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Data: 04/08/2013 10:14:00 - Autore: Avv. Luisa Camboni Mi permetto di iniziare questo mio breve scritto riportando una citazione del Grande Piero Calamandrei, padre fondatore del Codice di Procedura Civile, sulle caratteristiche della professione dell'Avvocato:
"Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l'avvocato no. (…) L'avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L'avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia".
Spesso mi trovo a riflettere sull'importanza della professione che svolgo e sulla valenza umanistica che la stessa riveste. Quanti interrogativi attanagliano la mia mente!!!!
Voglio, per questo, cimentarmi in una breve riflessione sul valore della toga, espressione della dignità professionale dell'Avvocato, a beneficio mio, dei miei colleghi e del comune lettore.
Con la nascita della civiltà organizzata si è sempre più avvertita l'esigenza, al fine di risolvere eventuali controversie, di un difensore che è divenuto, con il passare del tempo, un tecnico del diritto ed, infine, Avvocato.
Chi è, dunque, l'Avvocato, colui che indossa il “cencio nero” per dirla con le parole di Calamandrei?
L'Avvocato è un libero professionista al quale chiunque può rivolgersi.
E', innanzitutto, un uomo dotato di grande umanità, ma, anche, di grande dignità e credibilità, sia come singolo, sia come appartenente alla categoria forense. L'Avvocato deve essere coinvolto nel processo di trasformazione della società perché la sua attività, o meglio professione richiede che sia a conoscenza dei bisogni di cui necessita la stessa.
Noi Avvocati dobbiamo, quindi, arricchire la toga che portiamo di una carica di generosità, di umiltà, segno distintivo della vera nobiltà della professione. Non dobbiamo porci come sostenitori, come difensori del torto, ma dobbiamo essere, per chi si rivolge a noi, servitori della Verità, servitori della Giustizia; Verità e Giustizia che trovano fondamento nei fatti concreti e nelle Leggi.
Essere Avvocati significa, in primis, essere difensori della Carta Costituzionale che è la base del nostro sistema giuridico, in secundis, guardare la professione che svolgiamo come una fonte da cui scaturiscono doveri e responsabilità.
I valori che guidano il contegno dell'Avvocato sono: l'indipendenza, l'autonomia, la fiducia.
Alla luce di queste riflessioni, ecco perché considero la mia professione come un gioco, gioco di sfide i cui protagonisti, oltre me, che dirigo il gioco - individuando la giusta soluzione, strategia difensiva…- sono le persone comuni che mi chiedono aiuto e alle quali provo a dare una mano. Ed è proprio questo voler dare una mano che mi porta spesso ad impiegare considerevole tempo ed energia intellettuale, lasciatemi passare il termine, anche su questioni banali. Per me, nessuna questione è banale!! A tutte va dedicato il giusto tempo, la giusta attenzione, perché lavorando i risultati “vincenti” arrivano.
Per un buon Avvocato, servitore della Verità e della Giustizia, non esistono clienti di serie A e clienti di serie B; tutti, nessuno escluso, all'interno dello studio - che io considero come “un tempio del diritto” -, vanno ascoltati, incoraggiati, tutelati rispettando sempre il dovere di un giudizio concreto, obiettivo, reale.
Mai promettere risultati, mai ingannare chi ripone in noi fiducia!
Rispetto al massimo la toga che indosso in quanto espressione dei valori fondamentali, custoditi nella Carta Costituzionale e di cui faccio tesoro, quotidianamente, nello svolgimento della professione.
Insomma, l'Avvocato dovrà non solo avere quelle qualità professionali e tecniche che assicureranno la correttezza e la preparazione nello svolgimento della sua professione, ma anche virtù umane che non si inventano al momento, ma che si coltivano giorno dopo giorno, a contatto delle diverse situazioni che si presentano.
La categoria forense che noi Avvocati rappresentiamo è, dunque, non solo un ceto professionale, un ceto intellettuale, ma è anche un mezzo attraverso il quale il cittadino per far valere le sue ragioni saprà fare la sua parte.
Il “cencio nero” che indossiamo è degno, perciò, di massimo rispetto e in onore dell'impegno prestato e della Costituzione della Repubblica Italiana, perno del nostro sistema giuridico.
Concludo con l'appello che il Papa Giovanni Paolo II, in occasione della inaugurazione dell'anno giudiziario in data 28 gennaio 2002, ha rivolto agli Avvocati: “ Gli avvocati però, in quanto liberi professionisti devono sempre declinare l'uso della loro professione per una finalità contraria alla giustizia (com'è il divorzio)”.
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