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Data: 04/07/2013 14:20:00 - Autore: Gilda Summaria L' azione revocatoria ordinaria, disciplinata dagli artt. 2901 e ss. C.C., è ad oggi uno dei mezzi principali, messi a disposizione del creditore dall'ordinamento giuridico, per la conservazione della garanzia patrimoniale generica sui beni del debitore (ex art. . 2740 c.c.) Essa, per orientamento costante degli ermellini, ha finalità cautelare e meramente conservativa del diritto di credito e non recuperatoria, essendo diretta a conservare e/o ricostruire nella sua integrità, la consistenza patrimoniale del debitore, dallo stesso depauperata con un atto dispositivo (Cass. n. 7172/2001, Cass. n. 1804/2000). Il bene pertanto non torna nel patrimonio del debitore, l'atto conserva la sua validità formale ma il bene resta soggetto all'aggressione da parte del solo creditore che agisce in revocatoria, nella misura sufficiente e necessaria a soddisfare le sue ragioni di credito. Coerentemente con tale sua unica funzione, l'azione anche se esperita vittoriosamente non è comunque volta a travolgere l'atto di disposizione, ma determina semplicemente l'inefficacia dello stesso nei confronti del procedente, per consentirgli il fruttuoso esperimento della successiva azione esecutiva, atta alla realizzazione concreta delle sue ragioni di credito (ex. 2902 c.c.). L' Azione revocatoria ordinaria pertanto, non può essere esperita dall'assegnatario della casa coniugale, per inibire la consegna dell' immobile agli aventi causa dal coniuge/venditore proprietario ( Cass. civ. n. 5455/2003), oppure dal promissario acquirente, per acquistare dopo l'esperimento fruttuoso dell'azione ex 2932 c.c., la proprietà della cosa stessa alienata a terzi. (Cass. n.7127/2000 e Cass. n.791/2000). Di contro anche un bene in comunione, qualora formi oggetto di un atto di disposizione, potrà dar luogo, ricorrendone le condizioni, all'esperimento dell'azione revocatoria limitatamente alla quota parte spettante al debitore, senza che ricorra rispetto agli altri comunisti, un'ipotesi di litisconsorzio necessario ( Cass. civ. sez. I, n.1804/2000) . Bisogna premettere che non è necessaria la situazione di insolvenza del debitore, è sufficiente solo che l'atto di disposizione posto in essere, produca pericolo o incertezza per la realizzazione del diritto del creditore, in termini di una possibile o eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva. Per quanto riguarda le condizioni che necessariamente devono sussistere per l'esperibilità dell'azione, “in primis” deve sussistere un valido rapporto di credito, tra il creditore che agisce in revocatoria ed il debitore disponente, un elemento oggettivo cioè il danno effettivo (c.d. eventus damni) , inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell'atto traslativo, esso ricorre non soltanto quando l'atto di disposizione determini la perdita della garanzia patrimoniale del creditore, ma anche quando tale atto comporti una maggiore difficoltà ed incertezza nella riscossione del credito e può consistere in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore ma anche ad una variazione qualitativa dello stesso, che rende più difficile la soddisfazione del creditore stesso (Cass. Civ. n. 2792/2002; Cass. Civ. n.4578/1998). Un'altra condizione necessaria per l'azionabilità dell'azione revocatoria ordinaria consiste in un elemento soggettivo (c.d. scientia damni) , la ricorrenza in capo al debitore ed eventualmente in capo al terzo (per atti a titolo oneroso), della consapevolezza che, con l'atto di disposizione, il debitore diminuisca la consistenza della garanzia patrimoniale o, circa un atto anteriore al sorgere del credito, lo stesso fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento” ( Cass.Civ. sez.III, n. 3546/2004). . Per la Cassazione “allorché l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, è necessaria e sufficiente la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, essendo l'elemento soggettivo integrato dalla semplice conoscenza – a cui va equiparata la agevole conoscibilità nel debitore di tale pregiudizio, a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l'azione, e senza che assumano rilevanza l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore né la partecipazione o la conoscenza da parte del terzo (c.d. consilium fraudis), in ordine alla intenzione fraudolenta. Occorre quindi fare un distinguo circa i presupposti dell'azione. . Per atti compiuti anteriormente al sorgere del credito, il creditore ha l'onere di dimostrare che l'attuale debitore, alla data della sua stipulazione, era intenzionato a contrarre debiti (o comunque era consapevole del fatto che in futuro sarebbe sorta l'obbligazione) ed ha compiuto l'atto dispositivo proprio in funzione del sorgere della futura obbligazione, allo scopo di precludere o rendere più difficile al creditore la riscossione del credito. Per gli atti compiuti posteriormente al sorgere del credito, la consapevolezza dell'evento dannoso da parte del terzo contraente, consiste nella generica conoscenza del pregiudizio che l'atto a titolo oneroso posto in essere dal debitore può arrecare alle ragioni dei creditori, non essendo necessaria la collusione tra il terzo ed il debitore. (Cass. Civ. n.1068/2007; Cass. Civ. n. 10430/2005). Per concludere, circa il riferimento temporale, è il momento in cui il credito sorge, non quello in cui lo stesso viene accertato giudizialmente. |
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