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Data: 31/07/2013 16:10:00 - Autore: Stefania Squeo
di STEFANIA SQUEO - In caso di violazione delle norme sulla sicurezza del lavoratore, il
datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al proprio
dipendente, avendo egli il dovere di proteggere l'incolumità di quest'ultimo
nonostante la sua imprudenza o negligenza. Tematica socialmente molto
sentita è l'infortunistica sul lavoro, che ampio spazio mediatico ha avuto
purtroppo negli ultimi anni, molto spesso collegata al fenomeno del lavoro nero.
La relazione tra lavoro nero e infortuni si spiega considerando che i lavoratori
in nero lavorano spesso in contesti in cui vi è una maggiore probabilità
di incidenti a causa della quasi totale assenza di misure di protezione e
prevenzione. Questa situazione viene poi aggravata dalla mancanza totale di
informazione e formazione dei lavoratori sui pericoli derivanti dallo
svolgimento dell'attività lavorativa e dalla violazione dei tempi di lavoro, a
causa di numerose ore di lavoro straordinarie effettuate. Questi fattori
aumentano il rischio di incidenti sul lavoro (peraltro spesso non denunciati).
Se da poco si è giunti ad una normativa completa [1], sulla sicurezza
nel lavoro, da oltre trent'anni i Giudici hanno stabilito linee guida
confermate, anche in pronunce recenti [2]. Esse stabiliscono come la relativa
normativa tuteli il lavoratore, anche nel caso in cui l'infortunio sia
imputabile a disattenzione, imperizia, negligenza ed imprudenza dello
stesso.
In particolare, anche il semplice adeguamento del lavoratore ad
una prassi diffusa in azienda, sebbene pericolosa, non esclude, ma
conferma la responsabilità del datore di lavoro. Ciò perché anche tali
situazioni di fatto, a cui il lavoratore non può sottrarsi, vengono
“imposte” allo stesso, proprio come le direttive impartite dal
datore di lavoro.
L'importanza dell'argomento impone però di uscire
dalla singola sentenza per illustrare compitamente quali sono queste le linee
guida affermati dai Giudici fin dagli anni Settanta.
Obblighi di sicurezza da adottare dal datore di lavoro Il datore di lavoro
deve rispettare alcune norme [3], che gli impongono l'effettiva adozione di
idonee e necessarie misure protettive a favore dei lavoratori: sono norme
specifiche (in relazione alla particolare attività lavorativa) e norme generiche
dettate dall'esperienza e dalla tecnica del lavoro in concreto svolto dai
dipendenti.
Inoltre, il datore di lavoro è tenuto a vigilare e ad
accertarsi che tali misure vengano di fatto utilizzate dai lavoratori. Così,
ad esempio, il datore di lavoro è responsabile del danno arrecato ai propri
dipendenti per non aver assunto un numero di lavoratori sufficienti ad evitare
un sovraccarico di lavoro, secondo le regole di comune esperienza e di
normale tollerabilità.
È sempre responsabile il datore di lavoro
anche quando sia lo stesso lavoratore a chiedere di fare gli straordinari o
rinunciare a periodi di ferie [4], se lo consente. In caso di colpa del
lavoratore Così stando le cose, l'imprenditore risponde sempre
dell'infortunio occorso al proprio lavoratore anche quando quest'ultimo sia in
colpa. Questa, infatti, viene considerata soltanto nel calcolo della somma
risarcibile, che andrà in proporzione ridotta.
Neppure la qualifica
professionale rivestita dal lavoratore infortunato rileva ai fini di
un'esclusione di responsabilità del datore di lavoro, quando vi sia assenza e
inidoneità delle misure di sicurezza adottate nell'ambito dell'impresa [5].
Esonero totale da responsabilità del datore di lavoro
Il datore di lavoro non è responsabile solo quando il comportamento del
lavoratore è abnorme, del tutto imprevedibile ed estraneo al procedimento
lavorativo e alle direttive ricevute, come pure eccezionale. In questi
rari casi si richiede un'intenzione se non addirittura la deliberata scelta del
lavoratore di infortunarsi.
Così, ad esempio, il datore di lavoro non ha
risposto dell'infortunio grave occorso al proprio dipendente, il quale per
spostarsi più rapidamente all'interno dell'officina cui era addetto, di sua
spontanea iniziativa era salito, correndo in velocità, su un carrello elevatore
aggrappandosi alla maniglia, comportamento vietato da cartelli di avvertimento
[6].
Prova da fornire in giudizio
Al lavoratore è sufficiente provare il danno e la sua causa. In particolare,
il lavoratore deve provare, a seconda delle circostanze, ad esempio la nocività
delle condizioni di lavoro e che queste abbiano determinato l'infortunio.
Spetterà, quindi, al datore di lavoro dimostrare di aver adottato tutte
le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno: dovrà provare la
condotta intenzionale del lavoratore, a rischio infortunio [7].
In
pratica
Il lavoratore deve sapere che qualunque infortunio gli occorra sul lavoro
risponderà di regola sempre il datore di lavoro, tranne in quei pochi casi in
cui lo stesso lavoratore abbia assunto volontariamente un comportamento
intenzionalmente rischioso per la propria incolumità.
[1] D.Lgs. n.81 del 9.04.2008, succ. mod. dal D.Lgs. n. 106 del 2009 [2]
Cass. sent. n. 9167 del 16 aprile 2013 [3] Art. 2087 cod. civ. [4] Cass. sent.
n. 8267 del 1 settembre 1997 [5] Cass. sent. n. 1687 del 17 febbraio 1998 [6]
Cass. sent. n. 19559 del 13 settembre 2006 [7] Cass. sent. n. 6151 del 12 marzo
2013
STEFANIA SQUEO
MEDIATORE E PRATICANTE AVVOCATO
ABILITATA FORO DI MILANO
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