Data: 22/07/2022 05:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Diritto di ritenzione: disciplina

Il diritto di ritenzione trova la sua fonte di disciplina nell'articolo 2756 c.c., che testualmente dispone, al I e al III comma, che "i crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento di beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, purché questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni o le spese" e che "il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno ".

Laddove pertanto il creditore abbia eseguito prestazioni sulla res volte alla conservazione e al miglioramento della stessa, egli vanta un credito di natura privilegiata sul bene stesso e può ritenere la cosa fino al momento in cui il credito non viene soddisfatto.

Il diritto di ritenzione presuppone dunque la detenzione della cosa da parte del creditore, la quale è iniziata con il consenso del debitore. Trattasi di un diritto accessorio poiché sorge contestualmente al generarsi del credito (il quale deve essere certo, liquido ed esigibile) ed indivisibile (poiché può venir meno solo a saldo totale del debito, non parziale).

I casi in cui tale diritto è esercitabile sono espressamente elencati dal legislatore, con la conseguenza che è fatto divieto di applicazione di tale norma per analogia. Se non si fosse adottata questa cautela la norma avrebbe finito per legittimare un comportamento molto vicino al "farsi giustizia da sè".

Diritto di ritenzione e appropriazione indebita

Il diritto di ritenzione, coma abbiamo appena visto, può essere esercitato solo nei casi indicati dalla legge.

Si tratta di un limite molto importante, in quanto il creditore, laddove trattenga il bene altrui al di fuori dei casi consentiti, può commettere il reato di appropriazione indebita ex art. 646 c.p., punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da mille a tremila euro.

Si integrerebbe inoltre il reato di appropriazione indebita in tutti quei casi in cui il creditore, pur trovandosi in una delle situazioni previste dalla legge, mutasse la propria concezione soggettiva di potere sulla cosa da semplice detenzione in proprietà (c.d. interversione). Tale condizione si verifica quando il comportamento del creditore sconfina oltre la semplice detenzione in garanzia e cioè quando egli compie sulla cosa atti di disposizione tipicamente esercitati dal proprietario.

Tale concetto è stato ribadito e ampliato anche dalla Cassazione nella sentenza n. 45298/2017: "In punto di diritto, il consolidato ed indiscusso principio che da sempre è affermato in giurisprudenza è che l'appropriazione indebita si verifica nel momento in cui il detentore attua la c.d. interversione del possesso che consiste nell'attuare sul bene di proprietà altrui atti di disposizione uti dominus e, quindi, nell'intenzione di convertire il possesso in proprietà (...) la giurisprudenza di questa Corte ha ulteriormente specificato che: anche la semplice ritenzione del bene, quando origini da una lite civile in cui ognuno dei contendenti fa valere le proprie ragioni nei confronti dell'altro, non costituisce, di per sè, un indice sicuro della volontà di intervertire il possesso e cioè un comportamento utí dominus, potendo, al più, essere qualificato come un mero inadempimento come tale solo civilisticamente sanzionabile: Cass. 29/1965; Cass. 9410/1981 (L'omessa restituzione della cosa non realizza l'ipotesi del reato di cui all'art. 646 c.p., se non quando si ricollega oggettivamente ad un atto di disposizione uti dominus, e soggettivamente alla intenzione di convertire il possesso in proprietà); Cass. 10774/2002; Cass. 17295/2011 (Sez. II, 26/02/2014 n.12740)."

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Ritenzione del bene di un terzo

Il creditore inoltre, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 2756 c.c., può esercitare il diritto di ritenzione anche sulla cosa di proprietà di un soggetto diverso da colui che gli ha chiesto la prestazione, laddove lo stesso ignori, in buona fede, che la cosa non era di proprietà di quest'ultimo.

Ricorrendo questo presupposto, il prestatore d'opera può trattenere la cosa fino al pagamento del corrispettivo, anche in pregiudizio del proprietario e sebbene questi non abbia stipulato alcun contratto.

Tale diritto di ritenzione può essere esercitato anche laddove il creditore, pur conoscendo il fatto che la res non era di proprietà del soggetto che gli ha richiesto la prestazione, abbia ignorato il difetto di capacità di quest'ultimo di affidare la cosa per la conservazione o per il miglioramento della stessa (sul punto ex multis Tribunale Livorno, 07/04/2016, n.461, Cassazione civile sez. III, 22/06/2009, n.14533).

Diritto di ritenzione: le varie fattispecie

Il codice civile comunque, oltre alla fattispecie di cui all'art. 2756 c.c., prevede altre ipotesi specifiche in cui può essere esercitato il diritto di ritenzione.

Ai sensi dell'articolo 2761 c.c. il diritto di ritenzione è esteso ai seguenti tipi di contratto:

  • I crediti dipendenti dal contratto di trasporto e di spedizione e quelli per le spese d'imposta anticipate dal vettore o dallo spedizioniere hanno privilegio sulle cose trasportate o spedite finché queste rimangono presso di lui. Tale privilegio può essere esercitato anche su beni oggetto di un trasporto o di una spedizione diversi da quelli per cui è sorto il credito purché tali trasporti o spedizioni costituiscano esecuzione di un unico contratto per prestazioni periodiche o continuative.
  • I crediti derivanti dall'esecuzione del mandato hanno privilegio sulle cose del mandante che il mandatario detiene per l'esecuzione del mandato. Qualora il mandatario abbia provveduto a pagare i diritti doganali per conto del mandante, il suo credito ha il privilegio di cui all'articolo 2752 .
  • I crediti derivanti dal deposito o dal sequestro convenzionale a favore del depositario e del sequestratario hanno parimenti privilegio sulle cose che questi detengono per effetto del deposito o del sequestro.

Si applicano a questi privilegi le disposizioni del secondo e del terzo comma dell'articolo 2756" che prevede appunto il diritto di ritenzione (disposizione questa modificata dall'art. 30-bis, comma 1, lettera e), del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.)

Possiamo poi citare anche:

  • il diritto di ritenzione nel caso di spese sostenute dall'usufruttuario (art. 1011 c.c.);
  • il diritto del locatore a trattenere le addizioni eseguite dal locatario, salvo la corresponsione a quest'ultimo di un'indennità di legge (art. 1593 c.c);
  • il diritto del creditore sul bene oggetto di pegno a garanzia di crediti ulteriore che costui vanta nei confronti dello stesso creditore (art. 2794 c.c.) purché i crediti siano nati successivamente alla costituzione del pegno, siano scaduti anteriormente al soddisfacimento del credito garantito, e il creditore abbia concesso il nuovo credito tenendo conto del pegno ottenuto;
  • il diritto del possessore in buona fede di ritenere la cosa fino a quando non gli vengono corrisposte le indennità per riparazioni e miglioramenti (art. 1152 c.c.);
  • diritto del coerede che conferisce un immobile sino all'effettivo rimborso delle somme che gli sono dovute per spese e miglioramenti (art. 748 c.c.).

Diritto di ritenzione del trasportatore

In ordine al diritto di ritenzione previsto a favore dei trasportatori, preme precisare che, come affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 28/06/2005 n°13905 e ribadito successivamente anche dal Tribunale di Milano con la sentenza del 18/07/2012 "I diritti di ritenzione e di privilegio sulla cose trasportate previsti dall'art. 2761 e 2756 c.c. in favore dei crediti dipendenti dal contratto di trasporto richiedono soltanto che la causa del credito sia, il trasporto e cioè che vi sia un rapporto di connessione tra le cose e il credito, sì che tale privilegio è esercitatile anche su cose oggetto di un trasporto diverso da quello per cui è sorto il credito, se i singoli trasporti costituiscono esecuzione di un unico contratto ".
Il presupposto alla base del diritto di ritenzione - ossia esecuzione di un unico contratto - non sussiste certamente quando tra le parti sia in vigore soltanto una convenzione relativa alle tariffe applicabili ai singoli contratti di trasporto. In tale senso si è espresso sempre il Tribunale di Milano il 22/10/2012 affermando espressamente che "il rapporto di connessione tra le cose trasportate e il credito, che consente l'esercizio del privilegio e del diritto di ritenzione ex art. 2756 c.c., sussiste quando il trasporto in relazione al quale è sorto il credito e quello avente per oggetto le cose sulle quali il vettore intende esercitare il diritto di ritenzione costituiscono esecuzione di un unico contratto ma tale presupposto non sussiste quando tra le parti sia in vigore soltanto una convenzione relativa alle tariffe applicabili ai singoli contratti di trasporto".

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