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Data: 07/02/2013 10:20:00 - Autore: Barbara LG Sordi Lex & the City - pensieri leggeri politicamente (s)corretti - episodio 21 Ieri il Presidente Napolitano è venuto a Milano. Tra i tanti impegni in agenda ha fatto visita anche al carcere di San Vittore, incontrando anche i detenuti. Ed avendo il piacere/ dispiacere di appurare di persona quale possa essere la vita all'interno di una cella stipata, in un carcere sovraffollato. Ammetto che pur scrivendo per una rivista giuridica non ho mai concordato con amnistie delle pene o indulti. Da totale inesperta ho sempre pensato che il motto "chi sbaglia paga" fosse ad hoc per tutti i condannati, qualsiasi fosse il reato commesso.
Diciamo che il tempo, e le vicende a cui quotidianamente si deve assistere con la nostra èlite politica e amministrativa, mi hanno fatto leggermente rivedere le mie posizioni. In virtù del fatto che molti dei suddetti rubano o sono corrotti, oppure ancor peggio sono in odor di mafia, perché mai uno come Corona (tanto per citare un esempio) dovrebbe finire in galera per davvero?
Fotografi e politici a parte, concordo con Napolitano quando, nel ricordare il senso dell'articolo 27 della nostra Costituzione ("Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato"), abbia dato pienamente ragione alla sentenza della Corte Europea che ha condannato l'Italia per il degrado delle carceri. San Vittore, carcere in pieno centro cittadino (oltretutto in una delle zone più vive e affascinanti di questa città), ospita ammassati come sardine 1.600 detenuti, il doppio di quanti potrebbe. E la stessa situazione viene vissuta da ben 65mila detenuti sparsi per la penisola.
La scorsa estate rimasi colpita dalle immagini della cella (di lusso) in cui avrebbe scontato la sua pena quel pazzo scatenato di Breivik, che massacrò 77 persone (prevalentemente ragazzi) sull'isola di Utøya. Una stanza immacolata, con tanto di libri e computer. Pensai: sono pazzi questi norvegesi! Ma in realtà tutto ciò un senso ce l'ha, ed è quello invocato dalla nostra stessa Costituzione appunto (e anche da quel matusa di Beccaria se proprio vogliamo dircela tutta): la pena deve riabilitare, rieducare. Non fare incattivire ancora di più.Ora, credo che la mission nel caso di questo pazzo sia un po' tempo sprecato, però da noi si potrebbe tentare con i casi meno pericolosi.
Intanto perché il prossimo Governo non si impegna già da subito a inserire in agenda qualche modalità socialmente utile per recuperare i detenuti? Escludendo a priori ceste intrecciate o torte decorate.
Io un paio di ideucce le avrei. Che so: ripulire marciapiedi dai ricordini lasciati dai padroni distratti di cani (in testa ci metterei appunto qualcuno che è stato parecchio in poltrona), tinteggiare asili e scuole o pulire i parchi pubblici.
Almeno la redenzione avrebbe sì un prezzo, ma di cui la società intera gioverebbe.
E voi cosa proporreste come pena alternativa?
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