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Data: 26/02/2013 10:00:00 - Autore: Andrea Proietti Attenzione a divulgare pettegolezzi in merito a fatti compiuti da terzi, veri o presunti che siano, è reato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, che con la sentenza 8348/2013 ha condannato un uomo, e non una donna come si potrebbe facilmente presupporre, per aver diffuso la notizia di una presunta relazione adulterina di una vicina. A denunciarlo, cognata e fratello della donna che avevano appreso della questione dal vicino stesso. A far fede è stata in misura maggiore la deposizione dettagliata del fratello della donna, maggiormente coinvolto nella vicenda a motivo del legame parentale particolarmente stretto. Si sarebbe trattato di diffamazione anche nel caso in cui la notizia divulgata fosse stata vera? Sì, perché per costituzione sono da tutelare l'onore della persona e da rispettare la vita privata e familiare di un individuo. "La riservatezza come dignità può cedere dinanzi al pubblico interesse della notizia, ma non può, in linea di principio, ammettersi che ciò avvenga oltre al soglia imposta dalla destinazione della notizia a soddisfare un bisogno sociale", ha ricordato la Suprema Corte nella sentenza. Scatta quindi la condanna per diffamazione anche in relazione a comportamenti non approvati dall'opinione comune e fuori dai canoni etici, e non soltanto quando si attribuisce ad un individuo la paternità di un gesto compiuto che sia penalmente perseguibile. |
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