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Data: 31/07/2013 10:30:00 - Autore: Carmelo Cataldi di Carmelo Cataldi -
Sommario: 1. Il Cerimoniale e il Galateo. 2. Il Cerimoniale di Stato nell'Ordinamento Italiano. 2.1. Il DPCM del 14 aprile 2006. 2.2. Le precedenze. 2.3. La rappresentanza. 2.4. Lo scambio di visite. 3. Il Cerimoniale Diplomatico. 4. Il Cerimoniale Militare. 5. Il Cerimoniale Marittimo. 6. L'Ordinamento Pontificio e il Cerimoniale Ecclesiastico. 7. Il Cerimoniale Cavalleresco e Nobiliare. 1. Il Cerimoniale e il Galateo L'uomo, sin da tempi remoti, ha avuto necessità di uniformare i propri comportamenti esteriori, sia nel privato che nel pubblico, attraverso ritualità di convenienza, che poi nel privato si sono consolidate in quello che comunemente si definisce galateo, sinonimo di buona creanza, bon ton, etc. e nel pubblico come cerimoniale. Infatti, mentre per galateo[1] da metà del XVI secolo ormai s'intende quell'insieme di norme di buona educazione e le aspettative di un comportamento sociale consono alle occasioni di natura privata, per cerimoniale oggi s'intende genericamente l'insieme di regole e usi consuetudinari che si applicano durante lo svolgimento di cerimonie pubbliche e private a cui intervengono membri delle istituzioni. Occorre dunque tener presente che mentre il galateo afferisce il comportamento della persona, intesa come individuo nella sua vita di relazione, il cerimoniale si occupa della partecipazione del personaggio pubblico, inteso come detentore di una carica pubblica, nella vita di rappresentanza.[2] Il tipo di cerimoniale per eccellenza e che per definizione può essere considerato tale, è quello che attiene alle relazioni e all'attività delle istituzioni statali nazionali, cioè quelle in cui si esternalizza una formale vita "sociale" dello Stato, come materializzazione della propria sovranità statuale. Il cerimoniale, inteso in questo senso, cioè come manifestazione di un soggetto (il soggetto per eccellenza) pubblico, ha un proprio complesso linguaggio simbolico fatto di ritualità, di segni, di espressioni e formule, attraverso il quale concretizza la sua potestà statale. Nel caso specifico il cerimoniale e in particolar modo quello di Stato, ha una sua speciale natura "giuridica" e promana dal proprio ordinamento giuridico-costituzionale, prima che dagli usi e costumi dei tempi andati. Infatti, seppur una dottrina contemporanea assume come originaria la fonte filosofica della morale e del diritto naturale, non possiamo non rilevare che il cerimoniale con la C maiuscola, come lo vogliamo intendere oggi, è figlio, alla fine, di quello che è stato il prodotto di più di tre secoli di attività diplomatica perchè appunto è dal così detto Cerimoniale Diplomatico[3], che fissa le procedure protocollari internazionali, tra cui, ad esempio, i rapporti tra i rappresentanti diplomatici e gli Stati ospitanti e le modalità per la presentazione delle credenziali da parte dei capi-missione e la cui forza giuridica vigente promana dalla Convenzione sulle relazioni diplomatiche di Vienna del 1961, che tra effettivamente origine quello di Stato. Se oggi si può fare una netta distinzione tra il Cerimoniale di Stato con quello diplomatico ed ancora con quello ecclesiastico, di cui diremo più avanti, nel passato, possiamo serenamente affermare, che questa formale tricotomia non esisteva o quantomeno non si presentava distintamente come oggi. Era così infatti durante l'impero di Carlo Magno in cui Cerimoniale di Stato, Religioso e Diplomatico si confondevano nei vari istituti di cui erano formati raggiungendo in alcuni casi delle forme preponderanti dell'uno sull'altro. Fu solo attraverso la formazione degli Stati e soprattutto dell'imporsi del Sacro Romano Impero e successivamente del principio cuius regio eius religio[4], che qualche secolo più tardi, il cerimoniale, in senso generale del termine, si riformulò nelle specie di cui oggi abbiamo conoscenza. Bisogna appunto tener conto che il cerimoniale religioso è, rispetto a quello statuale, ben più antico in quanto rimonta sicuramente al IV secolo d.c. anche se si hanno notizie certe della sua esistenza solo attraverso i così detti "Ordines Romani"[5] la cui origine risale all'VIII secolo d.c. e che, fuor da ogni dubbio, risulta quello che è stato codificato per primo, se si tiene conto che già nel 1600 Papa Clemente VIII, dopo il Concilio di Trento, pubblicò il Liber Caerimoniarum ritualis. Ma fu proprio dunque con il Trattato di Westfalia che per la prima volta si introdussero forme codificate protocollari finalizzate a trovare un bilanciamento delle proprie sostanziali posizioni statuarie con cui le autorità esternavano la loro sovranità e solo successivamente, attraverso una costante epurazione di elementi religiosi, a favore di quelli laici e grazie ai cerimoniali di Stati nazionali, estranei alla tradizione mitteleuropea, che nel XIX secolo il Cerimoniale di Stato assunse forme più snelle e consone alla propria funzione. Oggi giorno il cerimoniale, soprattutto negli Stati repubblicani, è limitato alla disciplina dell'ordine delle precedenze nelle pubbliche funzioni ed alla rappresentanza, quale ad esempio quella necessaria all'atto di assumere e lasciare la una carica attraverso uno scambio di visite di cortesia. Ma il cerimoniale non è solo quello di Stato, perchè la dottrina nei secoli ha permesso il prodursi di altri cerimoniali che hanno la medesima funzione e la propria ufficialità, quali ad esempio quello marittimo, quello militare e recentissimamente quello sportivo. Basta ricordare cosa accade ogni quattro anni all'inizio delle Olimpiadi o quello che si sta concretizzando negli usi e consuetudini ad ogni inizio di incontro di calcio, attraverso l'esecuzione degli inni nazionali (per quegli incontri di livello internazionale), lo scambio di gagliardetti ad opera dei capitani delle rispettive squadre, o alla fine con il dono della propria maglia al corrispettivo calciatore della squadra avversaria. Naturalmente quello più tradizionale è quello marittimo, in considerazione della originaria necessità dello scambio di onori tra le navi e gli stessi comandanti e in occasione di visite di questi a terra, sia in patria che nelle nazioni che visitavano. Questa tradizione protocollare marittima si ritrova ancora oggi nelle classiche salve di cannone[6] che si eseguono in occasione dell'elezione di un nuovo Presidente o l'incoronazione di un nuovo regnante. Per finire possiamo affermare che per cerimoniale si deve intendere l'insieme delle regole, scritte o consuetudinarie, che presiedono lo svolgersi d'un atto solenne d'importanza pubblica, avente carattere civile o religioso, mentre il protocollo, è la regola, ovvero ciò che rende comprensibile, accettato e applicabile il linguaggio del cerimoniale. Il protocollo, istituto, di natura sociale ma anche giuridica, disciplina, tutt'oggi, la vita di relazione pubblica (sul piano nazionale ed internazionale) e privata e rende qualsiasi manifestazione armoniosa e ordinata nel tempo. Un esempio perfetto di cosa s'intende dunque per cerimoniale è quello previsto in occasioni di esequie di Stato regolamentate dalla legge 7 febbraio 1987, n. 36, recante "Disciplina delle esequie di Stato" e dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 18 dicembre 2002, n. UCE/3.3.13/1/5654 sulle esequie di Stato, il cui coordinamento è assicurato dal Dipartimento del Cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
2. Il Cerimioniale di Stato nell'Ordinamento Italiano. Tralasciando il periodo sabaudo e tutto quello antecedente alla riunificazione dello Stato Italiano, bisogna ricollegarsi al R. D. n. 4349 del 19 aprile 1868 e che recava l'Ordine per le precedenze fra le varie cariche e dignità a Corte e nelle funzioni pubbliche, per avere cognizione di una prima normativa sul Cerimoniale di Stato e le precedenze previste. La strutura dello Stato, così come concepita attraverso il predetto R. D. prevedeva cariche e dignità suddivise in 14 categorie[7] e 94 classi per 130 posizioni circa, da cui erano esclusi il Re ed i membri della Famiglia Reale, mentre i cardinali precedevano i cavalieri dell'Ordine della Santissima Annunziata, gli arcivescovi seguivano i funzionari della quinta categoria e i vescovi quelli della sesta. Una sostanziosa riforma delle precedenze e in considerazione del mutato scenario politico italiano, fu quella del 1927, voluta da Vittorio Emanuele III che, riallacciandosi alla tradizione militare e statuaria sabauda, emanò il R. D. del 16 dicembre 1927 n. 2210[8] quello sull'Ordine delle precedenze a corte e nelle funzioni pubbliche. In questo caso si aveva una più ricca suddivisone delle cariche e delle dignità che costituivano la struttura stessa dello Stato monarchico nel 1927. Esse erano raggruppate in 13 categorie e ben 201 classi, con oltre 400 posizioni che andavano dal Capo del Governo ai vice Segretari delle carceri e riformatori, fino ai Medici assistenti dei manicomi giudiziari. Come nel R. D. del 1868 nell'elenco non erano compresi né il Re né i membri della Famiglia Reale, mentre alle prime 4 categorie competeva il titolo di eccellenza. Questo decreto, come il precedente, ebbe numerose modifiche e integrazioni che continuarono fino al 1944 ed il cui prodotto finale si trova alla nota n. 7. Dopo il secondo conflitto mondiale e con l'avvento della Repubblica si rese necessario creare un nuovo strumento protocollare che fu così realizzato nel 1950 da Alcide De Gasperi in qualità di Presidente del Consiglio. Praticamente l'opera di De Gasperi fu un'opera di restyling del precedente Regio Decreto del 1927, che peraltro era stato nel tempo rielaborato e integrato e per cui già si presentava abbastanza aderente alle necessità protocollari dello Stato di allora. Pertanto egli mantenne, per quanto compatibili con l'attuale assetto dello Stato repubblicano, le previsioni del R. D. 2210/1927 integrandole con quelle della sua Circolare n. 92019/12840-16 del 26 dicembre 1950, alla cui stesura presero parte gli Uffici di Presidenza della Camera e del Senato. Le alte cariche, secondo la Circolare del 1950, venivano suddivise in quattro categorie in forza della loro importanza pubblica e sociale. Alla prima categoria appartenevano, in ordine di precedenza, i Presidenti delle due Camere, a loro volta in ordine di anzianità anagrafica, il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Corte Costituzionale, senza alcuna suddivisione. Diveramente le successive tre categorie (la II, III e IV) erano suddivise in classi, questo introduceva la considerazione che esisteva, dunque, un rango inteso come l'appartenenza alla categoria ed alla classe, una posizione di precedenza intesa come collocazione nella categoria e nella classe ed una successione nelle posizioni che andava a individuare l'ordine delle precedenze, attribuito secondo la funzione delle persone indicate nella medesima circolare. Un aspetto istituzionale dello Stato così importante non poteva però avere un approccio così limitato e circoscritto alle più alte cariche pubbliche, tanto è vero che si era venuta a creare una situazione di incertezza sul rango e la posizione di personalità pubbliche di alto spessore[9], limite questo, che associato all'evoluzione dei tempi ed alla nascita in Italia di nuove istituzioni, cariche e relative fuinzioni, determinò l'esigenza di voler regolamentare una volta per tutte la materia attraverso un testo unico.
2.1. Il DPCM del 14 aprile 2006. Fu propio con il decreto della P.C.M. del 14 aprile 2006 (G.U. n. 174 del 28 luglio 2006), le "Disposizioni generali in materia di cerimoniale e di precedenza tra le cariche pubbliche"[10] che si pose rimedio a quanto di contraddittorio e semplicisticamente era stato operato dalla Circolare del 1950. Tra le finalità preposte al decreto del 2006 vi è stata innanzitutto la necessità di conformare il Cerimoniale di Stato all'evoluzione dei tempi ma sopratutto all'ordinamento giuridico e dunque costituzionale, considerati gli eventi e le modifiche istituzionali successive al 1950. Oltre quanto detto, con il decreto del 2006, si è voluto garantire, in una situazione contestuale in cui le relazione fra enti pubblici sia a livello nazionale, internazionale e locale si sono decuplicate, l'esatta e corretta applicazione delle regole da parte degli organi pubblici. Pe la redazione del decreto, sin dal 2002, fu interessata una commissione di studio formata da rappresentanti degli organi istituzionali, ma soprattutto costituzionali, che concentrarono la loro attenzione, diversamente da quanto realizzato dai predecessori con la circolare De Gasperi e che posero maggior riguardo alle precedenze a livello nazionale, sulla disciplina delle prescrizioni protocollari, nella sua generalità e onnicomprensività, andando così a regolare ogni tipo di cerimonia, da quelle specificatamente volute dallo Stato a quelle degli enti locali e di ogni altra autorità pubblica, fino a quelle private in cui è previsto l'intervento delle predette autorità pubbliche. Proprio in tal senso è stato stabilito, per esempio, che la precedenza tra i Comuni, rileva in funzione dell'individuzione di quelli che hanno sede di capoluoghi di Regione e di Provincia mentre quella fra le Province è data dall'ordine alfabetico, con l'attribuzione di precedenza a quelle capoluogo di Regione, e quella fra Regioni è determinata dalla data della loro costituzione[11]. Con questo decreto finalmente si chiariscono defintivamente i ruoli dei vari enti e il rango e la posizione, negli eventi pubblici, dei rispettivi rappresentanti. Si permette così, agli addetti ai lavori, che finalmente si trovano ad operare sulla base di regole scritte ed inequivocabili, di escludere la possibilità di errori nell'esplicazione della loro quotidiana attività, sgombrando il campo da ogni incertezza protocollare, essendo ormai fuor di dubbio che esso è lo strumento che dimostra incontrovertibilmente che la complessa attività legata all'applicazione del cerimoniale ha poco a che vedere con la vanità, così come è altrettanto chiaro che il Cerimoniale di Stato si occupa esclusivamente della rappresentazione formale dell'ordinamento dello Stato. Analizzando ora il decreto del 2006, aggiornato con successivo decreto del 16 aprile 2008 (G.U. n. 107 dell'8 maggio 2008) che, pur apportando lievi variazioni nel posizionamento di alcune cariche, ha alla fine confermato di massima le precedenze protocollari del primo, si ha modo di constatare che esso è suddiviso in due Capi e 37 articoli. Il primo prende in esame le precedenze fra le cariche pubbliche e mentre nella prima sezione definisce l'ambito di applicazione e i criteri generali, nella seconda (Precedenze nelle Cerimonie Nazionali), ed è la parte più interessante ai fini del presente documento, determina l'ordine di precedenza nelle cerimonie nazionali, individuando ben 115 cariche pubbliche suddivise in 7 categorie. Infine, nella terza sezione (Precedenza nelle Cerimonie Territoriali) viene individuato l'ordine di precedenze nelle cerimonie locali, suddivise in 5 categorie e ben 73 cariche pubbliche. Nel Capo secondo del decreto si trovano disposizioni di carattere generale che si occupano alla prima sezione della presidenza della cerimonia e della rappresentanza, nonchè dei particolari relativi all'organizzazione delle cerimonie, mentre alla seconda sezione si definiscono i criteri e le modalità dello scambio di visite fra autorità, nei casi di insediamenti e di congedi, precisando, per esempio, che le visite vanno richieste partendo dall'autorità più elevata e che si devono svolgere nelle rispettive sedi ufficiali, mentre nella terza si rinvengono le prescrizioni relative agli onori militari alle autorità civili nazionali ed estere, nonchè i servizi d'onore e dell'ordine nella composizione dei reparti militari che vi provvedono. La quarta sezione si occupa delle distinzioni cavalleresche e onorifiche, con rimando alla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 30 ottobre 2001, DCE 12.3/24, come integrata dalla successiva circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 febbraio 2005, DCS 24/12.3. mentre la quinta ed ultima sezione precisa tutto ciò che riguarda la bandiera della Repubblica (dai colori alle modalità d'uso e di affissione), l'inno nazionale, le esequie di Stato. Naturalmente ad un servizio di Stato così complesso deve esser preposto un organismo ufficiale che possa adempiere compiutamente all'applicazione della normativa predetta e questo si identifica, oggi, nell'Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il quale esplica le seguenti funzioni pubbliche: • cura il Cerimoniale di Stato nazionale e assiste il Presidente del Consiglio nell'attività di rappresentanza ufficiale, provvedendo anche all'organizzazione delle sue visite in Italia e all'estero; • cura e aggiorna il Cerimoniale di Stato nazionale della Repubblica comprese le festività nazionali, i simboli di Stato, le esequie di Stato e i lutti nazionali, la rappresentanza del governo; • coordina gli eventi in Italia cui partecipa il Presidente della Repubblica, l'attività protocollare degli Organi costituzionali e le attività di cerimoniale in occasione delle visite pastorali del Pontefice; • assiste i Presidenti emeriti della Repubblica nell'attività di rappresentanza ufficiale; • coordina le adesioni, i patronati e i patrocinii governativi; • fornisce disposizioni alle Prefetture ai fini del coordinamento delle attività di cerimoniale; • provvede alla gestione protocollare dell'accoglienza, presso le sedi di rappresentanza, delle alte Autorità di Stato estere e nazionali; • provvede alla conduzione dell'alloggio del Presidente e gestisce le visite guidate nelle sedi della Presidenza del Consiglio dei Ministri; • assiste il Segretario generale nello svolgimento delle funzioni istituzionali di supporto al Presidente in attuazione della legge 3 marzo 1951, n. 178, istitutiva dell'Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”; • cura gli adempimenti connessi all'autorizzazione a fregiarsi in Italia delle onorificenze cavalleresche pontificie, nonché alla concessione di emblemi araldici. Per terminare non si può prescindere dall'individuare degli aspetti caratteristici del cerimoniale, che sono l'essenza stessa della sua funzione e elementi peculiari distintivi e cioè le precedenze, la rappresentanza e anche se limitatamente, come espressione funzionale di quest'ultima, lo scambio delle visite di cui si tratterà qui di seguito.
2. 2. Le precedenze. Parlando di cerimoniale non ci si può sottrarre all'analisi dell'ordine delle precedenze in quanto esso rappresenta il cuore pulsante del Cerimoniale di Stato, il suo contenuto più consistente ed articolato e pertanto, viste le sfumature che lo permeano, risulta, alla fine, senza una corretta applicazione delle norme preposte, particolarmente difficile da gestire. Le precedenze non sono soltanto quelle che intercorrono tra personalità appartenenti ad enti diversi o gradi differenti, ma anche quelle rispettivamente attribuite ai prorpi enti di appartenenza. Ad esempio, in ambito ministeriale è con il R. D. n. 2015 del 1925 che si stabilisce l'ordine delle precedenze tra i ministri ed i rispettivi dicasteri. Ovviamente le variazioni nei dicasteri, che intervengono per ogni Gabinetto, sono disciplinate per analogia e quindi i Sottosegretari di Stato seguono lo stesso ordine dei Ministeri; tra essi precedono quelli alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dunque il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Segretario del Consiglio dei Ministri, segue immediatamente i Ministri. L'ordine protocollare dei ministeri e dei rispettivi ministri è determinato dalla data della istituzione, ovvero della re-istituzione del ministero medesimo, i ministeri accorpati prendono la posizione della loro componente più antica, mentre la tenuta e l'aggiornamento dell'ordine sono curati dal Dipartimento del Cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri. I Ministri senza portafoglio seguono i ministri titolari di dicastero; per essi vale l'ordine alfabetico e pertanto l'ordine protocollare delle cariche politiche all'interno di ciascun Ministero risulta il seguente: Ministro, vice Ministro, Sottosegretario, mentre i vice Ministri e i Sottosegretari di Stato sono rispettivamente ordinati, nell'ambito di ciascun dicastero, secondo un criterio alfabetico[12]. Tra le FF. AA. e le FF. PP. l'ordine delle precedenze si riferisce esclusivamente alle singole autorità, in quanto rivestite di specifica funzione. Per quanto attiene invece l'ordine di precedenza dei reparti schierati si fa riferimento al Regolamento sul servizio territoriale e di presidio che statuisce la primazia delle Forze Armate sulle Forze di Polizia. Per le autorità militari e quelle delle Forze dell'Ordine, tra pari grado (ove non nota l'anzianità nel grado) il criterio di precedenza è dato, per le cariche appartenenti alle Forze Armate dal seguente ordine: Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri; per le cariche appartenenti alle Forze di Polizia dal seguente ordine: Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato, Corpo delle Capitanerie di porto e Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. I direttori o i comandanti di specialità, nell'ambito delle Forze dell'Ordine, seguono tutti i loro pari grado con competenza generale, mentre per le cariche appartenenti a Forze dell'Ordine che dipendono funzionalmente da più Amministrazioni (vds. l'Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza) la natura della loro partecipazione è determinata dalla qualità della cerimonia. I Presidenti emeriti della Repubblica prendono il primo posto se delegati dal Capo dello Stato a rappresentarlo. Nel Palazzo del Quirinale i Presidenti emeriti presenti seguono immediatamente, in ordine di assunzione della carica, il Capo dello Stato (in eventuale alternanza con i Presidenti degli organi costituzionali dello Stato).
2.3. La rappresentanza Dopo aver chiarto cosa s'intende per precedenza è bene argomentare anche su quella che è la rappresentanza all'interno del quadro più generale del cerimoniale. Essa è una delega che una personalità rilascia, nel campo protocollare, ad un suo pari rango o ad un inferiore, affinché, in sua vece, lo sostituisca ad una manifestazione ufficiale ed è caratterizzata da tre aspetti: • il rango del rappresentante, • il posto del rappresentante • ed i limiti della rappresentanza. Fino al 2006 la rappresentanza era regolata dal contenuto della circolare del 26 dicemebre 1950 n. 92019 della Presidenza del Consiglio[13] e prevedeva tassativamente che la rappresentanza non poteva essere conferita se non a persone che abbiano rango in categoria pari o immediatamente inferiore; di massima, pertanto, il Prefetto poteva farsi rappresentare dal vice Prefetto vicario, il Generale di Corpo d'Armata dal Generale di Divisione, il Sindaco dall'Assessore facente funzioni di Vice-Sindaco, e così di seguito. Con l'entrata in vigore del DPCM del 14 aprile 2006 la rappresentanza assume connotati decisamente diversi con limiti, posizioni e forme ben precise. Essa viene definita come quella delega conferita espressamente da un'autorità invitata ad un'altra che appartiene alla medesima istituzione, amministrazione o ramo di amministrazione, affinchè ne possa vare le veci, in nome e per conto dell'amministrazione o dell'istituzioni a cui è stato rivolto l'invito. La circolare specifica ancora che la rappresentanza può essere conferita soltanto ai soggetti che occupano una posizione di chi esercita funzioni o ricopre cariche in sostituzione o in rappresentanza della legittima autorità, ovvero a chi rivesta cariche o gradi che, negli ordini nazionali o territoriali di precedenza, siano collocati in categoria pari o immediatamente inferiore a quella del rappresentato e seguono immediatamente, nei due ordini di precedenza richiamati, i pari rango del rappresentato. E' bene precisare che se la rappresentanza e le altre forme di delega si riferiscono alla sola cerimonia per la quale sono state conferite, e i loro effetti si esauriscono con la conclusione della stessa, nei pranzi, nei ricevimenti e negli spettacoli non è, di norma, ammessa alcuna rappresentanza o altra forma di delegazione e che di massima, coloro che intervengono nelle pubbliche cerimonie, in rappresentanza di cariche superiori a quella che personalmente ricoprono, debbono occupare il posto spettante, nell'ordine delle precedenze, alla carica che rappresentano. La circolare del 2006, aldilà di queste forme di rappresentanza, non riconosce altre forme di deleghe e qualsiasi altra attività non è intesa come rappresentanza, così che, in casi difformi da quelli previsti, il delegato/sostituto occupa la posizione corrispondente al proprio rango, secondo quanto previsto negli ordini di precedenza nazionali e territoriali, avendo solo titolo alla precedenza sugli altri appartenenti alla rispettiva categoria, diversamente dall'autorità supplente o che svolga le funzioni interinali ed a cui spetta la medesima posizione prevista per il titolare assente. Per finire si aggiunge che l'autorità che compie una visita e quella che la riceve non possono farsi rappresentare, mentre è ammessa la rappresentanza, purché previamente concordata, in occasione di restituzione della visita.
2.4. Lo scambio di visite Anche lo scambio di visite tra le autorità rientra tra quell'attività speciali previste nel Cerimoniale di Stato e sono segno esteriore di un aspetto importante della vita di rappresentanza istituzionale. Il primo atto ufficiale in cui si prende in seria considerazione quest'attività è la circolare del Ministero dell'Interno del 21 gennaio 1926 n. 761/46[14], che estese a livello nazionale quella prassi consolidatasi nel tempo, precipuamente in ambito militare. Recentemente è intervenuto, anche in quest'ambito, la circolare del 2006 che alla seconda sezione regolamenta formalmente l'istituto determinando che il vertice degli organi di governo degli enti territoriali, nonché i titolari della carica apicale rappresentativa nel territorio di una amministrazione pubblica, in occasione del loro insediamento e del loro congedo, ricevono o rendono visita, secondo il reciproco rango, alle autorità che rivestono cariche pubbliche nella circoscrizione. Nel dettaglio dispone ancora che le autorità durante il loro incontro possono determinare, laddove previsto e d'intesa fra loro, i tempi ed i modi della restituzione della visita e che le visite vengono richieste dall'autorità più elevata alla meno elevata indicando il luogo nelle rispettive sedi ufficiali. Nella sostanza lo scambio di visite previste dal cerimoniale consistono essenzialemente in visite di dovere ma originano e si estendono a quelle di cortesia. Ovviamente quelle codificate sono appunto solo quelle di dovere, che sono dunque dovute e non vengono restituite. Tra queste vi sono in particolare quelle che assumono aspetti marziali, sia per i soggetti interessati che per l'ambito militare in cui si effettuano, e cioè quelle rese ai superiori della propria linea gerarchica, nell'ufficio del superiore entro tre giorni dall'assunzione dell'incarico, mentre le visite di commiato vengono rese non oltre la data di trasferimento o di cessazione dall'incarico, il tutto, ma è una forma irrituale e interna, preannunciato da un telegramma.[15] Aldilà del formalismo e del cerimoniale le visite di cortesia sono un valido strumento, per coloro che si accingono a ricoprire una funzione pubblica in un determinato territorio, per rendere più facile l'ingresso nella realtà sociale e istituzionale in cui andranno ad operare, nonchè un modo per farsi apprezzare e ricordare al termine del proprio mandato. E' nella prassi protocollare che però si rinvengono le esatte e corrette modalità dello scambio di visite quando ci si accinge a prendere possesso di una carica e precisamente : a) le autorità politiche, civili e militari e religiose, seppur non espressamente previsto, che prendono possesso di una carica, rendono visita di cortesia alle autorità politiche, civili e militari che appartengono a categorie superiori alla propria; b) ricevono la visita delle autorità di livello pari o inferiore; c) entrambe le visite vengono richieste, entro tre giorni, salvo giustificati impedimenti dall'assunzione della carica ed effettuate quando fissate da chi deve riceverle. Nel lasciare la propria carica le autorità invece: a) rendono visita di commiato alle autorità che appartengono a categorie superiori o pari; b) avvisano ufficialmente e preventivamente le autorità di categoria inferiore e ricevono la loro visita.
3. Il Cerimoniale Diplomatico. Il Cerimoniale Diplomatico si differenzia da quello di Stato in quanto, a differenza del secondo, che si fonda su disposizioni emananti dalla unica volontà dello Stato di appartenenza, esso si basa sul consenso reciproco, tacito o espresso, di più Stati e si può pertanto definire correttamente come quel complesso di norme scritte e non che regolano le formalità relative allo svolgimento dei compiti affidati dalla funzione diplomatica ed attinenti in generale ai rapporti formali tra gli organi dei diversi Stati che si interelazionano. In Italia il Cerimoniale Diplomatico non ha trovato una propria codificazione ed allo stesso tempo non è stato oggetto di pubblicazioni private specifiche. Alcune norme procedurali, però, relative alla presentazione delle credenziali degli ambasciatori e dei ministri esteri sono presenti in un regolamento del Prefetto di Palazzo, del 26 febbraio 1901 dal titolo : "Il Cerimoniale della Corte d'Italia per l'introduzione ed il ricevimento delle LL. EE. gli Ambasciatori per la presentazione delle LL. EE. le Ambasciatrici e del personale delle Ambasciate"[16], nonchè in altro regolamento, della stessa data e sempre a nome del Prefetto di Palazzo, Gran Mastro delle Cerimonie C. GIANOTTI, portante il titolo di: " Il Cerimoniale della Corte d'Italia per l'introduzione ed il ricevimento dei Ministri di Potenze Estere e per la presentazione delle loro Consorti e del Personale delle Delegazioni[17]. In ogni caso il Cerimoniale Diplomatico della Repubblica Italiana, ma in genere anche quello europeo e in parte quello internazionale, trova le proprie origini e fonti consuetudinarie e regolamentari, oltre che nella tradizione e nella storia passata, solo recentemente, nel noto Trattato di Westfalia del 1648, quindi in quello di Vienna del 1815, fondante sotto il profilo programmatico e metodologico e, da ultimo, nella Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 aprile 1961 e nella collegata Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari[18]. Ogni Stato, dunque, determina liberamente le proprie regole sul cerimoniale diplomatico, pur ispirandosi ad una certa uniformità di criteri generali, anche nello svolgimento delle relazioni internazionali e la dimostrazione consta nel fatto che ogni Ministero degli Esteri ha generalmente nel suo organigramma un ufficio cerimoniale o del protocollo. Per quanto attiene l'Italia presso il Ministero degli Affari Esteri esiste un ufficio per il Cerimoniale Diplomatico della Repubblica Italiana, che adempie ai propri compiti attinenti lo svolgimento della funzione diplomatica che gli compete, curando espressamente le relazioni interne fra le istituzioni della Repubblica Italiana nonchè quelle delle stesse con i diplomatici o alte autorità, in visita, di Stati stranieri. Alla base di queste regole scritte e non di cerimoniale diplomatico, utilizzato nelle relazioni interstatali e la loro disciplina, vi è stata nel passato, e dunque anche oggi, la necessità di tutelare l'onorabilità e l'incolumità delle missioni inviate dai vari Stati presso quelli esteri e la cui sopravvivenza, nell'espletamento della propria attività diplomatica, era proprio strettamente legata al rispetto di queste regole da entrambi le parti. In tal senso nel tempo si sono consolidate norme pertinenti il riconoscimento di immunità dei rappresentanti diplomatici e di conseguenza anche quelle relative al protocollo e al cerimoniale diplomatico, che disciplina sia i rapporti sostanziali che quelli formali e nei quali, fermo restando il diritto consuetudinario e quello pattizio, assumono rilevanza fondamentale i princípi dell'uniformità di trattamento e della reciprocità. Elemento preponderante nell'attività del cerimoniale risulta essere l'applicazione di quella che generalmente è definita come etichetta, cioè quell'insieme di norme comportamentali, pattiziamente vincolanti, il cui fine è quello di realizzare un'adeguata cornice interattiva ed il cui adeguamento accrescere il prestigio della missione diplomatica e dell'efficacia della propria azione, nonchè comporta vantaggi sostanziali per la persona che ne dimostra dimestichezza. L'ufficio per il Cerimoniale Diplomatico della Repubblica, posto all'interno del M.A.E., a seguito della riforma attuata con decreto ministeriale n.11 del 09 dicembre 2010, risulta così costituito: • Capo del Cerimoniale diplomatico della Repubblica • vice Capo del Cerimoniale diplomatico della Repubblica Ufficio I - Affari generali del Corpo diplomatico, accreditamenti, privilegi ed esenzioni diplomatico-consolari, che si occupa di: • affari generali e norme di cerimoniale; • rapporti con il Corpo Diplomatico straniero in Italia; • gradimento Ambasciatori; • cortesie d'uso e cerimonie di presentazione delle lettere credenziali al Capo dello Stato; • eventi protocollari; • predisposizione lettere credenziali dei Capi di Missioni diplomatiche italiane all'estero e ambascerie straordinarie; • sicurezza ed esenzioni per il Corpo diplomatico-consolare accreditato in Italia, presso la Santa Sede e le Organizzazioni Internazionali in Italia.
• accreditamento del personale diplomatico e consolare straniero in Italia e rilascio delle carte di identità diplomatiche, consolari e delle OO. II.; • rapporti con il Corpo consolare di carriera ed onorario e relativi exequatur; • rapporti con le Organizzazioni internazionali con sede in Italia; • immunità diplomatiche, consolari e delle OO. II.; • contenzioso con rappresentanze estere; • onorificenze.
• Organizzazione delle visite di Stato e ufficiali in Italia di personalità e delegazioni straniere ospiti del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro degli Affari Esteri, nonché di queste stesse personalità, all'estero; • servizio di traduzione e di interpretariato per le esigenze del Ministero, nonché coordinamento di tale servizio in occasione di visite e di eventi internazionali in Italia e all'estero.
4. Il Cerimoniale Militare Il Cerimoniale Militare non è costituito da una vera è propria forma di codificazione protocollare ma è il risultato di una raccolta di normative diverse e consuetudinarie che consentono lo svolgimento regolare di ogni manifestazione pubblica nel campo delle relazioni ufficiali. A tal proposito presso il Ministero della Difesa sono preposti, alla regolamentazione e cura del Cerimoniale Militare, l'Ufficio Cerimoniale del Ministero della Difesa e, presso l'Ufficio di Gabinetto del Ministro, il 6° Ufficio "Cerimoniale", il quale ha il compito di curare: • il coordinamento del Cerimoniale militare mediante l'elaborazione di linee di indirizzo generale; • le attività di rappresentanza del Ministro e dei Sottosegretari di Stato e quelle di Cerimoniale del Ministro; • la concessione di Patrocini del Ministero della Difesa e la partecipazione del Ministro della Difesa a Comitati d'onore; • le autorizzazioni per l'intervento di reparti/ rappresentanze militari a cerimonie a carattere civile e per la deposizione di corone d'alloro al Sacello del Milite Ignoto presso il Complesso Monumetale del Vittoriano. L'Ufficio è diretto da un Ufficiale Superiore con qualifica dirigenziale non generale e articolato su una Segreteria e tre Sezioni: la 1ª Sezione "Cerimoniale"; la 2ª Sezione "Attività protocollari e concorsi" ; la 3ª Sezione "Eventi sociali". Nel Cerimoniale Militare la pluralità di norme protocollari discendono dal Regolamento sul servizio territoriale di presidio (pubb. SMD G 106), in particolar modo dalla parte in cui prevede gli onori resi dalla guardia che si schiera e presenta le armi al passagio di Autorità, il cui elenco inizia dal Capo dello Stato e termina con il Comandante di un reparto armato, se ufficiale di grado superiore al Comandante delle guardie, e in tutte le altre occasioni particolari, dal saluto alla bandiera nazionale, al passaggio del feretro di un caduto militare, etc. . A propostito di onori questi vengono suddivisi in onori di rito, di presidio, individuali e collettivi. Esiste comunque tutta una casistica dettagliata e codificata come prospetto degli onori di Presidio e sommario degli onori militari, che danno sostanza alla ritualità di un cerimoniale non espressamente previsto. Un'altra pubblicazione che collabora alla formazione del "cerimoniale militare" è la SMD - G 010 "Regolamento per la Disciplina delle Uniformi", la quale, nel regolamentare l'uso delle uniformi, costituisce un indirizzo protocollare cogente e uniforme per tutte le Forze Armate. A tale complessità del corpo di norme regolamentari, poste alla base di quello che può essere inteso come "cerimoniale militare", partecipano anche i singoli regolamenti generali delle quattro FF. AA. essendo all'interno degli stessi presenti norme che concorrono direttamente e inderettamente alla formulazione di un protocollo del cerimoniale di tipo tradizionale.
5. Il Cerimoniale Marittimo Partendo dal presupposto che la regolamentazione marinaria si rifà alle tradizioni internazionali della marineria e antecedenti all'avvento della Repubblica, come nelle nazioni estere, anche in quella italiana sono in vigore norme particolari per alcuni onori da rendersi a bordo delle navi e a terra, e per speciali cerimonie e funzioni militari di cui è soggetto il personale imbarcato. Alcune fra queste, sopratutto in ambito militare, sono le visite di Corpo, ossia visite che il Corpo Ufficiali deve rendere a determinate autorità superiori navali, al Ministro della Marina o al Sottosegretario di Stato, quando rappresenta il ministro, o allorché esso giunga in una sede di comando in capo di dipartimento o comando militare marittimo o in località dove si trovi una forza navale, una nave isolata o un distaccamento della Marina. E ancora è visita dovuta, ai comandanti in capo di forze navali o comandanti di frazione di forza navale, allorché essi assumono o lasciano il comando, da tutti gli ufficiali posti sotto i loro ordini. Decisamente più marinareschi sono gli onori navali dovuti alla bandiera nazionale, per esempio quelli resi, quando la nave è in porto, all'alza o ammaina bandiera ogni giorno, col segnale del semplice fischietto usato da uno dei nocchieri di bordo, ed il present'armi delle sentinelle e di coloro comandati di servizio armato, mentre coloro che sono liberi si alzano in piedi e salutano sull'attenti. Infine onori protocollari speciali e tradizionali sono quelli previsti con i 21 colpi di salva di cannone per omaggiare il Presidente della Repubblica o altri capi di Stato estero, come anche il saluto tra navi quando avviene un incontro in mare o in un ancoraggio, di una o più insegne di ufficiali ammiragli inalberate su navi da guerra, e per cui il naviglio inferiore saluta, con la relativa salva prescritta, l'insegna di grado più elevato. Curiosità; alle insegne di grande ammiraglio e di ammiraglio spetta una salva di 19 tiri di cannone, a quelle di ammiraglio d'armata, di 17 tiri, a quelle di ammiraglio di squadra e di ammiraglio di divisione, di 15 tiri, a quelle di contr'ammiraglio, di 13 tiri, e a quelle di capitano di vascello, comandante di divisione, di 11 tiri. Le disposizioni sono abbastanza articolate e vaste che si omettono in questo contesto, concludendo con una parte protocollare d'interesse invece del naviglio mercantile. Le navi mercantili salutano sempre per prime le navi da guerra. Una nave mercantile che navighi senza bandiera alzata, incontrando una nave da guerra, che ha la bandiera nazionale alzata, deve immediatamente farsi riconoscere innalzando la sua. Nessuna disposizione tassativa esiste invece per il saluto tra navi mercantili, anche se una datata circolare del Ministero delle comunicazioni dispone che tra navi mercantili nazionali, adibite al servizio di linea, il saluto con la bandiera sia obbligatorio e le navi che vengono verso l'Italia salutano per prime le navi che si dirigono all'estero, come segno di ossequio a quelle che più recentemente hanno lasciato la nazione.
6. L'Ordinamento Pontificio e il Cerimoniale Ecclesiastico. Il Cerimoniale Ecclesiastico, che si occupa delle cerimonie liturgiche e non della Curia romana, cioè quelle della cappella e dei palazzi papali, le funzioni celebrate dai Cardinali ed il cosiddetto cerimoniale di corte, ovvero la precedenza tra i Cardinali e tra i diplomatici accreditati presso la Santa Sede, è quel complesso degli atti prescritti dall'autorità ecclesiastica per regolare la prassi dell'ufficiatura del culto divino. Tale importante settore era inizialmente di competenza della Congregazione del Cerimoniale, una delle Sacre Congregazioni, costituita da papa Sisto V e da questo riunita a quella dei Riti (Congregatio pro sacris ritibus et caerimoniis) con la Costituzione "Immensa Aeterni Dei" del 22 gennaio 1588 e divenuta così definitivamente la Sacra Congregazione dei Riti come la si conosce ancora oggi. Singolarmente le regole e le direttive, che disciplinano il comportamento dei Vescovi e le funzioni pontificali, l'Ufficio Sacro ed alcune feste delle chiese metropolitane, cattedrali, collegiate e monastiche, sono tutte quante contenute nel libro liturgico detto Cerimoniale dei Vescovi. L'origine del Cerimoniale Vaticano risale alle ordinazioni liturgiche ovvero agli "Ordines Romani" che vanno datati tra il sec. VII e il XIV e all'Ordo officiorum Ecclesia Lateranensis del sec. XII, oltre agli antichi rituali Rituales o Agendarum libri, che alla fine del secolo XVI furono coordinati e raccolti in volume. Nel XVII secolo si giunse, grazie a papa Clemente VIII, alla pubblicazione del Cerimonialis Episcoporum, revisionato nel 1886 da papa Leone XIII. Imposto quindi a tutta la Chiesa di rito latino, esso regola, ancora oggi, le funzioni dell'insediamento del vescovo nella diocesi, il culto liturgico solenne nelle chiese cattedrali e collegiate e la prassi delle visite ufficiali, cioè quelle canoniche, del vescovo. Nel 1516 fu pubblicato anche il Cerimoniale Romano ad opera del vescovo Patrizi Piccolomini, ma occorre dire però che oggi ogni ordine religioso gode di un cerimoniale particolare (Proprium Ordinis, Caerimonialis Ordinis) che, approvato dalla Santa Sede, stabilisce anche varianti alla liturgia e alle cerimonie ufficiali. Allo stesso modo per il ministero ordinario dei sacerdoti esistono raccolte ufficiali quali il Caerimonialis parochorum, il Rito dei Sacramenti, e le Rubricae del Messale. Anche le Chiese di riti diversi hanno cerimoniali propri in rapporto alla rispettiva particolare liturgia, tra questi, per la Chiesa greca si segnala l'Eucologio e i vari Rituali per le Chiese orientali. Nelle Chiesa Protestante per il culto divino e la prassi non sono state elaborate norme fisse, ad eccezione della Chiesa Anglicana che fin dal 1549 ha incluso, nel Libro della preghiera comune (Book of Common Prayer) un protocollo cerimoniale. Qualche codice per le cerimonie ebbe vita anche dal IV secolo d.c. ma i documenti più importanti si datano dall'VIII al XV secolo e proprio per questo, di fronte alla molteplicità e difformità delle raccolte, il Concilio di Trento ordinò la pubblicazione di un solo cerimoniale il meglio conosciuto come "Liber cerimoniarum ritualis" reso ufficiale sotto Clemente VIII. Nuove edizioni furono adottate da papa Innocenzo X nel 1650 e da papa Benedetto XIII nel 1727, pontefice che volle regolamentare anche la musica e il canto, i segni di onore e di rispetto tra il vescovo e le autorità civili, i doveri dei vescovi, dignità ed uffici del capitolo dei canonici, ornamenti e insegne pontificali e degli arredi sacri nonchè le funzioni pontificali e di alcune solennità.
7. Il Cerimoniale Cavalleresco e Nobiliare Ad oggi non esiste un cerimoniale cavalleresco universale, in quanto ogni Ordine di cavalleria nel passato, ma ancora oggi, ha provevduto a costituire, da formule arcaiche generali, un proprio cerimoniale codificandolo, a volte, o mutuandolo da altri ordinamenti. Il protocolo all'interno di ogni Ordine richiama la gradualità delle gerarchie e dei rispettivi livelli organizzativi, ma all'esterno tutto ciò viene meno e i gradi e le qualità delle rispettive onorificenze cavalleresche non mutano l'ordine di precedenza spettante in ragione della carica in quanto appunto esse determinano il rango degli insigniti solo nell'ambito degli Ordini di appartenenza. Per inciso, anche i titoli nobiliari, a maggior ragione in forza delle disposizioni transitorie poste all'interno della Costituzione Italiana, non danno diritto in Italia a particolari precedenze, mentre nelle pubbliche relazioni se ne può tenere conto se si tratta di titolati stranieri che nei loro paesi godono di speciali distinzioni giuridicamente riconosciute come in Spagna e Gran Bretagna, che annettono al riconoscimento di alcuni titoli nobiliari un particolare privilegio come il trattamento di "don" e di "donna" da premettere al nome del nobile e della consorte oppure quello di Sir o Lord. Nella circolare del 2006, agli artt. 29 e 30, nel regolamentare anche la natura e l'origine di distinzioni cavalleresche e distinzioni onorifiche, come benemerenze individuali e collettive, che consistono in decorazioni al Valore militare e nella Stella al Merito del lavoro, nonché in ricompense al Valore civile e al Merito civile e altre ricompense ministeriali, si dà intrinsecamente anche un ordine protocollare delle stesse, sia all'interno del proprio sistema onorifico che all'esterno in ambito di riconoscimento pubblico. Proprio in tale ottica è stato istituito, attraverso la predetta circolare, un elenco di precedenze degli Ordini cavallereschi nazionali, seppur nella medesima si specifica che le onorificenze cavalleresche, le decorazioni e le benemerenze non attribuiscono al singolo insignito titolo di precedenza nelle cerimonie, fatto salvo quanto previsto in merito di precedenze in cerimonie di livello nazionale e territoriale, per le medaglie d'oro al Valore militare e al Valore civile, che così consta: 1) l'Ordine al Merito della Repubblica Italiana; 2) l'Ordine Militare d'Italia; 3) l'Ordine della Stella della Solidarietà Italiana; 4) l'Ordine al Merito del Lavoro; 5) l'Ordine di Vittorio Veneto[19]. Altra e finale norma protocollare risulta essere quella per cui è prevista la precedenza tra i gradi e le classi delle distinzioni cavalleresche e onorifiche, nonché per l'uso e le fogge delle relative insegne in ragione di quanto regolato dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 30 ottobre 2001, DCE 12.3/24, integrata dalla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15 febbraio 2005, DCS 24/12.3.
Dr. Carmelo Cataldi Esperto specializzato in Diritto Araldico, Genealogico e Cavalleresco. [1]L'origine di questo sostantivo rimonta all'opera di Giovanni Della Casa, pubblicata nel 1558 con il titolo di Galateo overo de' costumi ed ispirata al vescovo di Sessa Aurunca mons. Galeazzo Florimonte. E' dalla latinizzazione del nome Galeazzo (Galatheus) che l'autore trasse il titolo della sua opera. [2]Questa sostanziale e fondamentale distinzione viene formulata dal Santantonio nella sua opera Il cerimoniale nelle pubbliche relazioni, 3° edizione. Gesualdi, Roma, 1988. [3]Michele Santantonio afferma che il cerimoniale fu codificato per la prima volta nella Pace di Vestfalia del 1648 e successivamente fu rielaborato nel Congresso di Vienna del 1815. [4]Il significato letterale è: "la religione sia di colui del quale è la regione", cioè la religione dei cittadini di uno Stato deve essere quella di colui che ne detiene la potestà e fu una formula inserita appositamente fra le clausole della pace di Augusta del 1555, per decidere, primariamente, una distinzione tra potere spirituale e temporale, ma al contempo introdurre il presupposto di una pace religiosa i cui effetti si riverberavano, in quel periodo, anche sulla stabilità politica interna ed esterna degli Stati. [5]E' una raccolta di rubriche cerimoniali che descrivono e documentano lo sviluppo della liturgia papale in Roma dai sec. VI al XV. Gli Ordines sono 15 ed è la più autorevole documentazione della liturgia romana nel Medioevo seppur non omogenea e integra. Si differenzia da qualsiasi altro tipo di rubrica di pregherie che invece è contenuta nei sacramentari, antifonari, salteri, etc. . [6]Nella storia una prima notizia in merito arriva dall'Inghilterra ed è datata 1688, infatti allora si stabiliva che per compleanni e incoronazioni dei Reali ogni nave della flotta, ove si trovasse, esplodesse delle salve di cannone in numero imprecisato; infatti, è solo del 1730 (nel British Naval Regulations) che appare il numero di 21 salve di cannone come limite massimo per ogni imbarcazione. Attraverso questa codificazione, che valeva per tutta una serie di eventi e non solo in occasione di quelli collegati ai regnanti, si conosce che ad esempio il numero era sempre dispari e cresceva di due secondo il rango del festeggiato mentre l'uso di salve di cannone in numero pari segnalavano un lutto. Nel codice internazionale, da allora in poi, le salve di cannone, in numero di 21, entrarono a far parte del rituale diplomatico, infatti un vascello da guerra, entrando in un porto straniero, salutava la bandiera della nazione ospite e da entrambe le parti si esplodevano le 21 salve di cannone come segno di rispetto e di pace. Cavalieri dell'Ordine supremo della SS. Annunziata II CategoriaPresidenti del Senato del Regno e della Camera dei deputati III Categoria1. Ministri Segretari di Stato
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