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Data: 27/02/2013 10:00:00 - Autore: Alfonsina Biscardi Con la sentenza n. 2019/12 del 28.12.2012 il Tribunale di Benevento – sezione distaccata di Airola ha deciso un giudizio di opposizione ad un decreto ingiuntivo con il quale un Istituto di credito esige da una società a responsabilità limitata il pagamento dell'importo di euro 30.525,55 in ragione di un contratto di investimento in derivati. In particolare, si tratta di Interest Rate Swap (IRS), un derivato finanziario destinato a coprire il rischio connesso alla fluttuazione dei tassi di interesse oppure delle valute. Di norma la causa di tali contratti è costituita dalla copertura del rischio connesso alla variazione del tasso di interesse applicato ai mutui, oppure alla variazione delle valute. Quindi gli IRS sono prodotti acquistati da imprese che hanno contratti di mutuo a tasso variabile oppure che hanno rapporti commerciali con Paesi esteri. Secondo la giurisprudenza dominante il contratto di IRS è nullo per il difetto della causa in concreto, se si accerta giudizialmente che lo scopo di copertura dichiarato in contratto, non sussiste, perché escluso dall'alea posta a carico dell'investitore. In sede giudiziale, dunque, è necessario verificare se l'interest rate swap corrisponda effettivamente all'interesse dell'impresa, che è, appunto, quello di eliminare o di ridurre il proprio rischio di tasso e che costituisce la causa dichiarata del contratto. Nel caso deciso dal Tribunale di Benevento l'opponente ha eccepito la nullità del contratto di IRS adducendo che esso era destinato alla copertura della fluttuazione del tasso di interesse di un mutuo a tasso variabile siglato con l'Istituto di credito. L'amministratore della società, dunque, secondo la ricostruzione dell'opponente era stato costretto ad effettuare l'operazione di IRS al momento della stipula del mutuo e a firmare la dichiarazione prevista dall'art.31 II comma del Regolamento Consob n.11522/98. Nel corso del giudizio, tuttavia, l'opponente non ha fornito prova scritta del contratto di mutuo al quale l'IRS sarebbe stato collegato, intendendo asseverare la circostanza mediante prova testimoniale. Il Tribunale di Benevento, ha ritenuto inammissibile tale prova ai sensi dell'art.2711 c.c. in tema di patti aggiunti o contrari al documento. In secondo luogo il giudice ha ritenuto che, nel caso di specie, non ricorresse la violazione dell'art.31 II comma del Regolamento Consob n.11522/98. Tale disposizione stabilisce che esistono diverse categorie di operatori qualificati tra le quali si annoverano proprio le società e le persone fisiche che, per essere considerate tali, devono dichiarare per iscritto di essere in possesso di specifica competenza ed esperienza in materia (Art.31 II comma “….. ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante ”). Parte della giurisprudenza di merito (Corte d'Appello Milano sez.I, 27.09.2007; Trib.Milano 20.07.2006; Trib.Milano 06.04.2005) ha statuito che, in presenza di dichiarazione attestante il possesso di tale qualifica da parte del legale rappresentante della società e, quindi, del soggetto maggiormente titolato a garantire i terzi, la Banca non ha l'onere di operare alcuna ulteriore verifica. Tale orientamento giurisprudenziale ha trovato conferma nella sentenza della Corte di Cassazione n.12138 del 2009 che ha statuito“ non sussiste a carico dell'intermediario un obbligo generalizzato di compiere uno specifico accertamento di fatto della qualifica dell'operatore, tenuto conto che dal quadro normativo non si rinviene alcun riferimento alla rispondenza tra il contenuto della dichiarazione e la situazione di fatto effettiva e non è previsto a carico dell'intermediario alcun onere di riscontro della veridicità della dichiarazione riconducendo, invece, alla responsabilità di chi amministra e rappresenta la società dichiarante gli effetti di tale dichiarazione ”. Nello stesso senso si è espressa la sentenza della Corte d'Appello di Milano del 07.09.2011 ove è statuito che “ In difetto di conferenti allegazioni e di prova circa la difformità della dichiarazione resa rispetto alla realtà dalla stessa rappresentata, la dichiarazione del legale rappresentante della società è sufficiente ad attestare in capo al soggetto rappresentato la qualità di operatore qualificato, con applicazione del conseguente regime di legge che esclude la applicazione degli artt. 27, 28 e 29 del regolamento”. Il Tribunale Milano con la sentenza dell'08 febbraio 2012 ha precisato “ La dichiarazione ex art. 31 reg. Consob 11522/98 rilasciata dal legale rappresentante di una società è sufficiente a qualificare la medesima come operatore qualificato, in assenza di altri elementi conosciuti o comunque conoscibili con l'ordinaria diligenza dalla banca che facciano escludere l'effettività della dichiarazione”. Il giudice meneghino, con la sentenza del 14 aprile 2012 ha aggiunto anche che “In caso di contestazione della veridicità della dichiarazione autoreferenziale di competenza si determina una inversione dell'onere probatorio, gravando sul cliente dell'intermediario l'onere di provare la non corrispondenza alla realtà di quanto dallo stesso dichiarato e la conoscenza – o quanto meno la agevole conoscibilità – da parte dell'intermediario delle specifiche circostanze dalle quali poter desumere la reale situazione soggettiva del cliente.” Anche il Tribunale Cuneo, con la sentenza del 14 giugno 2012 ha statuito che “ La dichiarazione di operatore qualificato, ai sensi dell'art. 31 del Regolamento Consob, esonera l'intermediario, in assenza di elementi contrari alla stessa già in suo possesso, dalle verifiche sul punto. Tale dichiarazione, inoltre, in difetto di contrarie allegazioni specificamente dedotte e dimostrate dalla parte interessata e di ulteriori riscontri, può costituire argomento di prova, ex art. 116 c.p.c., che il giudice può porre a fondamento della propria decisione per quanto riguarda la sussistenza in capo all'investitore della propria competenza ed esperienza in materia di strumenti finanziari.” Il Tribunale Verona con la sentenza del 10 dicembre 2012 ha stabilito che la validità ed efficacia della dichiarazione di operatore qualificato di cui all'articolo 31 del regolamento Consob 11522 del 1998 può essere messa in discussione dall'investitore, sul quale, però, grava l'onere di allegare e dimostrare gli elementi a conoscenza dell'intermediario, o comunque da questi conoscibili, idonei a smentire quanto rappresentato nella dichiarazione. Aderendo all'orientamento giurisprudenziale finora ricostruito, il Tribunale di Benevento, sezione distaccata di Airola, con la sentenza n. 2019/12 del 28.12.2012, ha disposto che, “ in presenza della dichiarazione rilasciata nelle forme previste dalla legge e dal regolamento dal legale rappresentante dell'opponente, la banca non aveva nessun onere di verificare la sussistenza in concreto del requisito indicato, se non in presenza di elementi conosciuti o conoscibili già in suo possesso, che facevano deporre per la non ricorrenza dell'esperienza indicata, elementi oggettivi, però, la cui sussistenza nel caso di specie non è stata dimostrata |
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