Legge 31 Dicembre 2012 n. 247 pubblicata in G.U. lo scorso 18 Gennaio) la quale ha rimarcato come sia necessario che venga rispettato il principio della trasparenza del rapporto tra cliente e patrocinatore

Esistono tuttavia determinati limiti entro cui la relativa azione di responsabilità per ottenere il risarcimento del danno causato da negligenza, imprudenza o imperizia del professionista può essere esercitata. In particolare, è onere del cliente interessato provare in corso di causa la violazione effettuata dal professionista, nel rispetto della normativa sul contratto di mandato così come regolato dagli articoli 1703, 1708. 1710 e 1712 del codice civile. Ed occorre previamente identificare quali comportamenti assunti dal legale possano essere ricondotti ad una delle tre categorie sopra menzionate.

La sentenza in oggetto a tal proposito esclude espressamente che si configuri responsabilità professionale in capo all'avvocato che abbia comunicato in forma orale e non scritta, l'esito dell'udienza al cliente (in questa occasione al soggetto avente la rappresentanza legale della società in giudizio) causando senza colpa l'avverarsi di determinate conseguenze negative. Questa comunicazione deve infatti ritenersi liberatoria degli obblighi del mandatario una volta espletata appunto nei confronti del legale rappresentante della società mandante.

Il caso preso in esame dai giudici di piazza Cavour, si riferisce al giudizio avente ad oggetto la richiesta di risarcimento danni rivolta nei confronti di un avvocato che, nell'ambito di una procedura di sfratto per morosità, avevo messo di informare la cliente sull'esito dell'udienza in cui era stato concesso il termine di grazia di 90 giorni per sanare la morosità, con la conseguenza che lo sfratto era stato poi convalidato.

I giudici di merito avevano già respinto la domanda rilevando che in realtà l'avvocato aveva informato sull'esito dell'udienza il socio accomandante coniuge del socio accomandatario e che questi si era anche lamentato del fatto che per sanare la morosità vi sarebbe stato anche un aggravio di spese legali.


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