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Data: 24/10/2013 21:00:00 - Autore: C.G. di Marco Massavelli - Apposizione di segnali di pericolo per strada dissestata: l'obbligo incombe sull'ufficio tecnico comunale. Il responsabile dell'ufficio tecnico che non si attiva prontamente per predisporre la prescritta segnaletica stradale risponde del reato di rifiuto d'atti d'ufficio, previsto dall'articolo 328, codice penale. E' il principio stabilito dalla Corte di Cassazione Penale, con la sentenza 31 luglio 2013, n. 33235. In tal senso, la Suprema Corte ha da tempo affermato il principio secondo cui la condotta di rifiuto prevista dall'articolo 328, codice penale, si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un'urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell'atto, in modo tale che l'inerzia del pubblico ufficiale assuma la valenza di rifiuto dell'atto medesimo (Sez. 6, n. 4995 del 07/01/2010, dep. 08/02/2010, Rv. 246081; Sez. 6, n. 17570 del 16/03/2006, dep. 22/05/2006, Rv. 2338S8; Sez. 6, n. 31713 del 12/03/2003, dep. 28/07/2003, Rv. 226218; v., inoltre, Sez. 4, n. 17069 del 16/02/2012, dep. 08/05/2012, Rv. 253067). È altresì noto che, ai fini della configurabilità del reato di rifiuto di atti d'ufficio, si rende necessaria la condizione che il pubblico ufficiale sia consapevole del suo contegno omissivo, nel senso che deve rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento ‘contra jus'; tale requisito di illiceità speciale delimita la rilevanza penale solamente a quelle forme di diniego di adempimento che non trovino alcuna plausibile giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano il dovere di azione, e senza che ciò implichi il fine specifico di violare i doveri imposti dal proprio ufficio. Nel caso di specie, l'imputato, quale responsabile dell'ufficio tecnico comunale, aveva rifiutato di predisporre senza ritardo misure idonee ad eliminare il pericolo esistente in una strada comunale che presentava un'anomalia altimetrica trasversale al manto stradale a causa della presenza di radici di alberi – il cui stato di abbandono e degrado era stato oggetto, peraltro, di numerose segnalazioni da parte di privati e della Polizia municipale – ovvero di segnalarne, quanto meno, la presenza agli utenti con la collocazione di apposita segnaletica. In particolare, le due segnalazioni provenienti dalla polizia municipale, indirizzate al responsabile dell'ufficio tecnico comunale, evidenziavano la presenza di dossi sul manto stradale, causati dalle radici degli alberi, costituenti pericolo per la sicurezza della viabilità in ragione della possibile, e peraltro già insorta, verificazione di sinistri, suggerendo altresì la collocazione di una segnaletica indicativa dello stato di dissesto stradale. Sulla scorta di tale materiale probatorio, il giudice di primo grado riteneva comunque dimostrato che l'imputato avesse acquisito piena conoscenza dello stato dei luoghi, avendo inviato sul posto, per un sopralluogo il tecnico addetto, ed avendo poi ricevuto la comunicazione ufficiale della pendenza di una richiesta, avanzata da un cittadino nei confronti del Comune, di risarcimento dei danni per il sinistro riportato lungo la suddetta strada comunale, per cui correttamente veniva addebitato all'imputato di non avere – a fronte delle difficoltà di reperire nel bilancio comunale le somme per apprestare celermente un cantiere per provvedere alle necessarie manutenzioni – fatto collocare del cartelli indicativi dello stato di pericolo. Pur a fronte della certa conoscenza di uno stato di fatto che rappresentava un pericolo per la sicurezza della circolazione stradale e delle persone in transito su quella strada comunale, nonché della richiesta di risarcimento dei danni lamentato per effetto di un sinistro cagionato proprio da quella situazione di dissesto, l'imputato aveva omesso di adottare una cautela immediata – peraltro agevolmente approntabile senza spese aggiuntive per l'ente – che, senza interdire la fruibilità della sede stradale, rendesse comunque edotti gli utenti dell'esistenza di un pericolo derivante dalla presenza di un dosso. Infatti, l'imputato, proprio in ragione della sua posizione di vertice all'interno dell'apparato amministrativo comunale e della sua specifica competenza tecnica e preparazione professionale, non poteva non essere senz'altro a conoscenza non solo della segnalata emergenza, ma anche delle misure di minimo contenuto tecnico necessarie per rendere nota alla collettività la presenza di quell'insidia. E, seppure l'assenza di mezzi finanziari non avesse consentito l'eliminazione dello stato di dissesto del manto stradale, sarebbe stata comunque possibile e necessaria, oltre che agevolmente realizzabile sulla base dei contrassegni e dispositivi in dotazione dell'ente, la predisposizione di una misura alternativa egualmente efficace, consistente nella collocazione, nel tratto interessato, di una specifica segnaletica indicativa dell'esistenza di una oggettiva situazione di pericolo per la sicurezza degli utenti. In attesa dell'esecuzione degli interventi di manutenzione e sistemazione di quel tratto di strada, infatti, risultava comunque evidente una situazione di urgenza e necessità che oggettivamente imponeva di far fronte al perdurare dello stato di pericolo. Quindi, a parere dei giudici, l'obbligo di provvedere in ordine all'apposizione in loco di adeguati segnali di pericolo incombeva senz'altro sull'ufficio tecnico comunale del quale l'imputato era responsabile: si trattava, inoltre, di misure di cautela e prudenza tanto più rilevanti per fronteggiare il pericolo, quanto più lunghi si prospettavano i tempi di predisposizione del progetto per le opere di manutenzione, la sua approvazione e la successiva esecuzione dei lavori. La fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 328, codice penale, è compiutamente integrata sia dall'indebito diniego o dall'inerzia di comportamento doveroso in presenza di una richiesta o di un espresso ordine, sia quando – pur in assenza di tali specifiche sollecitazioni – sussista un'urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell'atto che, per una qualsiasi delle ragioni ivi espressamente indicate, debba essere compiuto senza ritardo. È dunque irrilevante il profilo della ‘fonte' di conoscenza della specifica situazione di pericolo da rimuovere per la sicurezza della circolazione stradale. Infatti, il rilievo dato dalla norma alla oggettiva impellenza di determinati interventi (‘indebitamente rifiuta un atto…che deve essere compiuto senza ritardò) induce a ritenere che la sollecitazione al compimento dell'atto, ove non sia espressamente prevista la necessità di una richiesta o di un ordine, ben può essere costituita anche dalla evidente sopravvenienza dei presupposti oggettivi che richiedono l'intervento e l'adozione dell'atto. Correttamente è stato posto in rilievo come l'imputato, nonostante la certa acquisizione della conoscenza di una oggettiva e rilevante situazione di persistente pericolo per la sicurezza della viabilità – e finanche di danno concreto, come emergente dalla stessa causazione di un sinistro stradale nel tratto interessato – non abbia fatto seguire nell'immediato l'adozione di alcun provvedimento, che peraltro era in suo potere emanare, né l'ordine di sistemarvi, quanto meno, l'opportuna segnaletica stradale, attivandosi in tempi rapidi, e senza l'aggravio di ulteriori spese aggiuntive, attraverso l'utilizzo di contrassegni e dispositivi in dotazione dell'ente, poiché accertati come senz'altro disponibili presso i magazzini comunali. |
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