Data: 29/10/2013 10:00:00 - Autore: Stefania Squeo
DI STEFANIA SQUEO
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Non può essere impugnato per nullità il preliminare di vendita immobiliare invocando il principio di reciprocità

Tanti sono i contratti preliminari di vendita di immobili che vengono ogni giorno stipulati con cittadini stranieri.

Pochi sanno cosa succede quando ad impugnare lo stesso contratto sia non l'italiano ma lo straniero, chiedendone al Giudice la nullità in ragione della propria incapacità giuridica, discendente dall'assenza della condizione di reciprocità.

 Nel caso verificatosi, lo straniero chiedeva altresì alla parte promettente venditrice la restituzione delle somme già versate a titolo di caparra e quanto già dato a titolo di acconto.

 Giunta la controversia in Cassazione, dopo pronunce contrastanti, quest'ultima ha rigettato il ricorso del cittadino straniero [1].

 Premesso che: “Il principio di reciprocità non riguarda qualsiasi diritto rivendicato dallo straniero. Sono esclusi dal suo ambito applicativo, in primo luogo, i diritti che Costituzione Repubblicana" w:st="on">Costituzione" w:st="on">la Costituzione Repubblicana e le Carte Internazionali attribuiscono ad ogni individuo per la sua stessa qualità di persona umana. I diritti inviolabili e le libertà fondamentali, infatti hanno il predicato dell'indivisibilità, e spettano ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani [2].

Sebbene  il contratto d'acquisto di una proprietà immobiliare non può, di per sé, inquadrarsi tra i diritti fondamentali della persona, la Corte, con un'interpretazione analogica dell'art.16 preleggi, sottrae il predetto contratto dall'ambito di applicazione del principio di reciprocità.

Secondo la Corte, in un'interpretazione costituzionalmente orientata, “l'acquisto dell'immobile da adibire ad abitazione o a sede della propria attività lavorativa, tende a favorire l'accesso a “tutti” (art.42, co.2 Cost.) come strumento di integrazione di ciascuno nella comunità nazionale attraverso la stabilità e la sicurezza economica che la proprietà personale è in grado di assicurare, e quindi impedisce di considerare fattore discriminante la nazionalità dei soggetti[3]. 

[1] Cass. sent. n. 7210 del 21 marzo 2013

[2] Corte Cost., sent. n.105 del 2001

[3] Cass. sent. n. 7210 del 21 marzo 2013

Stefania Squeo

Mediatore e praticante avvocato abilitata

Foro Milano


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