Data: 31/05/2013 09:07:00 - Autore: Prof. Avv. Carlo Bruno Vanetti

Prof. Avv. Carlo Bruno VANETTI
1. Gli strumenti introdotti dal legislatore per favorire la continuit� d'impresa;
2. Nuovi doveri o mere opportunit� per gli organi societari ?
3. L'affitto dell'azienda in crisi.

I. Gli strumenti introdotti dal legislatore per favorire la continuit� d'impresa

I.1 - La Legge Fallimentare del 1942 non si occupava della continuit� dell'attivit� d'impresa e della conservazione dell'azienda in crisi,.

L'azienda in difficolt� era destinata ad essere estromessa dal mercato: l'esercizio provvisorio (art.90 LF ante riforma) era visto in funzione meramente liquidatoria; l'amministrazione controllata ed il concordato erano destinati solo all'imprenditore meritevole, e prescindevano da qualunque attenzione per la sorte dell'attivit� d'impresa nel suo complesso.

Il fallimento, era ancora improntato ad una prospettiva essenzialmente sanzionatoria (�decoctus, ergo fraudator�).

Si dubitava, addirittura, che fosse possibile cedere o affittare l'azienda come bene unitario, nell'ambito di una procedura concorsuale (ci sono voluti i libri di Carlo Maria Rivolta e di Giovanni Emanuele Colombo, per far mutare l'indirizzo della giurisprudenza).

I.2 - A livello legislativo, la attenzione per la �continuit�� dell'attivit� d'impresa, a prescindere dalla sorte dell'imprenditore, emergeva solo con le leggi degli anni �70 sui salvataggi industriali e con la legge Prodi del 1979 sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, cui ha fatto seguito il decreto legislativo 270/1999, che regola tuttora l'istituto (affiancata dalle successive leggi occasionate dai dissesti Parmalat e Alitalia).

Si tratta comunque di procedure rivolte alle grandi imprese, con 200 o pi� lavoratori, il cui recupero mira principalmente alla salvaguardia dei livelli occupazionali, seppur tramite un programma di ristrutturazione o di cessione aziendale, con �prosecuzione dell'esercizio dell'impresa� (art.27 D.Lgs.270/1999).


I.3 - Solo all'inizio degli anni 2000, si inizia a favorire la continuit� aziendale anche per la media e piccola impresa insolvente.

Gi� la riforma del diritto societario del 2003 assumeva un approccio favorevole alla prosecuzione dell'attivit� pur in presenza di cause di scioglimento (la pi� tipica e ricorrente causa di scioglimento delle societ� � la perdita del capitale sociale, normale compagna dell'insolvenza): veniva cos�

(a) abolito il divieto di nuove operazioni (con responsabilit� personale degli amministratori), sostituendolo con l'obbligo di una gestione conservativa, ossia di gestire la societ� ai fini �della conservazione dell'integrit� e del valore del patrimonio sociale� (art. 2486, comma 1, c.c.), in attesa delle decisioni circa la ricapitalizzazione o la nomina di un liquidatore;
(b) prevista la possibilit� di esercizio provvisorio della societ� in liquidazione (art. 2487, comma 1, lett. c),nell'ambito di un �piano di liquidazione� ; ed espressamente
(c) eliminato, nell'art. 2448 c.c., il riferimento al fallimento quale causa di scioglimento della societ�.


I.4 - Si giunge cos� alla riforma �organica� delle procedure concorsuali del 2005-2007 ed alla chiara ed esplicita emersione dell'interesse dell'ordinamento per la conservazione dei valori aziendali.

E ci�, non solo nell'interesse generale dell'economia, dei dipendenti, dei collaboratori, agenti, distributori, ma anche dello stesso ceto creditorio, o almeno della parte che sia interessata al contempo alla prosecuzione dei rapporti (solitamente di fornitura o di finanziamento) con l'impresa investita dalla crisi.
Va cos� ricordato,
a) per il fallimento, il favore per la
- vendita dell'azienda in blocco (art.105 LF), per l'
- esercizio provvisorio dell'impresa fallita, anche per singoli rami, con la prosecuzione automatica (anzich� la normale sospensione) dei contratti pendenti (art.104 LF) e, specialmente, per l'
- affitto d'azienda nel fallimento (artt.104-104ter).
Sino al punto, per l'affitto, di precisarne le principali clausole contrattuali (art.104bis);
Al contempo, sempre al fine di favorire la continuit� dell'impresa, sempre nel fallimento, si interveniva su altri fronti: le
- azioni revocatorie, per le quali sono state previste (art.67 LF) limitazioni del periodo sospetto ed esenzioni per i pagamenti nei termini d'uso, tese a favorire la prosecuzione di normali rapporti commerciali e finanziari con l'impresa in crisi; o la
- riforma del concordato fallimentare (art.124 LF), l'accesso al quale viene per vari aspetti reso pi� agevole.

Al contempo, il legislatore del 2005-2007 introduceva
b) nuovi strumenti o rafforzava procedure esistenti, intese ad operare come barriera preventiva al fallimento ed in genere alla disgregazione dei valori aziendali.
Ci riferiamo evidentemente a:
- gli accordi di ristrutturazione disciplinati dall'art. 182-bis l.f.,
- i piani di risanamento previsti dall'art. 67, comma 3, lett. d), l.f,
- le modifiche al concordato preventivo.
In particolare, per il nuovo
c) concordato preventivo, come delineato con le riforme del 2005-2007, ricordiamo l'
- indicazione della mera crisi come presupposto oggettivo e la richiesta di un
- piano o programma (di risanamento o di liquidazione),
- la cui fattibilit� sia supportata dalla attestazione di un esperto aziendalista; l'
- abolizione dei requisiti di meritevolezza e
- della percentuale minima del 40% per i chirografari; la
- riduzione da 2/3 al 50% del quorum di crediti richiesto ai fini dell'approvazione della procedura (e l'abolizione del contemporaneo quorum per teste);la
- possibile divisione in classi dei creditori; la
- possibilit� di pagamento non integrale dei privilegiati; l'
- abolizione della rigida alternativa tra concordato con garanzia e con cessio bonorum.
Elementi, questi, gi� indicatori della destinazione assegnata dal legislatore del 2005.2007 al concordato preventivo: ossia rivestire, nell'ambito delle procedure concorsuali, il ruolo centrale una volta spettante al fallimento, svolgendo al contempo anche le funzioni di risanamento gi� (senza successo) affidate all'amministrazione controllata, al contempo abrogata.
In realt�, come sappiamo, la riforma, ancorch� chiamata �organica�, nel suo iter legislativo tale era rimasta solo nel titolo (tant'� che lo stesso relatore, Vietti, l'aveva chiamata �riforma spezzatino�): in particolare non si era trovato l'accordo sulle cosiddette �procedure di allerta� e sull'obbligo di segnalare al tribunale i primi sintomi di crisi, con simmetrica predisposizione di idonee strutture di assistenza e intervento da parte dell'Autorit� Giudiziaria.
Aveva prevalso la bandiera ed il mito della possibile �privatizzazione� della soluzione delle crisi d'impresa, di fatto lasciata alle volont� del sistema bancario e dello stesso debitore.
Tant'� che anche la attivazione delle nuove competenze dei Tribunali delle Imprese, con strutture specializzate, non si estende alle procedure concorsuali.

Ma torniamo al concordato.
Per il concordato preventivo, negli anni successivi alla riforma, i dati hanno fatto emergere che la modalit� nettamente prevalente ha continuato ad essere rappresentata da concordati liquidatori, che si propongono tendenzialmente lo smembramento dell'azienda e la liquidazione dei beni, ed in cui pertanto anche la vendita unitaria dell'azienda o di suoi rami non � in alcun modo agevolata.

La ragione di ci�, essenzialmente, sta nel fatto che di regola si � ricorsi al concordato solo nelle situazioni pi� critiche, di conclamata insolvenza, sostanzialmente prive di possibilit� di rilancio dell'impresa.

Inevitabilmente, il concordato ha cos� continuato a rappresentare uno strumento diverso ma con finalit� non troppo dissimili dal fallimento; utilizzato non ai fini del rilancio dell'impresa ma semplicemente quale modalit� pi� rapida, e ragionevolmente pi� vantaggiosa, del fallimento.

Si aggiunga che, al contempo, si � riscontrata una scarsissima utilizzazione degli accordi ex art.182-bis (e, a quanto risulterebbe, dei piani attestati ex art.67, 3�comma, lettera d, LF; piani peraltro non soggetti a pubblicit�).


I.5 - A fronte di questa situazione, e del sempre pi� ampio diffondersi delle crisi aziendali, a met� del 2012 � intervenuto il cosiddetto Decreto Sviluppo, cio� il Decreto Legge 22 giugno 2012, n.83 (convertito con modifiche nella legge 7 agosto 2012, n.134), in vigore dall'11 settembre 2012.

� Il Decreto Sviluppo, introduce, ancora una volta, nuove opportunit� per l'impresa in crisi (nel suo capo III, �Misure per facilitare la gestione delle crisi aziendali�, all' art.33 , �Revisione della legge fallimentare per favorire la continuit� aziendale�).
� In tal modo ha voluto compiere un altro tentativo di indirizzare le imprese sulla strada, gi� aperta dalla riforma societaria e da quella fallimentare, della tutela della continuit� aziendale, nell'intento di contribuire a frenare, �dal basso�, il degrado dell'economia.
Ricordiamo brevemente tali misure:
1) Anzitutto, ha voluto creare una sorta di zona di sicurezza (si parla di safe harbour), per consentire al debitore di perfezionare il piano concordatario, senza timore di azioni esecutive o istanze di fallimento (automatic stay): e ci� tramite l'accesso accelerato alle normali tutele del concordato preventivo, reso possibile separando la domanda (o ricorso) dalla effettiva proposta di accordo e piano di risanamento o liquidazione.
Si tratta del cosiddetto pre-concordato (o concordato in bianco, o con riserva), di cui all'art.161, 6�comma, LF, a mente del quale il debitore �pu� depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione� , od eventualmente un accordo ex art.182-bis, entro un termine fissato dal giudice compreso tra sessanta e centoventi giorni (prorogabili di altri 60).
Al contempo prevede che la domanda sia subito iscritta al Registro delle Imprese e da tale momento � o dalla contestuale iscrizione - decorrano tutti i principali effetti della normale proposta (divieto di azioni esecutive -e, ora, cautelari- , divieto di pagamenti, interruzione degli interessi, divieto di atti di gestione straordinaria non autorizzati, decorrenza a ritroso del periodo sospetto per eventuali future revocatorie).
Va subito notato che, con una palese contraddizione, che rivela la scarsa fiducia sulla reale efficacia delle nuove misure, la gran parte dei vantaggi si manifesta solo se in realt� il concordato abortisce e subentra il fallimento.
2) Il legislatore, non solo vuole tenere separate le sorti dell'azienda da quelle dell'imprenditore, bens� vuole eliminare quel legame che, tramite la tutela unitaria del capitale, ancora connetteva le sorti della societ� con quelle dei suoi beni.
Significativo a tal fine l'articolo 182-sexies, che disciplina la �riduzione o perdita del capitale della societ� in crisi� in deroga alla normativa civilistica, sospendendo l'obbligo,di cui agli articoli 2447, 2482-ter e 2484,n.4, di liquidare la societ�, se non immediatamente ricapitalizzata.
Si pu� dire che il legislatore del 2012 cerchi di far emergere una nozione ristretta di azienda, che tende a non coincidere pi�, non solo con quanto appartiene alla persona fisica dell'imprenditore (che ha sempre anche dei beni personali, e pu� essere titolare di pi� aziende distinte), ma neppure con tutto quanto appartiene alla societ� come soggetto collettivo o persona giuridica.
In sostanza, autorizza e favorisce una sorta di scissione o �spacchettamento�, al contempo preoccupandosi sempre meno del principio di pari trattamento dei creditori di cui all'art. 2741 c.c. [come vi illustrer� poi l'avv.Romano].
L'art.104 LF, in tema di esercizio provvisorio nel fallimento, e l'art.105, 1�c., LF, relativo alla vendita dei beni del fallito, considerano ancora l'insieme del patrimonio della societ� come una entit� unitaria, solidale per natura alla societ� stessa ed al suo oggetto: i beni aziendali vengono venduti unitariamente solo perch� si possa realizzare il massimo di soddisfazione dei creditori, o almeno a condizione che non si pregiudichino le loro ragioni.
Ora invece si tende ad accertare quali beni siano �azienda� in senso tecnico (�beni organizzati�per l'esercizio dell'impresa, ex artt. 2555 e 2082 c.c.), e quali non lo sono, per cui vanno, diciamo, rottamati.
Si prende atto del fatto che, anche per le societ�, non tutti i beni originariamente destinati all'esercizio dell'impresa sono azienda, ma solo quelli ancora in grado di generare nuova ricchezza, e di soddisfare bisogni altrui.
Si accentua la possibilit� di attribuire una posizione di privilegio ai fornitori strategici ed i finanziatori, ancorch� al contempo soci, consentendo, anche prima dell'effettiva presentazione del piano ed ammissione al concordato, di attribuir loro una posizione preferenziale rispetto ai normali creditori
3) Vengono dettate, cos�, sempre al fine di agevolare la prosecuzione dell'attivit�, norme tese a consentire, in regime di prededuzione, il pagamento dei fornitori (se vi sia continuit� aziendale) e la erogazione di nuovi finanziamenti , da parte di chiunque ed anche in corso di concordato (c.d. finanza interinale) � e non solo in funzione o in esecuzione del concordato stesso - : uniche condizioni la autorizzazione od omologa del tribunale e l'attestazione dell'esperto circa l'utilit� per realizzare il piano e per la miglior soddisfazione dei creditori.
Ma su questi punti torner�, illustrandoli con slide, la collega avv. Patrizia Romano.
4) A completare il quadro, viene poi introdotto l'articolo 186-bis, che individua, ancorch� in modo embrionale, la nuova nozione di �concordato con continuit� aziendale�, facendovi rientrare anche forme in precedenza considerate come liquidatorie, ossia la cessione ed il conferimento a terzi dell'azienda in esercizio (nuovi articoli 186-bis [composto di 6 corposi commi] e 182-quinquies, 4�comma, LF).

I.6 - Per quanto riguarda il concordato con continuit� aziendale, secondo le intenzioni del legislatore, il debitore dovrebbe, nel presentare il ricorso per concordato preventivo, �anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma�, dichiarare che la soluzione della crisi avverr� anche facendo affidamento sulle risorse derivanti dall'attivit� futura dell'azienda stessa.
In sostanza, si dovrebbe trattare di una crisi essenzialmente finanziaria: si pu� isolare un' attivit� tipica dell'impresa in cui i ricavi ordinari superano i costi inerenti, funzionali all'attivit� stessa (il Margine Operativo Lordo o MOL, o meglio il reddito operativo - ossia il MOL caricato anche degli ammortamenti � sono di segno positivo).
Al contempo, si possono liquidare beni �non funzionali all'esercizio dell'impresa� (art.186-bis, 1�comma, in fine): beni che dovrebbero comunque costituire una parte minore del patrimonio del debitore.
In coerenza con questa scelta, la relazione del professionista ex art.161,3�comma, che deve accompagnare il piano e la proposta definitiva ex art. 161, 2�comma, lettera e), deve anche attestare che �la prosecuzione dell'attivit� d'impresa prevista dal piano di concordato � funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori�. Ossia che, proseguendo l'attivit� (ed avendo al contempo congelato i pagamenti dei vecchi debiti) si potr� ottenere credito dalle banche e dal mercato e soddisfare meglio il prevedibile fabbisogno concordatario: tant'� che in questi casi il piano dovr� prevedere analiticamente (e l'esperto attestare) �un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attivit� d'impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalit� di copertura�.
Al fine di realizzare questa auspicata ripresa di fiducia nell'impresa in crisi, alla scelta di puntare sulla continuit� aziendale si collegano alcuni effetti in deroga alle normali regole del concordato:
1) Possono essere pagati subito e integralmente debiti scaduti prima del concordato �per prestazione di beni o servizi�. Di regola, a condizione che vi siano una attestazione speciale e l'autorizzazione del tribunale (l' attestatore deve dichiarare che le prestazioni cos� pagate � ed evidentemente la loro prosecuzione - sono �essenziali� per la prosecuzione dell'attivit� e �funzionali� alla miglior soddisfazione dei creditori); senza neppure l'attestazione, se i pagamenti vengono fatti tramite finanziamenti di scopo ricevuti ad hoc, a fondo perduto o convenzionalmente postergati.
2) I creditori privilegiati possono vedersi rinviato il pagamento non solo (come nel normale concordato) sino all'omologa, ma per un ulteriore anno (senza al contempo venire ammessi al voto per tale ulteriore compromissione dei loro diritti acquisiti), sempre che ci� sia poi contenuto nel piano di concordato;
3) Non hanno effetto le clausole, normalmente contenute nei contratti di durata, secondo cui in caso di procedura concorsuale o ritardo nei pagamenti il contratto si risolve (in tal modo viene pienamente estesa al concordato la facolt� di scelta del debitore, come per il curatore fallimentare) e addirittura
4) Non si applicano le norme in tema di scioglimento di appalti e concessioni pubbliche e di divieto di ottenere nuovi appalti (in questi casi, � tuttavia necessaria una ulteriore specifica attestazione dell'esperto e, per il caso di nuova assegnazione � anche in raggruppamento temporaneo, purch� non come capofila -, la assunzione di un �avvalimento� da parte di un'altra impresa, pronta a subentrare all'occorrenza a quella in concordato).
Significativo che, per queste ultime ipotesi, si precisa che �di tale continuazione pu� beneficiare(�) anche la societ� cessionaria o conferitaria d'azienda o di rami d'azienda cui i contratti siano trasferiti�, oltretutto provvedendosi pur sempre alla �cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni� (art.186-bis, 3�comma, in fine).

II. Nuovi doveri o mere opportunit� per gli organi societari?
Le disposizioni ora menzionate del Decreto Sviluppo, secondo i primi commentatori e la dichiarata volont� del legislatore, avrebbero modificato la stessa architettura delle regole di governance societaria.
II.1 . Gli amministratori, secondo il diritto societario, hanno come obbligo vincolante e sanzionabile quello di tutelare i creditori �maturati� (e iscritti come tali tra le passivit� di bilancio), salvaguardando il capitale.
Le principali norme di riferimento sono l'articolo 2741 e gli articoli 2446 e 2447 del codice civile (oltre all'art.217,1�comma, n.4 della Legge Fallimentare).
L'obbligo di perseguire l'interesse alla redditivit� aziendale e, di conseguenza, incrementare il valore delle azioni, rientra invece solo tra i doveri �fiduciari� verso i soci, ed � strettamente subordinato al primo, potendo comportare di regola solo la revoca da parte dei soci.
II.2 . Invece, il Decreto Sviluppo attenua i doveri di pagare i debiti anteriori, consentendo deroghe alla par condicio dei creditori (sulle quali vi intratterr� l'avv.Romano), e � sempre nello scopo dichiarato delle nuove norme - vorrebbe incrementare i doveri degli amministratori verso i soci e verso tutti gli altri interessati alla prosecuzione dell'attivit� (i cosiddetti stakeholders).
A tal fine, gli amministratori vengono incentivati, dalla stessa legislazione (e non solo dai consigli dei cultori di finanza aziendale) a rispettare le regole del buon governo societario:
- elaborare piani strategici e monitorarli;
- farsi assistere da esperti aziendalisti;
- valersi di indici di bilancio e di analisi del mercato;
- accertare non tanto la integrit� del capitale, quanto piuttosto la continuit� aziendale;
- individuare le possibili alternative ed i possibili scenari, tenuto conto della realt� economica e delle opportunit� offerte dal legislatore.
Il tradizionale divieto di operazioni palesemente irragionevoli, verrebbe ormai sostituito dall'obbligo di effettuare la scelta comparativamente pi� ragionevole, nell'ottica della continuit� aziendale e approfittando delle nuove forme di tutela.
Al punto che una norma di comportamento dei sindaci predisposta dal Consiglio Nazionale dei Commercialisti (norma 11.1, �Prevenzione ed emersione della crisi�) addirittura suggerisce che i sindaci, prospettandosi il venir meno della continuit� aziendale, esigano dagli amministratori il ricorso alle misure di tutela e composizione previste dalla normativa concorsuale (con ci�, peraltro, facendo intervenire l'organo di controllo in scelte gestionali che gli sono in realt� estranee !).
II.3 - Ho gi� espresso la convinzione che in realt� non esista ancora il dovere di tempestiva emersione della crisi n� il �dovere risanamento aziendale�.
La sensazione mia (e di altri commentatori) � che in realt� il legislatore, invece di promuovere un �circolo virtuoso� (lo �Sviluppo� di cui al Decreto omonimo) - e nell'incapacit� di farlo - abbia solo imitato lo struzzo, ponendo in essere un'operazione di mera facciata, nell'attesa che il ciclo economico generale, come � sempre storicamente avvenuto, prima o poi si inverta.
Di fatto, le nuove norme aiutano, piuttosto, gli imprenditori pi� spregiudicati (o disperati) a rinviare (peggiorandola) qualunque soluzione e solo in rari casi (non pi� del 10%, secondo le prime rilevazioni) vengono utilizzate per affrontare le situazioni di crisi effettivamente riversibili.
Quindi nuove opportunit� s�, per i debitori in crisi; ma non nuovi doveri, bensi semmai, per taluno, la �licenza di uccidere�, bloccando ad nutum le azioni dei creditori anche nelle situazioni di dissesto ormai avanzato e irrecuperabile.
E cos�, in concreto, solo nuovi rischi per la massa dei creditori, che rischia di essere sommersa da nuovi debiti in prededuzione (come � avvenuto per la Legge Prodi, in particolare nella sua versione originaria).
Ne deriva, al contempo, la reazione dei tribunali pi� rigorosi, che in realt� disapplicano gran parte della normativa.
Non riconoscono infatti, in concreto, la compatibilit� tra una domanda di pre-concordato ed un concordato in continuit�, con i relativi benefici (in quanto un vero pre-concordato dovrebbe essere effettivamente �in bianco�, mentre la continuit� aziendale dev'essere non solo dichiarata e accertata di fatto, ma al contempo � e non poi � oggetto di un piano analitico e di una esauriente attestazione).

III. L'affitto dell'azienda in crisi
Quale che ne debba essere il giudizio, la nuova normativa dall'11 settembre 2012 � in vigore, e bisogna affrontare i numerosi problemi che stanno emergendo nella sua concreta applicazione.
III.1 . Fra i tanti aspetti da chiarire, cito:
- quali siano i limiti dei poteri di controllo e autorizzazione del tribunale (che si pongono in conflitto con la regola secondo cui il tribunale non pu� interferire nel merito delle scelte gestionali, e deve cos� affidarsi all' �imbellettamento � operato dall' attestatore, oltretutto nominato dallo stesso debitore);
- se vi sia la necessit� di indicare, nella proposta, la percentuale offerta (parrebbe di s�, ma non � chiaro con quali sanzioni se non raggiunta);
- la delimitazione degli atti strumentali alla procedura esonerati da revocatoria o da trattare (e pagare) in prededuzione, anche in caso di fallimento, a loro volta da suddividere in atti normali, atti da far autorizzare dal tribunale o,poi, dal giudice delegato, e atti da coprire mediante l'attestazione del piano o da una specifica autonoma attestazione;
- gli effetti, nel successivo fallimento, di relazioni e attestazioni ab origine viziate (la cui contestabilit� potrebbe indurre il tribunale fallimentare ad escludere le conseguenti prededuzioni);
- la possibilit�,infine, di affitto ante o durante il concordato con opzione, prelazione o preliminare vincolante di acquisto da parte dell'affittuario.
Ed altri ancora.
III.2. Da parte mia, mi limiter� a richiamare alcuni problemi in tema di affitto d'azienda, mentre la collega avv. Romano accenner� ad altri temi.
Inutile ricordare che, al fine di mantenere in funzione un'azienda od un ramo in crisi, la modalit� pi� diffusa � quella di affittarla ad una societ� preesistente o di nuova costituzione: pacificamente, tale societ� pu� anche essere costituita dagli stessi soci della societ� per azioni od a responsabilit� limitata in crisi (che non hanno l' obbligo, per definizione di effettuare nuovi conferimenti).
Se ne veda la indiretta conferma, in ogni caso, nell'art.124, 1�comma, LF, a proposito del concordato fallimentare.
L'affittuario, con apposite clausole, si riserva di acquistare l'azienda al termine dell'affitto.

� La prima possibilit�, molto ricorrente, � che l'affitto venga stipulato in vista del concordato e poi incluso nel piano e successivo concordato: si tratta del cosiddetto �pacchetto preconfezionato�.
� Altra ipotesi � quella in cui l'affitto, collegato alla successiva vendita, venga formalizzato dopo la richiesta di concordato.

In sostanza, per entrambi i casi il problema � se si applichino necessariamente talune regole dell'affitto d'azienda nel fallimento (art.104-bis), che impongono specifiche autorizzazioni e procedure competitive per il nuovo affitto e la successiva vendita, e che limitano cos� le possibilit� di acquisto da parte dell'affittuario. Nel fallimento, pi� precisamente, il contratto potr� prevedere la prelazione per l'affittuario, ma non l'obbligo di vendita a suo favore (n� come preliminare bilaterale, n� come opzione per l'affittuario).

Oltre a ci� , in relazione alle regole specifiche del concordato, ci si chiede
� da un lato se, stipulato l'affitto prima della richiesta di concordato in bianco, possa poi non includere l'affitto nel piano e usufruire del regime generale di cui all'art.169-bis, che genericamente, per tutti i contratti pendenti, consente, con autorizzazione del Tribunale (o, poi, del Giudice Delegato)di sciogliersi liberamente, corrispondendo solo un indennizzo come normale debito concorsuale (come se l'affitto fosse stato sciolto per inadempimento prima del concordato) .

� D'altro lato, se, includendolo nel piano, il debitore o l'affittuario possano fruire delle opzioni concesse per il concordato in continuit�, gi� menzionate, o per il concordato in generale (come i finanziamenti ponte � in funzione, interinali o in esecuzione del concordato, prededucibili qualora l'affitto si risolva e l'affittante fallisca).

Il discorso poi, nella prospettiva delle scelte del debitore e dei suoi consulenti, e del potenziale affittuario che si voglia �prenotare� il futuro acquisto, � se sia pi� opportuno stipulare l'affitto e poi presentare la normale proposta o il pre-concordato o, all'opposto, presentare la proposta o la richiesta di pre-concordato e poi affittare (fermo restando che, in ogni caso, vanno esperite anche le normali procedure sindacali, se le dimensioni dell'azienda lo impongano).

III.2 � Per quanto riguarda la prima ipotesi (affitto anteriore al concordato), la risposta prevalente � che si applichi il (nuovo) regime normale dei contratti pendenti nel concordato, cio� l'art.169-bis, per cui il debitore affittante pu� chiedere al tribunale l'autorizzazione a sciogliersi (travolgendo con ci� qualunque clausola sulla futura vendita all'affittuario).

Qualora, tuttavia, l'affittante ritenga di mantenere in vita il contratto stipulato prima della richiesta di concordato in bianco, per includerlo poi nel piano, � dubbio se le tutte le sue clausole conservino efficacia.

Il dubbio riguarda,essenzialmente, la possibilit� per l'affittuario di pretendere l'acquisto ad un prezzo predeterminato (eventualmente anche in funzione di elementi variabili, ma oggettivi); ed eventualmente, se il limite di resistenza sia dato dal citato art.104-bis, che nel prevedere l'affitto d'azienda nel fallimento, ammette solo la prelazione dell'affittuario, e non un impegno o un'opzione a suo esclusivo favore, ad un prezzo predeterminato.

Non credo sia il caso di approfondire le diverse sfaccettature del tema.
Deve solo ricordarsi che il problema viene discusso identificandolo come ammissibilit� o meno del �pacchetto preconfezionato� e che in sintesi la risposta sia tendenzialmente negativa da parte del Tribunale di Milano (che al pi� consente che il piano contempli una mera prelazione a favore dell'affittuario), e positiva, con alcune cautele, da parte della dottrina e degli altri tribunali.

La prima tesi, restrittiva, argomenta che gli articoli in tema esecuzione del concordato in senso lato con cessione dei beni rinviano alla necessit� di procedure competitive (artt.182, 5�c.), e comunque ragioni di ordine pubblicistico impongono la scelta imperativa del massimo realizzo, ossia della vendita concorrenziale (T. Milano, 27 ottobre 2011, caso San Raffaele; Lamanna).
La seconda, ora prevalente, segnala che le regole di cui all'art.182 in tema di cessione dei beni devono intendersi come meramente suppletive e riferite ad una precisa tipologia (nomina di liquidatori, di comitato dei creditori), dovendo, ove chiaramente espressa, invece prevalere la volont� delle parti, data, in generale, la preclusione di controlli di merito da parte del tribunale e l'esplicita menzione legislativa della libert� delle parti (art.182, 1�c.: �se il concordato[�]non dispone diversamente�; art.160,1�c.: il piano di concordato pu� prevedere�la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma�) (Trib.Lodi,Stanghellini,Fabiani,Nigro-Vattermoli; parrebbe Cass.1345/2011,).

Quindi, in concreto, l'affittuario, se prende in affitto l'azienda prima del concordato, pu� far inserire una clausola che obblighi formalmente l'affittante a vendergli poi l'azienda: tuttavia l'effettivo acquisto potr� avvenire solo se il debitore inserisca il preliminare nel piano e la proposta sia approvata dai creditori e omologata.

Fermo restando che, se il debitore volesse liberarsi potrebbe sciogliersi dall'affitto come contratto pendente pagando solo un indennizzo come debito concorsuale.

Si deve segnalare che al contempo persistono dubbi sul fatto che ai creditori possa sottoporsi una proposta di concordato con un piano che riconosca addirittura al debitore la opzione per poter decidere lui l'acquisto ad un prezzo predeterminato.

Altra clausola contestata � quella che, nel riconoscere la prelazione, consenta all'affittuario di trasformare i canoni versati in un acconto sul prezzo (ovvero, in caso di mancato esercizio, in un credito verso la procedura e di fatto il diverso acquirente).

Diversamente, se l'affitto venga stipulato (o rinnovato) quando il concordato (o pre-concordato) � gi� stato richiesto, il contratto sar� sottoposto ab origine all'autorizzazione del tribunale o (formulata e ammessa la proposta) del giudice delegato, ai sensi dell'art.167, 2�comma, LF.
Con l'effetto che verr� meno la facolt� di scioglimento da parte del debitore, e saranno subito eliminati i dubbi sulle clausole discutibili.
Ma con il rischio che i tempi si allunghino o la �copertura� da parte del Tribunale venga rifiutata.

La conclusione � che, se non vi sono realisticamente possibilit� di offerte concorrenti, � meglio fare l'affitto prima del concordato e fruire comunque del vantaggio della immis- sione nella gestione aziendale.
Ma non far troppo conto della tenuta di clausole che garantiscano l'acquisto, e semmai stare attenti ad avere vie di fuga, tramite clausole di recesso o meglio condizioni risolutive che consentano di non perfezionare la vendita se la situazione si rivela peggiore del previsto.

III.3 - Ci si chiede infine, se l'affitto dell'azienda a terzi dia luogo ad un concordato in continuit�, e se a favore del debitore od eventualmente dell'affittuario possano operare i vantaggi del pre-concordato e quelli specifici del concordato in continuit�.
Le risposte sono per ora variegate e contraddittorie.

Ricordiamo, anzitutto, che l'art.160 e l'art.186-bis lasciano ampia libert� di cedere o conferire a terzi l'azienda in funzionamento, anche nel corso del concordato: ad esempio il conferimento in una societ� per poi attribuire ai creditori le relative azioni.
Oltre a ci�, l'affitto � regolamentato nell'ambito del fallimento, per cui non si comprende perch� mai non dovrebbe esser possibile nel concordato.
Pertanto, un piano che preveda l'affitto e la successiva vendita, e che, al fine di attestare la fattibilit� del piano, estenda le previsioni ed i futuri controlli alla gestione dell'affittuario, non � certo impossibile n� illecito (anche se l'ipotesi non � espressamente prevista).

Tuttavia, bisogna ricordare che, con l'affitto, l'affittante perde l'esercizio dell'azienda e la stessa qualit� di imprenditore (se non lo sia per altre ragioni): sar� cos� difficile, ad esempio, giustificare l' erogazione a suo favore di finanziamenti interinali prededucibili, quando l'attivit� che ne garantisce il rimborso e su cui si deve esprimere l'attestatore � svolta da altro imprenditore.
E, parimenti, autorizzare pagamenti preferenziali da parte dell'affittante per favorire rapporti contrattuali di cui profitta l'affittuario.

Il problema si pone in realt� anche per l'ipotesi di cessione o conferimento dell'azienda in funzionamento, che l'art.186-bis menziona espressamente tra le ipotesi di concordato in continuit�.
Quindi, la volont� del legislatore � chiaramente di includere tra i concordati con continuit� (indiretta) anche le ipotesi di gestione realizzata da terzi.

Tuttavia, la soluzione pare che tenda ad essere la medesima per tutte le ipotesi (affitto, conferimento, vendita): i vantaggi della normativa concorsuale, legati ad operazioni straordinarie e ad attestazioni speciali, vanno erogati e usufruiti solo a favore del debitore, e di regola solo prima della cessione a terzi dell'attivit� aziendale, e non dopo che l'affitto, cessione, conferimento si sono perfezionati.

In generale, nel concordato in continuit� la soddisfazione dei creditori viene realizzata tramite i risultati della futura attivit� aziendale del debitore, che non ferma l'operativit� della propria impresa ma ne continua la gestione in funzione della proposta avanzata e con l'alea dei futuri risultati (il modello di riferimento � sempre il concordato di ristrutturazione, o con continuit� diretta).

Quando invece i rischi e le utilit� dell'azienda siano trasferiti a terzi, i risultati dell'attivit� sono di competenza del terzo, qualora, come di regola avviene, il prezzo della vendita ed i canoni della locazione siano determinati in una misura fissa.

In tal caso, non vi pu� essere vero concordato in continuit� dopo che l'azienda sia affidata al nuovo imprenditore, ancorch� il piano di concordato debba considerare anche la sua gestione, sinch� condiziona il pagamento promesso ai creditori.

Al contrario, si potranno ipotizzare autorizzazioni speciali e i vantaggi connessi (per finanziamenti e pagamenti in prededuzione) se i canoni o il corrispettivo siano variabili, e collegati all'operativit� aziendale.

La soluzione dovrebbe valere anche nel caso di conferimento in una nuova societ� destinata ad essere controllata al 100% da quella in crisi, essendo in tal caso immediato il vantaggio derivante dai risultati

In conclusione, l'affitto d'azienda non � astrattamente escluso dal concordato in continuit�, ma lo stesso, cos� come la cessione od il conferimento in corso di concordato, espressamente menzionati, una volta che sia in corso, ben difficilmente consentir� di autorizzare finanziamenti interinali o autorizzare pagamenti di debiti pregressi che reggano alla prededuzione in caso di successivo fallimento.

Prof. Avv. Carlo Bruno VANETTI
Professore Associato nell'Universit� di Pavia
Email cvanetti@eco.unipv.it

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