Data: 30/06/2013 11:01:00 - Autore: L.S.

"L'onere del datore di lavoro di provare l'impossibilit� di ricollocare il lavoratore da licenziare in mansioni analoghe a quelle proprie della posizione lavorativa occupata, per quanto debba essere inteso con l'elasticit� delineata dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 777 del 2003), non pu� essere considerato assolto con la prova di aver proposto al dipendente un'attivit� di natura non subordinata, ma autonoma, esterna all'azienda e priva di qualsiasi garanzia reale in termini di flusso di lavoro e di reddito, come quella di sub-agente, specialmente se agli altri dipendenti siano state offerte ben pi� valide alternative".
E' quanto ricordato dalla Corte di Cassazione che, con ordinanza n. 12810/2013, ha rigettato il ricorso di una societ� avverso la sentenza con cui i giudici di merito aveva dichiarato l'illegittimit� del licenziamento intimato ad un lavoratore per giustificato motivo oggettivo consistente nella dismissione dell'attivit� di vendita diretta dei prodotti vita con la conseguente soppressione della struttura dei "consulenti vita". Al lavoratore era stata offerta una diversa collocazione, come collaboratore autonomo, ma lo stesso aveva rifiutato.
La Corte territoriale aveva ritenuto che la societ� avesse s� dimostrato l'effettivit� delle ragioni che avevano determinato il venir meno del posto di lavoro occupato dal lavoratore, ma che non avesse fornito la prova della impossibilit� del cd. Repechage, con riferimento a mansioni equivalenti o anche a mansioni inferiori, ove queste fossero state accettate dal lavoratore.
La Suprema Corte ha precisato che �per quanto riguarda l'impossibilit� del "cd. repechage", la societ� si � limitata, sostanzialmente, a dedurre semplicemente di essersi trovata "nell'impossibilit� di assegnare al lavoratore mansioni equivalenti a quelle svolte in qualit� di "consulente vita" non avendo ravvisato neppure "l'opportunit� di affidare al lavoratore un mandato agenziale e quindi mansioni equivalenti", cosi come invece avvenuto per altri dipendenti; deduzioni queste che, anche a voler prescindere dalla genericit� della prima affermazione (rimasta comunque priva di effettivi riscontri), non possono considerarsi sufficienti a far ritenere assolto l'onere probatorio gravante sul datore di lavoro circa l'impossibilit� di una diversa utilizzazione del lavoratore licenziato in mansioni analoghe.�
A nulla � servito alla societ� sostenere che le offerte rivolte al lavoratore fossero le uniche proponibili al fine di evitare il licenziamento - seppure aventi ad oggetto mansioni di contenuto inferiore rispetto all'attivit� precedentemente svolta - senza tuttavia dimostrare la veridicit� di tale assunto, ovvero anzitutto l'impossibilit� di offrire al lavoratore una posizione lavorativa equivalente a quella di cui era stata disposta la soppressione.
E' certo - precisano i giudici di legittimit� - che a tale scopo non � sufficiente limitarsi ad affermare che "� evidente ... che le offerte rivolte al lavoratore siano state le uniche (peraltro varie) proponibili a quest'ultimo, al fine di evitare il licenziamento, anche se di contenuto inferiore all'attivit� precedentemente esercitata dallo stesso", poich� l'impossibilit� di impiegare il dipendente nell' organizzazione aziendale e l'insussistenza di una posizione di lavoro analoga a quella soppressa, alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore per l'espletamento di mansioni equivalenti a quelle svolte, � proprio quello che deve dimostrare il datore di lavoro ai fini della prova della sussistenza del giustificato motivo oggettivo.


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