Data: 03/05/2013 10:00:00 - Autore: Avv. Paolo M. Storani
Caro Zibaldone, dì la verita, non sai se piangere o ridere, non sai se la morte di Massimo Catalano, il profeta dell'ovvio, avvenuta nella sua villa di Amelia, Umbria, sia un'occasione per rimpiangere un mondo che non ci sarà più o se, invece, ritornandoci alla memoria da files dimenticati, i suoi aforismi possano servire a sopportare il pattume a cui assistiamo ogni giorno.
E' difficile spiegare che cosa hanno rappresentato Quelli della Notte e la banda di Renzo Arbore per noi attuali quaranta/cinquantenni; era anche un modo per protestare contro stilemi che - allora non lo potevamo sapere - avrebbero prevalso.
E così hanno perduto loro, Quelli della Notte, perché la storia, si sa, la scrivono i vincitori.
La finezza, il garbo, la sottile malizia di Massimo Catalano, che tra l'altro era un apprezzato jazzista, sono, però, restati finanche nel lessico: è stato per eccellenza l'umorista alla Catalano.
Gli occhi umidi ma il sorriso sulle labbra, me ne sto tornando a casa ripensando, che sì, aveva ragione lui quando sosteneva "è molto meglio essere giovani, belli, ricchi e in buona salute, piuttosto che essere vecchi, brutti, poveri e malati". Che la terra ti sia lieve, anche grazie agli aforismi che ti sarai portato dietro. In realtà, Massimo Catalano, da tempo ammalato e rimasto da poco vedovo, ha chiesto di essere cremato.
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