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Data: 08/09/2013 11:00:00 - Autore: Avv. Luisa Camboni Cassazione Civile, Sez. III, 23 Febbraio 2013, n. 3548 - Sempre più spesso la Cassazione interviene all'interno dei rapporti della coppia di fatto al fine di colmare quelle situazioni che mancano di una regolamentazione specifica, ad hoc. La pronuncia che intendo esaminare è abbastanza attuale. E' bene, per meglio capire l'iter logico-giuridico seguito dai Giudici di Piazza Cavour, per giungere ad una tale decisione, riepilogare il caso concreto. Protagonista della vicenda era una società di gestione immobiliare che proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello di Roma; sentenza che disattendeva quanto era stato deciso dal Giudice di prime cure, accogliendo la domanda proposta da parte convenuta, id est il riconoscimento a subentrare nella conduzione di un'unità immobiliare in luogo della convivente more uxorio deceduta, la quale era, a sua volta, subentrata al padre conduttore originario. La difesa della società ricorrente aveva ritenuto, erroneamente, che il diritto di succedere al conduttore deceduto fosse esercitabile una sola volta, vale a dire quando l'evento morte si verificava con riferimento al conduttore originario e non quando lo stesso evento morte si verificava riguardo al soggetto succeduto all'originario conduttore. La norma cui i Giudici hanno fatto riferimento è l'art. 6, comma 1, Legge 392/1978. Tale disposizione prevede che, in caso di morte del conduttore di locazione abitativa, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi, i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi e, in seguito alla pronuncia n. 404 del 1988 della Corte Costituzionale, tale tutela viene estesa anche al convivente more uxorio, in forza di un riconosciuto diritto all'abitazione in capo a quest'ultimo. Il problema posto dal caso concreto, all'attenzione degli Ermellini, non era quello di verificare se la successione nel contratto di locazione era ammessa per il convivente more uxorio, dal momento che tale soggetto è stato inserito tra i successibili con l'intervento della Corte Costituzionale. Il problema, in realtà, era quello di superare quel limite di operatività posto dalla norma: cioè la successione dei soggetti contemplati e, quindi, anche del convivente “more uxorio” soltanto con riferimento all'ipotesi in cui si verifichi la loro successione all'originario conduttore. L'art. 6 della succitata legge prevede che l'istituto della successione nella posizione del conduttore può operare una sola volta. Il motivo per cui la Corte Costituzionale ha, dunque, esteso la tutela al convivente more uxorio va individuato nella tutela costituzionale del c.d. diritto all'abitazione. E, ancora, è arrivata a tale soluzione ponendo come requisito fondamentale della successione nel contratto di locazione non l'”abituale convivenza”, la quale richiede l'esistenza di una comunione di vita familiare, ma, facendo leva sul principio di uguaglianza, ex art. 3 Costituzione, che vieta la disparità di trattamento in situazioni simili, ha tutelato il bene primario dell'abitazione riconoscendolo a tutti i soggetti indipendentemente dalla disciplina vincolistica e dalla abituale convivenza. Con questa importante pronuncia la Suprema Corte ha messo in luce, ancora una volta, come la coppia di fatto richieda le medesime tutele previste per la famiglia fondata sul matrimonio, facendo, così, prevalere la primaria esigenza al "godimento abitativo", a prescindere dalla presenza o meno di figli ponendosi, così, al passo coi tempi e cioè dando soddisfazione alle esigenze tutte di giustizia, in una società moderna in continua evoluzione. |
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