Data: 08/11/2013 16:00:00 - Autore: Pasquale Acconcia
Cure sanitarie e tutele dei Vigili del Fuoco in caso di infortunio sul lavoro: perplessità sull' esclusione dall'assicurazione generale per infortuni e malattie professionali
- di Pasquale Acconcia


        Le crescenti sollecitazioni a livello politico per riforme generali e di settore del welfare – e delle tutele per i rischi professionali, in particolare - impongono una riflessione compiuta su vari addendi del sistema attuale, sia per le  articolazioni operative sia per i principi generali che li ispirano. L'esigenza riguarda, fra l'altro, persistenti esclusioni dall'assicurazione infortuni generale per alcune categorie fra i quali i VV.FF. che pongono problemi richiamati di seguito a partire da una specifica situazione di disagio - l'adeguatezza delle cure sanitarie in caso di infortunio professionale - che si va aggravando come emerge da varie segnalazioni di seguito riportate. Da ciò l'opportunità di un arricchimento della tutela di detta categoria con il superamento di detta  esclusione.


        Fabrizio Di Ernesto in un efficace articolo (Lo stato spegne i pompieri. K.O. l'assicurazione sanitaria) pubblicato sul sito www.lanotiziagiornale.it ripropone la condizione dei Vigili del Fuoco  di fatto privi di un'efficace tutela sanitaria nel quadro di un generale degrado del servizio di emergenza di cui detti vigili sono l'asse portante. L'articolo riprende, così, preoccupazioni espresse nei mesi scorsi  su altri siti con  proteste di Vigli del Fuoco costretti a pagarsi cure e presidi sanitari occorrenti (anche) per infortuni professionali per il venir meno delle assicurazioni private stipulate sotto l'egida dell'ONA per i Vigili del Fuoco.[1] 

La vicenda è grave in se e rappresentativa  del meccanismo di sviluppo del nostro welfare che merita di essere richiamato, integrando le informazioni dell'Articolo che ricorda come i vigili non siano assicurati per gli infortuni sul lavoro (INAIL) e che il ristoro delle  spese mediche da loro anticipate dipende da riconoscimento della causa di servizio che interviene a distanza di tempo.

        Queste puntualizzazioni, pur essenziali, evocano tutto un mondo di tutele, a cominciare da quella dell'assicurazione INAIL nella quale, mentre sono compresi fra i soggetti tutelati gli addetti ad operazioni di salvataggio e spegnimento degli incendi, l'art. 1 del T.U. n.1124/1965 esclude esplicitamente i Vigili del Fuoco. Per riflettere, quindi, conviene proprio partire dalla normativa base dell'assicurazione infortuni sul lavoro secondo la quale:

  • tutti i dipendenti pubblici sono assicurati INAIL senza che sia di ostacolo la contestuale previsione – fino ad epoca recente – di istituti specifici quali l'equo indennizzo, coesistente con la rendita INAIL, salva la incumulabilità fino a concorrenza;
  •  i Vigili del fuoco sono esclusi (al pari degli altri corpi militari) per l'articolo 1 che ha resistito al vaglio di costituzionalità nel presupposto che il sistema di welfare nel suo complesso assicurasse prestazioni equivalenti a quelle infortunistiche. Una condizione che la Corte costituzionale ha ritenuto assolta alla luce delle prove addotte dall'Amministrazione circa la ricchezza di guarentigie assicurate ai Vigili del fuoco.

Su quest'ultimo punto sono forti le perplessità per la sperequazione fra i dipendenti civili e i Vigili poiché ai primi si riconosceva il diritto a entrambe le prestazioni, fermo restando il divieto di cumulo e possibilità di scelta. Per i vigili, invece, la previsione di provvidenze da causa di servizio escludeva ed esclude a monte il diritto alle prestazioni INAIL. La conclusione è incongrua anche perché, come vedremo, la pronuncia della Consulta finisce per confermare lo sperequato rilievo riservato tuttora alle prestazioni economiche “pensionistiche”, che esse sole sono da paragonare fra i due sistemi di tutela. Poco si dice, invece, delle cure per il recupero della salute e capacità lavorativa, che richiedono tempestività e compiutezza che solo l'assicurazione infortuni tendenzialmente offre o dovrebbe offrire: ancor oggi, a fronte dell'asserito primato della prevenzione dei rischi e delle invalidità, si continua a trascurare, insomma, che la guarigione è non solo diritto del lavoratore ma anche interesse dello Stato come datore di lavoro e come istituzione.

        La contraddizione è stata colta da giudici di merito (pur se con motivazione riduttiva)  che hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale ritenendo la norma dell'articolo 1 discriminatoria per i Vigili del Fuoco. La Corte costituzionale con una sentenza del 1987[2] dichiarò,  all'epoca, la questione inammissibile in base a una ricostruzione del sistema effettuata dalla Avvocatura dello Stato e fatta propria dalla Corte seguendo la ricostruzione del sistema operata dai giudici di merito nella ordinanza di rimessione.

La Consulta, cioè, si attenne alle motivazioni dell'ordinanza che sottolineava come la smilitarizzazione del Corpo dei VV.FF. (e degli altri corpi “militari”) avesse equiparato questi ai dipendenti civili dello Stato facendo venir meno il presupposto dell'esclusione. La stessa Consulta, peraltro, ha negato la rilevanza della questione affermando due principi concatenati fra loro: la garanzia dell'articolo 38 della Costituzione riguarda la generalità dei lavoratori, a prescindere dalla qualifica (con ciò evitando di pronunciarsi sull'assicurabilità dei corpi militari ex Dpr.1124/1965); ma nel rispetto di questo vincolo, il legislatore  può assicurarla con modi differenti, purché equivalenti. Faceva proprio, così, il ragionamento dell'Avvocatura dello Stato secondo cui “ rientra nella discrezionalità del legislatore preferire un autonomo apprestamento di appropriate misure di tutela per una categoria pubblica il cui lavoro presenta carattere di estrema differenziazione anche sotto il profilo dei rischi d'infortunio”. Impegno rispettato per i VV.FF. come confermano norme speciali richiamate dall'Avvocatura[3] che concludeva che, oltretutto, se agli istituti ora richiamati “si sovrapponesse la disciplina generale sulla assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro ne seguirebbe non una parificazione ma un ingiustificato vantaggio.”

 Da ciò l'inammissibilità della questione poiché il giudice di merito avrebbe basato il suo ragionamento sulla sola “smilitarizzazione” del Corpo dei VV.FF. senza contestare l'equipollenza dei trattamenti speciali per detti Vigili rispetto a quelli dell'assicurazione INAIL. Questa nei suoi termini generali la situazione che, oggetto di rare verifiche giurisdizionali, ha perpetuato, così, una sostanziale assenza di tutela, per la categoria, rispetto a esigenze di presa in carico - prevenzionale dei rischi, prevenzionale dell'invalidità con cura e riabilitazione – che negli anni hanno assunto, proprio in tema di rischi professionali, evidenza e spessore crescenti.

La conferma della coerenza costituzionale comporta che, oggi, venuti meno istituti di salvaguardia specifica come quello della ONA, sono destinati a moltiplicarsi situazioni di evidente malessere: punta di un iceberg costituito dal deterioramento della salute e sicurezza di una categoria pur esposta a rischi e condizioni di lavoro affatto rischiose e logoranti.

Questa conseguenza avrebbe potuto essere ridimensionata già dalla Corte costituzionale rispetto al ragionamento sviluppato nella sentenza già richiamata. Un primo elemento riguarda la circostanza che anche la generalità dei dipendenti civili dello Stato fruisce (o meglio fruiva) di particolari benefici ricollegati all'istituto della causa di servizio, senza che ciò abbia impedito che, in parallelo, gli stessi fossero assicurati per gli infortuni sul lavoro. Con la specificazione del divieto di cumulo non fra le pensioni privilegiate e le rendite infortuni, ma di queste ultime con l'equo indennizzo. Il ragionamento dell'Avvocatura, quindi, finiva per dimostrare troppo, mentre la vicenda da ultimo richiamata conferma come l'intera questione dovesse essere riconsiderata in tutti i suoi aspetti avendo presente quali siano i reali bisogni di sicurezza e protezione dei lavoratori.

Tutta la legislazione richiamata, infatti, dall'Avvocatura riguarda un meccanismo che nel complesso “gioca di rimessa” nel senso che garantisce prestazioni, forse adeguate - “alla fine della giostra” con un risultato, alla fine, che  potrebbe soddisfare in una visione statica e monetaria della garanzia. Al contrario resta inadeguato - e le vicende in esame lo confermano, in una lettura dinamica della garanzia di tutela per gli infortuni sul lavoro; nel momento iniziale e per tutto l'arco delle situazioni di bisogno collegate con l'evento”.

Resta immanente, cioè,un bisogno insopprimibile di tutela effettiva con livelli di prestazioni,  tempestività dell'intervento e prontezza del recupero fisico, garantiti nel caso di specie nei fatti e indirettamente da un soggetto terzo, l'ONA, che provvede in termini di “sanità integrativa” garantita dallo Stato datore di lavoro piuttosto che dallo Stato dell'articolo 38, 2° comma. E l'esperienza degli ultimi anni e mesi dimostra che a fronte della garanzia dello Stato datore di lavoro tagli ai finanziamenti per questi organismi, imposti dalla criticità della condizione economica, pongono in crisi il meccanismo, creando una condizione di incertezza che è la negazione stessa dei principi assicurativi, pur sociali.

La tipicità degli eventi infortunistici, al contrario, presuppone una garanzia dinamica che si faccia carico della tutela fin dal momento dell'evento, in tutto quello che possa occorrere per il recupero completo e tempestivo dell'integrità fisica e salute in generale. Da ciò la permanente disparità di trattamento, a nostro avviso, da valutare non nel complesso (alla fine il lavoratore ci guadagna, anche se rimane “più invalido”) ma passo dopo passo, lungo l'arco della presa in carico. Senza il rischio, oltretutto, che squilibri finanziari mettano in discussione i livelli di tutela adeguati.

Il tema, in ogni caso, non ha avuto nel tempo grande eco né mediatico, né di                              categoria con, sullo sfondo, un rifiuto aprioristico di tutti i  rappresentanti dei corpi “militari” di essere coinvolti nel sistema dell'assicurazione infortuni per il timore, forse, che ne derivasse una messa in discussione del reticolo di provvidenze specifiche della categoria; timore ben forte tanto da giustificare l'intervento del legislatore che con norma di interpretazione autentica ha espressamente chiarito che le norme del Testo unico 1124 non trovano applicazione per gli appartenenti a detti corpi: chiaro riconoscimento del fatto che in sede interpretativa  era fuori discussione la ricorrenza di detto obbligo assicurativo.

Che questo timore fosse non estraneo al netto rifiuto di tale riconoscimento – che pure  avrebbe comportato come beneficio diretto e immediato solo un arricchimento delle tutele in termini di opzione fra  vari trattamenti – lo conferma la circostanza che cominciano ad affiorare perplessità e proteste fra gli appartenenti ad alcuni comparti  “militari” che vedono con preoccupazione affermarsi a livello politico ed anche legislativo di una tendenza perequativa volta a ridimensionare le specificità di trattamento della miriade di istituti  vissuti accanto al sistema dell'A.G.O.: era l'oggetto, fra l'altro di una apposita delega di uno dei tanti provvedimenti “salva” Italia che riguardava in primo luogo proprio le categorie in questione e che è giunta in porto di recente con un regolamento di attuazione incentrato proprio sullo stralcio delle categorie stesse.

In questo quadro s'inserisce la vicenda specifica di cui ci occupiamo che trae origine dal concomitante verificarsi – a fronte della ribadita specificità - di un “episodio” negativo  frutto di uno dei tanti interventi di spending review: il mancato rinnovo del finanziamento da parte dello Stato della  speciale assicurazione (privata) di malattia che garantiva cure adeguate per le lesioni o malattie riportate in servizio, e non solo. Venuta meno l'assicurazione ONA gli interessati devono fare fronte alle necessità di cure – con risposte minimali – a loro spese, salvo rimborso dopo il riconoscimento della causa di servizio.

Si potrebbe obiettare che con il rimborso il principio di equivalenza è salvaguardato secondo i canoni a suo tempo fissati dalla Corte costituzionale. L'obiezione, peraltro,  lascerebbe stupiti (ma è valutazione personale di chi scrive) se letta nel quadro delle moderne sollecitazioni per la prevenzione non solo dei rischi, ma anche per le loro conseguenze invalidanti a breve e lungo termine. Per non parlare del ruolo fondamentale di un pronto e compiuto intervento di rieducazione e riabilitazione per un pieno recupero e sollecito rientro in servizio dei soggetti interessati, spesso bisognosi, oltretutto, di ricorrenti interventi terapeutici o riabilitativi ben oltre il primo momento di acuta criticità. Venuta meno l'assicurazione ONA, la tutela resta affidata nel breve periodo al  SSN ricco di un labirinto di esenzioni, di ticket, di liste di attesa ecc, che nel 2009 hanno indotto il legislatore a restituire – con il decreto 106 - pienezza di significato all'obbligo dell'INAIL di provvedere a garantire dette cure finalizzate ai suoi assicurati nella certezza, ormai certificabile, della impossibilità ontologica del SSN di provvedere in proposito.

Il pericolo, in questa situazione, è che a fronte delle proteste, delle sollecitazioni politiche e parlamentari la questione sia risolta ancora una volta con una “marcia indietro” mascherata del legislatore frutto non di un'esplicita soluzione normativa ma di  guerriglie parlamentari o di rilanci virtuosi volti a inserire la sistemazione di una questione specifica in un più ampio riordino, gradino dopo gradino…… di tutto il sistema Paese.

Si rischia, così, di confondere questo specifico tema in una più ampia rivisitazione dell'intero complesso della disciplina del trattamento economico e normativo, retributivo e previdenziale di certe categorie che trova la sua ragion d'essere nella specificità delle categorie stesse, spesso contestata a livello generale per perequazioni sempre settoriali e sempre dettate dall'emozione del momento e non da un generale riordino del sistema in discussione. Emblematica, proprio nel caso nostro, è la vicenda dell'articolo 24, comma 18 del decreto 201/2011 convertito con legge 214 del 2011 che prevedeva l'emanazione di un regolamento di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico di varie categorie, fra i quali in primo piano gli appartenenti ai corpi militari e smilitarizzati. Lo schema di decreto approdato a fine 2012 alle commissioni parlamentari per il prescritto parere è stato radicalmente modificato nella versione finale con lo stralcio integrale delle disposizioni riguardanti appunto detti “militari”, compresi i vigili del fuoco, in ragione della specificità di tali corpi ribadita oltretutto dalla parallela conferma, per essi soli, dell'intero sistema della causa di servizio.

E' rimasto, così, in piedi l'intero meccanismo della causa di servizio in considerazione del fatto che non si possa toccare un segmento della condizione di certi lavoratori senza riconsiderarla per intero in ragione delle specificità del lavoro in questione[4]. E' una valutazione senz'altro condivisibile in assoluto che, peraltro avrebbe richiesto – a nostro avviso – un intervento sul testo della legge delega in chiara trasparenza politica, piuttosto che  una posizione d'indifferenza rispetto al dettato normativo, con trasparente svalutazione dello stesso: quasi che una legge ingiusta non la si cambia, ma ci si limita a ignorarla ovvero a non attuarla nei mesi e anni a venire.

Nel caso di specie, però, pur nel rispetto delle scelte generali, ripetiamo che il sistema che si è inteso salvaguardare  continua a essere un meccanismo da “gioco di rimessa” nel senso che garantisce varie prestazioni con un risultato finale che  può soddisfare una visione statica e monetaria della garanzia costituzionale per i rischi professionali e per la tutela stessa del diritto alla salute. Alla fine del percorso, cioè, fatti i conti si verifica che il soggetto ha avuto quanto economicamente dovuto per risarcimento o rimborso; con lo stesso compiacimento che mostriamo per il riconoscimento del diritto di un lavoratore all'indennizzo in sede giudiziaria, magari dopo oltre dieci anni dall'evento.

Perciò ritengo che, in tema di tutela per i rischi professionali la mancata assicurazione INAIL per i Vigili del fuoco ne rende riduttiva la tutela complessiva se valutata, come dovuto, in una lettura dinamica della garanzia per detti rischi a partire dalla prevenzione del rischio a monte per proseguire rispetto, poi, alla prevenzione dell'invalidità a seguito del verificarsi dell'evento grazie a cure adeguate e tempestive, e per concludersi con riabilitazione e cura degli aggravamenti.

Questa soluzione ben potrebbe coniugarsi con l'affermarsi in campo privato di fondi di assistenza sanitaria “contrattuali” che arricchiscono la capacità di risposta del SSN nel suo occuparsi di “malattia per malattia”, sintomo dopo sintomo se così si può dire, e quella dei sistemi indennitari pubblicistici votati a garantire soldi – pochi o tanti che siano –– ma non quella globalità di tutela (la presa in carico di cui tanto si parla) per il recupero di salute e capacità lavorativa.

Del resto, proprio la norma che ha cancellato la causa di servizio per i dipendenti civili della P.A. esordisce affermando che “ferma restando l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali” con ciò riconoscendo che certi diritti e valori non possono restare senza tutela in modi che, evoluti nel tempo, garantiscano la presenza di un responsabile della completezza della risposta ai bisogni di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Certamente, per concludere, il tema può apparire marginale a confronto dei grandi temi mediatici – il lavoro che non c'è, gli esodati, le pensioni sempre più “magre” ecc.; non lo è se si considera che i progressi della medicina stanno creando le premesse per differenze fra malati di serie A, B e forse C per qualità dei servizi e per costo di cure pur essenziali per determinate lesioni e patologie. Nella logica originaria dell'assicurazione infortuni questo fatto restava irrilevante a fronte dell'obbligazione di garanzia dell'INAIL; non lo è in una logica che pretenda di esaurire il “pubblico” – e lo stesso welfare -  nel SSN sicchè la tutela d'intere categorie per i rischi professionali resta sempre più affidata alla garanzia del Welfare contrattuale o “privato”. 

        Questi sparsi spunti di riflessione consentono, da ultimo, in una considerazione  generale circa la contraddittorietà di un sistema che: da un lato, propone forme di prevenzione raffinate integrate con i momenti  assicurativi (le due “materie” sono confluite in un'unica gestione, l'INAIL); dall'altro, favorisce la perdita da parte del sistema generale dei dati infortunistico per larghe categorie di lavoratori che sono fuori dalla tutela generale INAIL, privando così il sistema d'informazioni e dati compiuti circa l'andamento del fenomeno in tali settori.

Certo, dovrà servire allo scopo il SINP, sistema informativo del lavoro di cui, però,  da oltre cinque anni si attende l'inizio delle attività.

 Nell'attesa – e per garantire ai Vigili del Fuoco, come agli altri Corpi “smilitarizzati”, compiuta tutela per i rischi professionali - i tempi sono maturi per una riconsiderazione in sede legislativa o di legittimità costituzionale dell'esclusione dalla tutela di dette categorie prevista dal richiamato articolo 1 o aggiunta a posteriori con norme di interpretazione  autentica.

Si tratterebbe, ripetiamo, di un arricchimento dell'attuale sistema di protezione per lavoratori esposti a rischi particolari, a fronte dei quali, preso atto che il dettagliato quadro normativo delle tutele specifiche per i VV.FF. (cfr. precedente nota 3) non esclude gli inconvenienti lamentati dagli interessati, resta sul tappeto il tema della tutela garantita dall'ONA. E'  un tema generale poiché a nostro avviso detta tutela rientrava fra le forme di welfare contrattuale  convenute dalla categoria con lo Stato datore di lavoro. Era, nella sostanza, un beneficio acquisito nel quadro di una contrattazione complessiva con tanti addendi collegati fra loro. Interventi trancianti dello Stato legislatore si questo tema, come su altri banali (come per i ticket) o non (come le vacanze contrattuali), da un lato richiedono una risposta sul piano sindacale, dall'altro rafforzano la necessità di ricondurre specifiche tutele in ordinari meccanismi di assicurazione sociale.  


[1] Si legge, infatti, sul sito del "Fatto quotidiano" in un articolo di M.Castigliani dell'8 luglio 2013, che dal 31 marzo 2013, i Vigili del Fuoco di tutta Italia, in caso d'incidente sul lavoro, devono pagarsi da soli le spese sanitarie. “Uno dei primi episodi è successo a Reggio Emilia, a metà aprile scorso. F.S. rimasto coinvolto in un incendio insieme al collega R., è ricoverato d'urgenza all'ospedale di Parma. Fisioterapia, guanti speciali per proteggere le mani causa ustioni e ricovero. Tutto a carico del Vigile, almeno inizialmente poiché una delle possibilità rimaste, è “”di chiedere una causa di servizio: si mandano i documenti all'amministrazione che poi ci dirotta a una Commissione medica che a sua volta dovrà valutare il rimborso”. Una procedura che prende tempo e che costringe gli operatori ad anticipare i fondi.

[2] http://www.giurcost.org/decisioni/1987/0157s-87.html

[3] Che delineano un trasparente impegno di fornire la migliore tutela (prevedendo ad esempio una figura di  “causa di servizio” immediata e diretta”) ma che, pur da valorizzare, come diremo nel testo, non dovrebbe escludere, il diritto a poter beneficiare delle prestazioni dell'assicurazione infortuni sul lavoro, soprattutto per la parte in cui questa assicurazione si evolva in una prospettiva di effettiva presa in carico del soggetto di fronte all'infortunio superando la necessità di una “miriade” di  previsioni specifiche per far fronte a tutti i bisogni scaturenti da un infortunio sul lavoro. Così, nella elencazione dell'Avvocatura. gli articoli quarantasei e 55 legge 13 maggio 1961, n. 469, riflettenti la licenza straordinaria fino a due anni per malattia dipendente da causa di servizio; l'art. 48 legge 469/1961 per il quale l'Amministrazione sopporta le spese di trasporto, cura e degenza nei casi di ferite, lesioni, infermità contratte per causa diretta e immediata di servizio; l'art. 68 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, che riconosce al vigile equo indennizzo per la perdita d'integrità fisica subita per infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio; l'art. 84 legge 469/1961 che prevede la corresponsione di un'indennità speciale annua in caso di cessazione dal servizio permanente per infermità proveniente da causa di servizio; gli artt. 64 e 75 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 che attribuisce ai vigili del fuoco la pensione privilegiata per infermità o lesioni, dipendenti da fatti di servizio per essere essi a tali effetti equiparati ai dipendenti militari; l'art. 74 legge 469/1961, che al personale volontario non vincolato da rapporto d'impiego attribuisce un'apposita assicurazione che copre tutti gli infortuni in servizio per i quali le spese di degenza e cura sono comunque a carico dello Stato)

[4] Complesso meccanismo e conseguenti benefici: l'equo indennizzo, il diritto al mantenimento del posto di lavoro per un periodo congruo, l'esenzione dai ticket sanitari,  esonero dal rispetto delle fasce orarie, maggiorazioni anzianità di servizio, pensione privilegiata per cause di servizio.


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