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Data: 11/09/2013 11:00:00 - Autore: Avv. Assunta Giordano La Corte di Cassazione, Sezione III, con la nota Sentenza n.12408 del 07.06.2011, ha chiarito che per la liquidazione del danno alla persona, in assenza di criteri stabiliti dalla legge, l'applicazione della regola equitativa di cui all' art. 1226 Codice Civile, deve essere tale da garantire uniformità di giudizio, dovendosi ritenere abnorme che danni identici siano liquidati in misura diversa a seconda dell'ufficio giudiziario a cui è stata devoluta la controversia e ha pertanto giudicato necessario indicare ai giudici di merito, quali criteri uniformi per la liquidazione del danno alla persona, le “Tabelle” elaborate dal Tribunale di Milano, già diffuse in tutto il territorio nazionale. Di recente, con ordinanza del 04.01.2013 n.134 la VI Sezione della Corte di Cassazione ha ribadito che, in assenza di criteri legali, per la liquidazione del danno biologico occorre fare riferimento alle Tabelle di Milano, salvo che sussistano circostanze che ne giustifichino l'abbandono. La Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con la Sentenza n. 11950 del 16.05.2013, torna ad occuparsi di uno degli aspetti più controversi in materia di unitarietà del danno non patrimoniale e, nel riportarsi ad una precedente decisione delle proprie Sezioni Unite (sentenza 11 novembre 2008, n. 26972), sostiene che bisogna escludere l'esistenza di una categoria autonoma di danno esistenziale e che è ormai pacificamente sancito il principio dell'unitarietà del danno non patrimoniale, quale categoria omnicomprensiva che include anche il danno biologico ed il danno da reato. Secondo la Corte "lo stesso pregiudizio di tipo estetico viene abitualmente risarcito all'interno del danno biologico, inclusivo di ogni pregiudizio diverso da quello consistente nella diminuzione o nella perdita della capacità di produrre reddito, tra cui appunto il danno estetico e alla vita di relazione", di conseguenza, poiché il danno biologico ha natura non patrimoniale e il danno non patrimoniale ha natura unitaria, è corretto l'operato del giudice di merito che liquidi il risarcimento del danno biologico in una somma onnicomprensiva. Con la successiva Sentenza n.15707 del 21.06.2013 la Sezione II ha ribadito che il danno biologico, conseguente alla lesione del diritto alla salute garantito dall'art. 32 Cost., è ontologicamente diverso dal danno derivante dalla lesione di un diverso diritto costituzionalmente protetto. Di conseguenza non può essere risarcito come danno biologico il danno, cosiddetto esistenziale, che si affermi essere derivato da "stress psicologico da timore", per la compromissione della serenità e sicurezza del soggetto interessato, giacché detto stress è soltanto una conseguenza della lesione di un possibile interesse protetto il quale necessita di una previa individuazione, affinché possa parlarsi della sua lesione. A tal proposito, la Corte precisa, altresì, che la serenità e la sicurezza, di per sé considerate, non costituiscono diritti fondamentali di rango costituzionale inerenti alla persona, la cui lesione consente il ricorso alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale (cfr. Cass. 3284 del 2008). Infine, anche in questo caso la Corte afferma che non è ammissibile nel nostro ordinamento l'autonoma categoria di "danno esistenziale", inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona. Secondo i Giudici di Piazza Cavour, le macrolesioni che comportano un peggioramento, anzi uno sconvolgimento delle qualità della vita e la impossibilità della esplicazione delle qualità umane che non siano la capacità di produrre reddito e la integrità fisica valutata e valutabile sotto il profilo medico legale, assolvono di per sé stesse la funzione di esplicitare la esistenza del pregiudizio rilevante per il risarcimento del danno esistenziale, suscettibile di valutazione equitativa. Il danno da perdita della vita di relazione è una componente del danno biologico ma che appartiene anche alla esplicazione della vita attiva e sociale, che viene ad essere totalmente disintegrata. |
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