Data: 19/07/2013 11:30:00 - Autore: Law In Action - di P. Storani
di Paolo M. Storani - (PRIMA PARTE) In questi giorni mi è stato richiesto di esprimere un parere pro veritate su di una specifica problematica che lambisce il contenuto delle noterelle che seguono; per correttezza e serietà nei riguardi di coloro che mi hanno investito di tale compito riconoscendomi un'autorevolezza che non ho, non anticiperò il mio orientamento sul tema di nicchia che mi hanno con benevolenza devoluto i contendenti: un Collega avvocato patrono dell'attore e la Compagnia assicurativa; mi limiterò soltanto a prendere spunto da ciò: ragionare a voce alta nel virtuale mondo del web aiuta a formarsi il convincimento preferibile.
Nella pratica quotidiana dei tribunali civili italiani si verifica spesso l'ipotesi in cui il giudice istruttore pone provvisoriamente a carico di una sola parte processuale l'onere dell'anticipazione delle spese di consulenza.
In primo luogo, il provvedimento non sarà impugnabile perché ha veste discrezionale: si verte in tema di un'ordinanza provvisoria (endiadi che alle orecchie di qualche giurista potrebbe suonare ripetitiva e scontata: l'ordinanza solitamente è revocabile e modificabile); di solito, il magistrato, togato (Tribunale, a meno che il giudizio non sia stato affidato ad un Got, o Corte d'Appello) od onorario (Giudice di Pace), carica sulle spalle della parte che ha il principale interesse allo svolgimento della CTU.
In realtà, ma questo vedremo in dettaglio in un successivo intervento se i miei venticinque lettori di manzoniana memoria avranno trovato d'interesse il presente brano d'approccio all'argomento, il principio fondamentale che ispira il settore è il senso della solidarietà: questo principio avvantaggia, se così si vuol dire, colui (o coloro in caso di consulenza collegiale) che ricopre le funzioni di ausiliare o del giudice monocratico o della corte dal momento che il CTU ha maggiori chances di vedersi corrisposto il compenso finale; in altre parole, il Ctu sarà soddisfatto nel credito che andrà a maturare per l'opera svolta.
Qual è, infatti, il fulcro attorno a cui ruota l'ammissione della CTU e lo svolgimento delle operazioni peritali?
Tale fulcro è l'interesse comune delle parti del giudizio nel corso del quale è resa la CTU.
Talché, tendenzialmente l'obbligazione creditoria nascente a favore del Ctu dovrebbe gravare su tutti i protagonisti della causa in solido fra loro, anche prescindendo dalla soccombenza.
Ma, come vedremo nei prossimi giorni, sono vari i distinguo da fare: si sa che nell'Italia giuridica nulla è lineare e scontato (qualche sprovveduto opina che gli avvocati di ciò si beino; in verità, l'opinabilità è una dannazione che preclude al cittadino la prevedibilità delle decisioni giudiziali e i tribunali si riempiono di speciosità).
Si accennava alla non impugnabilità del provvedimento che decide sull'anticipazione delle spese.
Tale concetto basilare non va confuso con quel che avverrà poi, al termine del sub-procedimento che condurrà al deposito della (quasi sempre scritta) relazione di consulenza tecnica, momento ove ovviamente il provvedimento sarà opponibile.
Catalogata nei repertori di giurisprudenza alla voce "spese giudiziali civili - controversie sulle pronunce in materia di spese in genere", l'ordinanza emanata da Cass., Sez. VI Civ., Sottosez. 2, 11 gennaio 2012, n. 179, Pres. Francesco Felicetti, opera della penna dell'Estensore Luigi Piccialli, ci aiuta in questo avvio: "è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., contro l'ordinanza del presidente del tribunale che rigetta l'opposizione avverso il provvedimento con cui, nel corso del giudizio civile di merito, il giudice ponga a carico di una sola parte l'onere di anticipare le spese della consulenza tecnica d'ufficio, costituendo tale decisione un provvedimento ordinatorio discrezionale e provvisorio, che non pregiudica il diritto di azione ed è conforme ai principi regolatori del processo civile, per i quali le spese dei mezzi istruttori vanno anticipate, salvo il loro recupero ex art. 91 c.p.c. dalle parti istanti, anche se delle relative risultanze possono avvalersi pure le altre".
Il regolamento è quindi provvisorio e la risoluzione della questione del carico di spese ed acconti, oltre che del compenso definitivo, sarà disciplinata dalla sentenza conclusiva del processo civile.
Il Supremo Collegio, che giudicava in ordine ad un ricorso ex art. 111 Costituzione contro un'ordinanza emessa dal Presidente facente funzioni del Tribunale di La Spezia, richiama (per errore di numerazione?) anche Cass. 8554/1990 a sostegno dell'insuperato principio, ma non ci pare che quella pronuncia, relativa al concetto di funzione meramente sussidiaria della presunzione di pari colpa dei conducenti di veicoli a mente dell'art. 2054, capoverso, c.c., abbia attinenza con il tema d'indagine. Per contro, il riferimento a Cass., Sez. I Civ., 15 marzo 1984, n. 1753 è più pertinente in quanto la massima sottolinea che nel giudizio di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione dei compensi al consulente tecnico, non possono essere dedotte questioni circa la utilità o meno della disposta consulenza o circa la legittimità dell'inclusione, fra le spese dichiarate compensate con la successiva sentenza, di quelle inerenti alla consulenza tecnica, trattandosi di questioni che investono la decisione, contenuta nella sentenza, da farsi valere esclusivamente con l'eventuale impugnazione della stessa.
La prospettiva da cui muoviamo è sempre quella della ricerca dei soggetti obbligati al pagamento.
Se l'argomento incontrerà un certo favore fra gli addetti ai lavori (che, in primo luogo, sono i consulenti tecnici!), proseguirò nell'esposizione nei prossimi giorni.
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