Data: 06/06/2013 09:00:00 - Autore: L.S.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14010 del 4 giugno 2013, ha affermato che " il risarcimento del danno (fatto salvo il limite delle cinque mensilit� di cui all'art. 18 L. n. 300/70), potrebbe essere ridotto solo nel caso in cui il lavoratore abbia colpevolmente rifiutato una occupazione analoga alla precedente e non gi�, come evidenziato incontestatamente dalla Corte di merito e dalla controricorrente, allorquando il rifiuto sia giustificato dalle deteriori condizioni di lavoro (anche quanto all'orario di lavoro complessivo) proposte nella specie dalla societ� subentrante.".

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di una societ� datrice di lavoro avverso la sentenza con cui i giudici di merito dichiaravano inefficace il licenziamento della lavoratrice con ordine di reintegrazione nel posto di lavoro e le ulteriori conseguenze di cui all'art. 18 L. n. 300/70, escludendo che il licenziamento fosse stato accettato dalia lavoratrice per facta concfudentia, come dedotto dalla societ�; che la lavoratrice avrebbe accettato l'assunzione presso la societ� subentrante nell'appalto per avervi lavorato un solo giorno; che nella fattispecie si fosse verificato un trasferimento di azienda; che il danno accertato dal primo giudice avrebbe dovuto essere ridotto ex art. 1227 codice civile.

Infondato - secondo i giudici di legittimit� - il motivo di ricorso della societ� che sosteneva come la lavoratrice non solo non avrebbe avuto diritto ad alcuna reintegra nel posto di lavoro, ormai insussistente, presso la societ� originaria, ma non avrebbe neppure potuto ottenere, dopo circa sei anni di colpevole inerzia, il diritto al risarcimento dei danni (pari a tutte le retribuzioni e contributi previdenziali in tesi perduti) dalla societ� ricorrente; infatti, ove ritenuto sussistente un licenziamento illegittimo, la reintegra e la connessa misura risarcitoria sono determinate direttamente dalla legge, sicch� spetta al datore di lavoro debitore l'allegazione e prova della colpevole inerzia della lavoratrice, ovvero l'esistenza di un aliunde perceptum.

La Suprema Corte ha altres� precisato che "ove il contratto collettivo preveda, per l'ipotesi di cessazione dell'appalto cui sono adibiti i dipendenti, un sistema di procedure idonee a consentire l'assunzione degli stessi, con passaggio diretto e immediato, alle dipendenze dell'impresa subentrante, a seguito della cessazione del rapporto instaurato con l'originario datore di lavoro e mediante la costituzione "ex novo" di un rapporto di lavoro con un diverso soggetto, detta tutela non esclude, ma si aggiunge, a quella apprestata a favore del lavoratore nel confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento, con i limiti posti dalla legge all'esercizio del suo potere di recesso, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della continuit� giuridica del rapporto originario. N� la scelta effettuata per la costituzione di un nuovo rapporto implica, di per s�, rinuncia all'impugnazione dell'atto di recesso, dovendosi escludere che si possa desumere la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento o l'acquiscenza al medesimo dal reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva, non rivelandosi, in tale scelta, in maniera univoca, ancorch� implicita, la sicura intenzione del lavoratore di accettare l'atto risolutivo."


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