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Data: 21/03/2013 11:00:00 - Autore: Antonio Baudi di Antonio Baudi - Nel richiamare il precedente intervento sul tema della responsabilità sanitaria pubblicato in data 7 marzo, evidenzio in questa sede ulteriori riflessioni con particolare riferimento alle disposizione contenute nel decreto legge 13 settembre 2012 n. 158 quali utili spunti ermeneutici per la più chiara comprensione della vigente riforma. Prima dell'intervento innovativo in esame la tematica della responsabilità sanitaria in materia penale era ricompresa nel comune e generale alveo della responsabilità per colpa: la condotta del sanitario era valutata come quella di un qualsiasi altro soggetto, quindi sottoposta alla responsabilità per colpa lieve secondo le regole ordinarie di massima diligenza prudenza e perizia. E' noto anche il retroterra culturale della riforma, ben sintetizzato nella nota dell' ADN KRONOS Salute: i medici italiani vivono un profondo disagio per le condizioni di lavoro sempre più difficili, stretti tra continua richiesta di sacrifici economici, a fronte di carichi di lavoro accresciuti, di vincoli burocratici, della crescente attenzione concentrata sui budget e soprattutto, per “l'esplosione” del contenzioso medico “grazie anche alle campagne realizzate da team di avvocati che invitano e facilitano la denuncia”. Un fenomeno su cui, si è auspicato, era necessario intervenire: (a) migliorando la prevenzione del rischio, (b) facilitando i risarcimenti veloci ed extragiudiziali ai cittadini, e soprattutto (c) “depenalizzando la colpa medica, con regole giuste che tutelino sia i pazienti, sia i camici bianchi”. Detto, fatto ! Il decreto legge 13 settembre 2012 n. 158 intitolato “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del paese mediante un più alto livello di tutela della salute”, all'art. 3 così dispone(va): “Fermo restando il disposto dell'articolo 2236 del codice civile, nell'accertamento della colpa lieve nell'attività dell'esercente le professioni sanitarie il giudice, ai sensi dell'articolo 1176 del codice civile, tiene conto in particolare dell'osservanza, nel caso concreto, delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale”. L'inciso iniziale è importante: impone di tener fermo il disposto dell'articolo 2236 del codice civile, il quale, in tema di responsabilità del prestatore d'opera statuisce che “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave. Il sanitario, ed il medico in specie, secondo la vigente criteriologia, è un debitore tenuto a diligenza speciale, perché ragguagliata alla natura dell'attività (professionale) esercitata (ex art. 1176.2 c.c.), ma, pur responsabile civilmente dei danni cagionati al paziente anche per la colpa lieve, quando, di fronte ad un caso ordinario, non abbia osservato le regole della comune preparazione professionale e della media diligenza, di fronte a casi straordinari o eccezionali risponde, e continua a rispondere, invece solo per dolo o colpa grave. La riforma è espressamente limitata al giudizio processuale avente ad oggetto l'accertamento della colpa lieve ed a conferma evoca, come soggetto destinatario del precetto, il giudice, s'intende il giudice civile, non solo in virtù del salvifico disposto della regola di cui all'art. 2236, ma ancora per l'imposto rispetto del criterio di diligenza speciale, come si evince univocamente dal richiamo, parimenti testuale, al disposto dell'articolo 1176 del codice civile. E' prescritto che il giudice civile, per formulare il giudizio circa la sussistenza o meno della responsabilità sanitaria per colpa lieve, tenga conto (recte: debba tener conto) “dell'osservanza delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale”. Il richiamo ha lo scopo di attribuire rilevanza giuridica alle regole che “misurano” la diligenza sanitaria, regole di natura cautelare induttiva e di fonte promiscua, formalizzata in specifiche linee guida o approvate, mediante accreditamento, dalla migliore e più generale scienza medica. E' implicito l'intento di standardizzare le modalità degli interventi sanitari, contribuendo a stabilizzare i giudizi ed a rendere più prevedibili e sicure le valutazioni degli operatori in materia. Riservato l'approfondimento sul punto nella più appropriata sede della disciplina elaborata dalla legge di conversione, va sottolineato come il richiamo alle succitate guide non sia stringente, assoluto ed esaustivo. Tanto si desume dall'uso normativo di due specificativi: “in particolare” e “nel caso concreto”. Il primo induce a comprendere che all'interno della criteriologia giudiziaria debbano trovar posto le succitate regole, di matrice scientifica e di portata vincolante onerosa, ma che, accanto a queste “guide” giudiziali, ne esistano, e se ne accompagnino, altre, verosimilmente rientranti nell'ambito della colpa cd. generica. Chiarito il valore concorrente degli standards qualificati ed espressamente richiamati, pertanto processualmente riconosciuti quali utili fonti di convincimento, la evocazione normativa ulteriore, rappresentata dal riferimento al caso concreto, suggerisce la compresenza di un altro valore, costituito dall'esigenza di adattamento della regola pertinente, generale ed astratta, alla multiforme specificità del concreto caso clinico, in tal modo riconoscendosi, e salvaguardandosi, l'autonomia (rectius: la discrezionalità tecnica) dell'operatore. In sintesi, la disposizione, per il tempo della sua breve vigenza, nel tener ferma la disposizione speciale di cui all'art. 2236 c.c., ha imposto al giudice civile, tenuto a decidere sulla diligenza del sanitario, di utilizzare anche determinati parametri, di base scientifica e di formalizzato riconoscimento, ed indirettamente onera in tal senso in primis il sanitario. La norma, che, si ribadisce, è rilevante per i soli giudizi civili, interferisce dunque con la criteriologia della colpa sanitaria contrattuale, come è agevole desumere dall'insieme delle regole testualmente evocate. Si tratta, notoriamente, di responsabilità contrattuale risarcitoria. Di ben più ampia, e specularmente più problematica, portata la disciplina, del tutto innovativa, della successiva legge di conversione le cui prime riflessioni (che, si rileva incidentalmente, costituiranno il contenuto di una relazione in un imminente convegno medico-legale) saranno esplicitate in un successivo intervento.Vedi anche il precedente intervento del 7 marzo 2013: Prime riflessioni sulla legge 'Balduzzi' in tema di responsabilità sanitaria
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