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Data: 14/09/2013 09:00:00 - Autore: Licia Albertazzi di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione
Civile, sezione lavoro, sentenza n. 18713 del 6 Agosto 2013. In tema di licenziamenti illegittimi, un lavoratore licenziato propone azione
avverso il proprio datore di lavoro: domanda respinta in primo grado e
successivamente accolta in appello, sulla base del fatto che l'azienda avrebbe
provveduto all'assunzione, a seguito di detto licenziamento ed in pendenza di
giudizio, all'assunzione di diverse altre risorse adibite alle medesime
mansioni del lavoratore licenziato. Oltre ad intimare all'azienda il reintegro
del lavoratore, al fine di quantificare
il risarcimento del danno dovuto dal
datore di lavoro dal momento del licenziamento sino alla reintegrazione, il
giudice del merito ha tenuto conto altresì di una presunta offerta di lavoro
part time nel frattempo intervenuta da parte dell'azienda licenziante,
deteriore rispetto a quanto preteso dall'attore e per questo rifiutata. Tale
stima sarebbe stata detratta dalla somma complessivamente dovuta dal datore a
titolo di risarcimento.
Avverso tale statuizione ricorre
il lavoratore, denunciando difetto di
motivazione della sentenza d'appello; il giudice avrebbe individuato d'ufficio
gli elementi alla base della sua decisione senza previamente provocare il contraddittorio tra le parti e, inoltre,
la parte contesta la fondatezza delle circostanze di fatto poste alla base
della decisione giudiziale. Ricorre incidentalmente anche il datore di lavoro. “La deduzione in sede processuale dell'aliquid
perceptum non costituisce un'eccezione in senso stretto e, comunque, non è riconducibile nel novero di
quelle eccezioni riservate alla
disponibilità delle parti. Di conseguenza, quando vi sia stata rituale
allegazione dei fatti rilevanti a dimostrare l'aliquid retentum e gli stessi
possono ritenersi incontroversi o processualmente acquisiti, il Giudice può
trarne d'ufficio (anche nel silenzio della parte interessata e anche se l'acquisizione
sia riconducibile ad un comportamento della controparte e, pure, avvalendosi
dei poteri ex art. 421 c.p.c.) tutte le conseguenze cui essi sono idonei ai
fini della quantificazione del danno subito dal lavoratore ingiustamente
licenziato”. La Cassazione disattende in questo modo una delle doglianze
proposte dal ricorrente principale. Tuttavia nel caso di specie il giudice del merito avrebbe effettivamente omesso di specificare le circostanze di fatto strettamente attinenti la presunta offerta di lavoro part time ricevuta dal lavoratore. Viene infatti accolto il secondo motivo di ricorso. Conclude la Suprema Corte che “non può ritenersi che sul punto la motivazione soddisfi i requisiti di sufficienza a tal fine richiesti, ritenuto che il rifiuto di una offerta lavorativa deteriore non costituisca elemento idoneo ad integrare di per se stesso la base per operare una detrazione di quanto presumibilmente ricavabile dal lavoratore per effetto dell'adesione alla proposta lavorativa”. La Corte cassa la sentenza impugnata disponendone il rinvio al giudice del merito. |
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