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Data: 24/07/2013 00:10:00 - Autore: Emanuele Mascolo Dott. Emanuele Mascolo Il 19 luglio 2013, il Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3939, si è pronunciato circa i limiti entro cui una tettoia può ritenersi un manufatto pertinenziale ai fini del calcolo dell'oblazione. Quando una tettoia sia di consistenza oggettivamente notevole, e quindi tale ex se da alterare in modo significativo l'assetto del territorio, essa, quand'anche si trovi in rapporto con altro bene (c.d. principale), e sia in potenza facilmente smontabile, si sottrae per ciò stesso ad una definizione in termini di pertinenza, e reclama invece il rilascio di un apposito e adeguato titolo concessorio (Sez. IV, 7 luglio 2008, n. 3379; 29 aprile 2011, n. 2549; Sez. II, parere 5 febbraio 1997, n. 336; Sez. V, 9 settembre 1982, n. 666). Ne consegue che in tale ipotesi, ai fini del condono edilizio, la tettoia non può ricondursi nella tipologia n. 7 della tabella allegata alla legge n. 47 del 1985 (opere non valutabili in termini di superficie o volume) e non può pertanto essere assoggettata per l'oblazione ad un importo forfetario; né può ritenersi immune da oneri concessori, soggiacendo invece regime ordinario di cui alla tipologia n. 1 della tabella allegata alla legge n. 47/1985. Il Consiglio di Stato, ha osservato " che le dimensioni della tettoia in discussione, lungi dal poter essere definite "modeste", sono decisamente notevoli: la sua superficie misura infatti ben mq 231. Per quanto precede, diversamente da quanto deciso dal primo Giudice la tettoia non poteva dirsi sottoposta ad oblazione in misura forfetaria, ma soggiaceva al regime ordinario di cui alla tipologia n. 1 della tabella allegata alla legge n. 47, come ritenuto dall'Amministrazione." Il Cons. di Stato, per spiegare la sua decisione, compie il seguente percorso normativo: " punto di partenza della ricognizione normativa da compiere chiama in causa l'art. 5, comma 1, lett. c), della legge n. 10 del 1977. Questo, nel porre le basi della disciplina generale degli oneri di urbanizzazione, stabilisce che le relative tabelle parametriche regionali devono essere commisurate "alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti". E siffatta indicazione legislativa statale è stata puntualmente recepita dal legislatore regionale pugliese con la L.R. n. 6/1979 (il cui art. 20, come sostituito dalla successiva L.R. n. 66/1979, richiama appunto i Comuni a determinare "i costi di urbanizzazione per le varie zone del territorio comunale, sulla base delle tabelle B) ed H) della presente legge"). Con specifico riguardo al condono edilizio va ricordato che l'art. 37 della legge statale n. 47 del 1985, dopo avere puntualizzato che il versamento dell'oblazione non esime dalla corresponsione del contributo previsto dall'art. 3 della legge n. 10 del 1977 per il rilascio della concessione, ammetteva già allora la possibilità per le Regioni di modificare, ai fini della sanatoria, le norme di attuazione della legge medesima, commisurando il contributo di concessione, tra l'altro, alla destinazione d'uso della singola costruzione, con il limite che la nuova misura non fosse inferiore al 50 % dell'ammontare che sarebbe scaturito dalle disposizioni già vigenti. In proposito poi è intervenuta, sempre a livello nazionale, l'analoga previsione dell'art. 39, comma 13, della legge n. 724 del 1994, come integrato dalla legge 23 dicembre 1996 n. 662. La norma, peraltro, si è limitata a stabilire, giusta quanto già previsto dall'art. 37 della legge n. 47/1985, che le Regioni possano modificare le loro norme di attuazione della legge n. 10 del 1977, e commisurare senz'altro il contributo di concessione alla destinazione d'uso delle costruzioni: ciò, però, entro il termine perentorio di 90 giorni, decorsi i quali si applicano le norme già vigenti. Orbene, come deduce l'Amministrazione appellante, il legislatore regionale non si è avvalso della specifica previsione appena detta. Invero la L.R. n. 14 del 1997, con il suo art. 1, si limita a stabilire –per quanto qui rileva- che "il contributo per opere di urbanizzazione primaria e secondaria per il rilascio della concessione in sanatoria è pari a quello determinato dal Comune in base alle leggi regionali 12 febbraio 1979, n. 6, e 31 ottobre 1979, n. 66". Vale a dire che tale legge si richiama semplicemente alle norme regionali generali della materia (come del resto già faceva la L.R. n. 26/1985, all'art. 9, a fronte della simile facoltà accordata dall'art. 37 della legge n. 47 del 1985), regole le quali sono appunto calibrate sulla considerazione delle singole destinazioni di zona. Per quanto precede, si rivela priva di fondamento di diritto positivo la tesi dell'attuale appellata per cui nella determinazione dei contributi in discorso dovrebbe reputarsi di rilevanza esclusiva la destinazione d'uso dell'immobile abusivo. Del resto, anche nelle ipotesi di non coincidenza tra la destinazione propria del singolo intervento abusivo e quella, invece, della zona in cui lo stesso è stato realizzato, resta il fatto che il fabbricato abusivo deve pur sempre fare i conti con lo stato di urbanizzazione della zona nella quale è stato (per libera scelta) edificato: è quindi pienamente ragionevole che il sacrificio richiesto all'interessato sia parametrato ai costi di urbanizzazione della zona medesima. Correlativamente, è logico che una medesima opera, ancorché abusiva, sia chiamata a contribuire in modo diverso a seconda della zona in cui ricade, differente essendo la dotazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria delle varie zone. Questa Sezione, d'altra parte, proprio con riferimento alla specifica situazione della Regione Puglia ha recentemente già adottato l'impostazione qui patrocinata dall'appellante (Sez. V, 26 marzo 2009, n. 1804), osservando quanto segue. La norma sancita dall'art. 5, co.1, lett. c), l. n. 10 del 28 gennaio 1977 – applicabile ratione temporis e confluita successivamente nell'art. 16, co. 4, lett.c), t.u. edilizia (d.lgs. n. 380 del 6 giugno 2001) – nell'individuare gli elementi che l'amministrazione comunale deve prendere in considerazione per determinare gli oneri di urbanizzazione, inter alios, si riferisce."
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