Data: 03/08/2013 09:30:00 - Autore: Nadia F. Poli
Se il networking è sempre stata la chiave per costruire relazioni professionali e trovare un lavoro, l'avvento dei social media sul web ha spinto a compiere un ulteriore passo avanti. Il fattore "social" è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni, sino a diventare imprescindibile. Anche (e soprattutto) per un professionista. Questi siti permettono infatti di partecipare a forum online, compiere ricerche, inviare e sfogliare elenchi di lavoro, scambiare consigli e incontrare altri professionisti con cui condividere conoscenze, idee, esperienze e opinioni. I siti di social networking contribuiscono a migliorare l'immagine professionale, ad espandere la rete, ad aumentare la visibilità, a costruire il proprio marchio professionale e a gestire la propria carriera. Sono i nuovi attrezzi del mestiere per gli avvocati 2.0. Il primo fondamentale aspetto da sottolineare (e da tenere sempre a mente!) rispetto all'uso di tali strumenti è il seguente: saper gestire le aspettative. Molti professionisti del settore si aspettano che gli sforzi profusi sui social possano guidare magicamente (e immediatamente) verso lo sviluppo di nuovi clienti. In realtà questi siti non rappresentano strumenti di approvvigionamento del cliente. Piuttosto, quello che è necessario fare, è convergere ogni sforzo verso la creazione di due elementi imprescindibili: il riconoscimento la credibilità del proprio nome (dunque di un intero settore). La rete è il "luogo" l'ideale per la costruzione di connessioni e deve rappresentare una parte essenziale della professione di ogni avvocato. Un'altra considerazione chiave per avere successo nei social media è quello di essere se stessi e ottimizzare la dinamica della socializzazione. L'utilizzo di strumenti come Facebook o Twitter può richiedere tempo e fatica, ma può rivelarsi una strategia vincente da un punto di vista professionale e una grande opportunità per far crescere il proprio business. Nonostante ciò, i professionisti del settore si dimostrano spesso resistenti al cambiamento e focalizzati sui rischi potenziali. E' il momento di cambiare. Mentre le relazioni con i media, la creazione di siti web, la pubblicità e le brochure sono diventati componenti standard del piano di marketing di ciascuna azienda, per molti avvocati e professionisti, incorporare uno degli strumenti più dinamici ed economici a disposizione, i social media, sembra ancora oggi un azzardo o una perdita di tempo. Essere anti-social media non è più una valida (e giustificabile) opzione per un avvocato che vuole emergere e far carriera. Il professionista che sceglie di non essere presente nelle reti sociali, perderà terreno rispetto alla concorrenza. I tre principali sociale network- Facebook, LinkedIn e Twitter- contano ciascuno centinaia di milioni di utenti e, a detta di tutti, sono destinati a crescere a ritmi esponenziali. Eppure, nonostante questa incredibile progressione, il settore legale ha storicamente evitato di buttarsi nei social. Diritto e nuova media non possono muoversi su un terreno comune? La mancanza di tempo o di acume tecnologico, sono tra le scuse più diffuse. Che i social media siano “roba per giovani”, che non avrebbero alcun impatto positivo o tangibile sul business, è assolutamente falso. In realtà, un po' di pazienza e di pratica possono bastare per diventare "social addicted". L'idea che i social media possano incidere sulla reputazione è forse cosa non del tutto infondata - molto di ciò che un individuo fa e scrive su queste reti è, necessariamente, pubblico - ma va ricordato che è sempre possibile definire le impostazioni per tutelare la propria privacy. Una buona regola resta quella di evitare di postare ciò che non si vorrebbe mai che il grande pubblico conoscesse o vedesse. Non si può dunque negare che i social media costituiscano un'enorme opportunità per il settore legale. Ma da dove cominciare? Il primo passo è quello di mettersi in gioco con la costruzione di un profilo social. LinkedIn dovrebbe essere il primo social network per la maggior parte dei professionisti del diritto in quanto offre il più grande vantaggio potenziale. L'altro grande social network B2B è Twitter. Con un vocabolario e una funzionalità tutta sua, Twitter potrebbe forse richiedere un po' più di tempo e di dedizione, in particolare quando si tratta di cogliere le sfumature tra un Tweet ordinario, un @Tweet e un retweet. E' a tutti noto che il popolare sito di microblogging “costringe” l'utente a pensare e ad esprimere un concetto nel modo più chiaro ed efficace possibile utilizzando 140 caratteri al massimo. Come dire: poche (parole) ma “buone”. Parlare e scrivere pensando di inviare un tweet…potrebbe essere la prossima sfida per l'avvocato 2.0?
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