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Data: 17/09/2013 15:20:00 - Autore: Gilda Summaria Per poter stabilire la natura giuridica della responsabilità prevista e regolata dall' art. 2497 c.c. (novellato dalla riforma del diritto societario D.Lgs n.8/03) , bisogna partire dalla disamina dei tratti caratteristici di due tipi di responsabilità previsti dal codice: contrattuale ed extracontrattuale o aquiliana. La c.d responsabilità contrattuale la troviamo disciplinata nell' art. 1218 c.c. (r.del debitore), che giustappunto prevede la responsabilità del debitore in caso di inadempimento di un' obbligazione dallo stesso assunta. In tale tipo di responsabilità si ha violazione di un diritto relativo, cioè un diritto intercorrente tra soggetti determinati, il danno è di natura squisitamente patrimoniale, e si appalesa prevedibile già al tempo in cui l'obbligazione sorge. Chi aziona tale tipo di responsabilità giudizialmente, sarà tenuto a provare : l'avvenuto inadempimento, l'esistenza di un danno ed il suo ammontare, sarà esentato dal provare l'elemento psicologico del dolo o della colpa nella condotta del debitore inadempiente e l' azione è soggetta al termine ordinario di prescrizione decennale. La responsabilità c.d. aquiliana o extracontrattuale o da “ fatto illecito”, è recepita e regolata dal codice civile all' art. 2043, essa trova fondamento sul principio generale del “neminem laedere”, in ragione del quale, ogni fatto doloso o colposo che provoca ad altri un ingiusto danno, addossa a chi l'ha commesso l'onere di risarcire il danno medesimo. In tale fattispecie, ad essere leso di norma è un diritto assoluto (una storica sentenza della Cass. nel 71 ha esteso la tutela anche ai diritti relativi, interessi soggettivi ed aspettative di diritto), capace di tutela “erga omnes”, dal canto suo ogni consociato sarà in grado di violarlo. Il danno deve essere legato all'azione lesiva da un nesso causale, suscettibile di valutazione in termini economici, non è però previsto il requisito della sua prevedibilità “ab origine". Ragion per cui l'azione per far valere tale danno, richiede la prova dell' illecito, del danno e del suo ammontare, del nesso causale e dell'elemento psicologico del dolo o della colpa, la stessa si prescrive in un quinquennio. Tutto ciò brevemente premesso, la responsabilità per attività di direzione e coordinamento, a modesto parere di chi scrive, appare più “calzante” rispetto alla figura della responsabilità “ex contractu” che non rispetto alla violazione di un generico “neminem laedere”. La responsabilità ex art. 2497, si profila qualora la società o l'ente capogruppo, viola i principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale, rispetto alle società controllate, arrecando pregiudizio ai soci delle stesse che assisteranno alla diminuzione del valore e della redditività della loro partecipazione, nonché ai creditori sociali, che intravedranno un pericolo all'integrità del patrimonio sociale , quindi la loro garanzia generica. Appare di tutta evidenza che tale tipo di responsabilità trovi la sua ragione di esistere in un diritto relativo, quale quello del socio e del creditore sociale, il cui danno ricordiamo è di natura puramente patrimoniale (relativo al valore ed alla redditività della partecipazione ed alla integrità del patrimonio sociale), ed appare prevedibile già al tempo di genesi dell'obbligazione, poiché il rispetto dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale, sono imposti “ab initio” dal legislatore stesso. Per una dottrina, in verità minoritaria, che sostiene la natura extracontrattuale di questo particolare tipo di responsabilità, mancherebbe il cosiddetto “contatto sociale”, da cui deriva il dovere di comportarsi secondo buona fede, la società holding annovererebbe tale dovere solo verso le controllate e non verso i loro soci o creditori. Ciò è di intuitiva confutabilità con la sola lettura dell' art. 2497, che parla “expressis verbis” di responsabilità diretta , tanto da conferire la legittimazione attiva all'esercizio dell'azione “ de qua” ai soci stessi ed ai creditori delle controllata. |
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