Data: 31/03/2020 18:00:00 - Autore: VV AA

Distinzione tra reati propri e impropri

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La distinzione tra reati propri e impropri è particolarmente rilevante, perché, mentre i primi si configurano solo se il soggetto agente assume una particolare qualifica, i secondi possono essere integrati da chiunque.

Ad esempio, al fine di tutelare il buon andamento e l'imparzialità degli uffici pubblici, alcuni comportamenti assumono rilevanza penale solo ed esclusivamente se commessi da un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, mentre non costituiscono reato se commessi da un cittadino "comune". Pensiamo, a tale proposito, ai comportamenti puniti dagli articoli 314 e seguenti del codice civile, come il peculato, la concussione o la malversazione a danno dello Stato.

I reati propri

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Andando più nel dettaglio, il reato proprio è quello che è commesso solo da un soggetto titolare di una particolare qualità personale.

Oltre alle ipotesi di peculato, concussione e malversazione a danno dello Stato (che possono essere commessi solo dal pubblico ufficiale), pensiamo ad esempio anche all'infanticidio in condizioni di abbandono materiale o morale (che può essere commesso solo dalla madre della vittima).

Intraneo ed estraneo

Nell'ambito di un reato proprio, è possibile che con il soggetto attivo che assume la qualifica richiesta dalla norma concorra anche un soggetto che di tale qualifica è sprovvisto. In tal caso, il primo soggetto è detto intraneo, mentre l'altro è denominato estraneo.

Ma cosa accade quando l'estraneo non sia consapevole delle qualità soggettive dell'intraneo e abbia quindi contribuito casualmente alla realizzazione del fatto costitutivo?

La giurisprudenza maggioritaria ha parzialmente risolto tale problematica applicando l'art 117 c.p., in forza del quale "Se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti fra il colpevole e l'offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato. Nondimeno, se questo è più grave, il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire la pena".

Si tratta, tuttavia, di una norma che si applica solo in caso di reato proprio non esclusivo, che, in una sottoclassificazione del reato proprio, si contrappone al reato proprio esclusivo. Se ci si trova di fronte a quest'ultimo, ai fini della rilevanza penale del comportamento dell'estraneo occorre considerare se un uomo ragionevole, al suo posto, usando la diligenza, si poteva rendere conto che l'intraneo era in possesso di una determinata qualifica.

Reato proprio esclusivo e non esclusivo

In particolare, il reato proprio esclusivo è quello che assume rilevanza esclusivamente se è l'intraneo a commetterlo, ovverosia se la condotta è posta in essere da un soggetto che possiede una determinata qualifica. Se a commetterlo è chi tale qualifica non possiede, non si è di fronte a un illecito penale.

Il reato proprio non esclusivo, invece, si ha quando l'illecito penale è integrato a prescindere da chi sia il suo autore. Il possesso o meno della qualifica determina solo il mutamento del nomen iuris. Ad esempio, chi si appropria di una cosa mobile altrui di cui ha il possesso commette appropriazione indebita, se si tratta di un privato, o peculato, se si tratta di un pubblico ufficiale.

I reati comuni (o impropri)

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Al reato proprio, come visto, si contrappone il reato comune, da alcuni definito anche come reato improprio.

Si tratta di una categoria residuale, in quanto è comune ogni reato per la cui configurazione non è necessario il possesso di una particolare qualifica soggettiva, di una condizione, di uno status, di una qualità personale e così via.

Sono reati comuni la stragrande maggioranza dei reati contemplati dal nostro ordinamento penale. Per semplificare (e fatte salve limitate eccezioni), sono tali i reati la cui norma incriminatrice si apre con "Chiunque...".

Federica Abbattista


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