Data: 08/11/2013 12:00:00 - Autore: Letizia Macrì

di Letizia Macri - T.A.R. CAMPANIA – Sez. I - 4 marzo 2013, n. 01233 – Pres. Mastrocola – Est. Russo – Ad Progetti S.r.l. (avv.ti Capotorto e Sito) c. Comune di Forio in persona del Sindaco p.t. (avv. Biamonte)

Amministrazione pubblica - Contratti della P.A. - Responsabilità precontrattuale della P.A. - Configurabilità - Presupposti - Individuazione.

 

Ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della p.a., non si deve tener conto della legittimità dell'esercizio della funzione pubblica cristallizato nel provvedimento amministrativo, bensì della correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall'Amministrazione durante le fasi che precedono la stipula del contratto, alla luce dell'obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede ai sensi dell'art. 1337 c.c.

 

(Omissis)

1. Come anticipato nella parte in fatto, con sentenza n.2220 del 29 aprile 2010, la Sezione si è già pronunciata favorevolmente sulla domanda introduttiva proposta dalla Ad Progetti S.r.l., dichiarando l'illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Forio d'Ischia sull'istanza volta alla conclusione della procedura di project financing, preordinata alla progettazione, realizzazione e gestione, in regime di concessione, di un parcheggio pluripiano interrato (con sistemazione del piazzale soprastante) e di un centro per attività terziarie. Deve ora essere definito il ricorso per motivi aggiunti, con cui la stessa società ha chiesto l'annullamento della delibera (n.1 del 20.10.2011) – recante diniego di rilascio della concessione e di stipula della relativa convenzione – emessa dal commissario ad acta nominato per l'esecuzione della citata pronuncia nonché la condanna della p.a. al risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale e/o alla corresponsione di un indennizzo.

2. La domanda impugnatoria è infondata e va, pertanto, respinta.

2.1. Non merita accoglimento la prima doglianza, con cui la ricorrente lamenta la violazione e/o l'elusione del giudicato formatosi sulla sentenza di questo Tribunale, menzionata nell'incipit, atteso che la pronuncia si è limitata alla sola declaratoria dell'obbligo dell'amministrazione di definire il procedimento in modo espresso, con conseguente salvezza del potere di accertare la sussistenza di tutti i presupposti di legge per la positiva definizione del progettato intervento, tra i quali è compresa la necessaria copertura finanziaria.

2.2. Né può reputarsi che il diniego opposto dal commissario ad acta non sia sorretto da adeguata istruttoria e da congrua motivazione in quanto la ragione ostativa al perfezionamento della fattispecie, oltre ad essere chiaramente espressa e concretamente sussistente, è anche ineccepibile sotto il profilo giuridico. Il funzionario prefettizio all'uopo designato ha, infatti, osservato che, sebbene per la realizzazione dell'opera fosse stato previsto un cofinanziamento da parte del comune (pari ad € 2.700.000,00, come precisato nella bozza di convenzione), l'ente locale ha rimandato l'impegno di spesa (cfr. deliberazione n.191 dell'8.7.2005 recante approvazione dello studio di fattibilità dell'opera) alla successiva fase dell'affidamento dell'intervento. Sennonché, giunto il procedimento allo stadio conclusivo, la determina dirigenziale di aggiudicazione all'A.T.I. ricorrente (n.249 del 22.12.2006) è restata priva del necessario visto di regolarità contabile previsto dall'art.151, comma 4, del D. Lgs. n.267 del 2000.

Incontestato in punto di fatto il suesposto rilievo, non poteva di certo esigersi che il commissario dovesse comunque rilasciare la concessione e stipulare la convenzione ad essa collegata ovvero reperire in ogni caso i fondi occorrenti.

Sotto il primo profilo, giova rammentare che l'art. 151 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, al comma 4, prevede che : “I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria.”. Il successivo art. 153, comma 5, statuisce poi che: “Il responsabile del servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa […]”. Infine, l'art. 191, comma 1, dello stesso TUEL dispone che : “Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria di cui all'art. 153 comma 5”.

Ancorchè il citato art. 151, comma 4, non preveda più "la nullità di diritto" dell'atto di impegno di spesa non contenente l'attestazione della relativa copertura finanziaria da parte del responsabile del servizio finanziario – in precedenza stabilita dall'art. 55, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (cfr. Corte di Cassazione, SS.UU. 26 luglio 2002, n. 11098; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 19 settembre 2007, n. 7878; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 22 giugno 2009, n. 5986) – resta fermo che il visto di regolarità contabile congiunto all'attestazione di copertura finanziaria è requisito di esecutività dell'atto amministrativo ossia della sua efficacia giuridica, la cui mancanza consente la verifica dell'operato degli organi preposti, secondo le rispettive competenze, e la conseguente applicazione delle sanzioni previste dall'ordinamento in caso di accertata responsabilità (cfr. Corte Conti, reg. Sicilia, sez. giurisd., 24 aprile 2012, n.1337 e 23 marzo 2011, n. 1058). Dunque, alla luce della normativa appena richiamata, il riscontro negativo dell'istanza della ricorrente è esente dalle prospettate critiche, ponendosi quale esito doveroso della funzione di cui è stato investito l'organo commissariale.

Sotto il secondo aspetto, il Collegio osserva che il funzionario designato, nell'ambito dell'istruttoria da lui svolta in vista delle determinazioni da adottare, ha anche riscontrato quanto riferito dal responsabile del Settore finanziario dell'ente locale, laddove questi ha rappresentato che “allo stato l'Amministrazione Comunale non può finanziare l'opera in questione, mediante contrazione di mutuo, né tantomeno utilizzare altre risorse correnti allo stato indisponibili.” (cfr. verbale n.2 riferito alla riunione tenutasi il 29.9.2011). L'affermazione è stata ulteriormente ribadita ed approfondita nella memoria difensiva depositata dal Comune di Forio d'Ischia – peraltro non specificamente contestata dalla controparte – laddove si dimostra che l'eventuale concessione del mutuo comporterebbe lo sforamento del patto di stabilità interno per il triennio 2011-2013 (ai sensi dell'art.1, commi 87-124 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122), facendo lievitare l'incidenza percentuale della spesa per gli interessi, con conseguente applicazione delle misure sfavorevoli previste dall'evocata normativa.

2.3. L'appurata legittimità dell'atto in discussione, nei termini dianzi precisati, rende recessiva la censura di violazione delle garanzie partecipative, per la mancata spedizione del cd. preavviso di rigetto dell'istanza, ex art. 10-bis della L. n.241 del 1990, tenuto conto dell'esito sostanzialmente vincolato dell'attività commissariale nei termini appena precisati.

2.4. Dalle considerazioni fin qui svolte discende l'infondatezza del ricorso per la parte relativa alla richiesta di annullamento della gravata delibera.

3. Procedendo oltre, si palesa infondata anche la domanda volta a conseguire un equo indennizzo ex art. 158 D. Lgs. n.163/2006 o, in via gradata, ex art. 21 quinquies L. n. 241/1990. Invero, è agevole osservare che, nel caso di specie, la concessione non risulta mai rilasciata all'interessata (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 4 aprile 2012, n. 1602) – tanto che questa ha agito in giudizio avverso il silenzio tenuto al riguardo dall'amministrazione comunale – e che il commissario ad acta non ha comunque revocato in autotutela alcun provvedimento ampliativo ad efficacia durevole, essendosi limitato a constatare il difetto (sin dall'origine) della copertura finanziaria necessaria per il perfezionamento della fattispecie. Infatti, nelle procedure di financig project, il promotore assume, oltre al rischio economico, anche quello amministrativo ed è fisiologicamente esposto al dovere permanente dell'amministrazione di verifica della reale fattibilità del progetto da esso presentato; qualora, dunque, si manifesti un impedimento e si imponga un conseguente arresto, anche definitivo, del procedimento, questo non integra un atto di ritiro dell'iniziale valutazione di interesse pubblico del progetto, in quanto il nuovo atto si colloca su un piano del tutto distinto rispetto al precedente, limitandosi a prendere atto dell'esistenza dell'impedimento emerso (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 21 giugno 2011, n. 3274 e 3 luglio 2012, n.3141; Consiglio di Stato, sez. V, 7 aprile 2011, n. 2154).

4. E' invece meritevole di accoglimento la domanda di risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale.

4.1. Come è noto, nel corso degli ultimi anni, si è affermato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della p.a., non si deve tener conto della legittimità dell'esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo, bensì della correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall'Amministrazione durante le fasi che precedono la stipula del contratto, alla luce dell'obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede, ai sensi dell'art. 1337 c.c. (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 7 settembre 2009, n 5245; Ad. Plen. 5 settembre 2005, n. 6), norma che, tra l'altro, impone all'amministrazione di porre in essere tutti gli adempimenti necessari a garantire l'efficacia o l'utilità del rapporto negoziale instaurato col privato. L'approccio in questione appare coerente coi più recenti arresti della Corte di Cassazione, secondo cui il principio di correttezza e buona fede deve essere inteso in senso oggettivo, in quanto enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull'art. 2 Cost., che, operando con criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell'imporre a ciascuna delle parti il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicché dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile (cfr. Cassazione Civile, sez. III, 10 novembre 2010, n. 22819).

4.2. Ciò posto, non v'è dubbio, anzitutto, che nel caso in esame l'avanzato stadio della procedura pubblicistica volta all'individuazione del contraente-concessionario ha fatto sorgere un legittimo affidamento in capo al soggetto privato, restato poi senza seguito. Infatti, la dichiarazione di interesse pubblico del progetto e la successiva aggiudicazione sono senz'altro idonee a conferire al proponente una posizione differenziata e qualificata meritevole di tutela giuridica (cfr. T.A.R. Campania, sez. I, 3 luglio 2012, n. 3141). Questo legittimo affidamento è stato, tuttavia, frustrato da una condotta dell'amministrazione non conforme alle regole di correttezza e buona fede di cui all'art. 1337 c.c.

4.3. Infatti, il Comune di Forio d'Ischia, come si è visto, oltre ad attivare la descritta procedura senza garantirne la copertura finanziaria, ha colpevolmente portato avanti la stessa senza attivarsi in alcun modo per porre rimedio alla già segnalata carenza ovvero, valutata l'inopportunità o l'impossibilità di reperire le indispensabili risorse economiche, per ritirare tempestivamente in autotutela l'iniziativa imprudentemente intrapresa. Come si è già rilevato, l'inerzia dell'amministrazione è proseguita anche a fronte delle diffide notificate dalla ricorrente e della pronuncia di questo Tribunale con cui è stata dichiarata l'illegittimità del silenzio inadempimento dell'ente. Ed anzi, dopo la citata sentenza (n.2220 del 29.4.2010), il Sindaco di Forio ha comunicato all'interessata (con nota prot. n.7666 del 23.3.2011) che “questa Amministrazione intende confermare la volontà di proseguire sulla strada intrapresa al fine di dotare la comunità di una importante infrastruttura” e, dopo aver evidenziato le difficoltà finanziarie dell'ente, ha invitato l'A.T.I. “a voler riformulare una proposta alternativa a quella a suo tempo dichiarata di interesse pubblico con delibera di G.M. n.262 del 28.10.2005, la quale deve escludere la corresponsione di qualsiasi prezzo da parte di questa Amministrazione. L'Amministrazione comunale si impegna, nel caso che la proposta formulata da codesta ATI sia ritenuta di interesse pubblico, a procedere celermente alla sua approvazione ed attivare le procedure per definire celermente l'iter procedurale”. Tuttavia, sebbene la ricorrente abbia prontamente rielaborato il progetto (trasmesso in data 20.4.2011) in conformità alla richiesta, rivelando l'effettivo interesse all'attuazione dell'intervento e ponendo in essere una condotta improntata a fattiva e leale collaborazione, ed ancorchè l'iniziativa sia stata trasfusa in una proposta di delibera (in data 18.5.2011), pure il descritto segmento procedimentale è rimasto inspiegabilmente monco, non risultando che la Giunta comunale si sia mai espressa sulla nuova proposta.

Ad avviso del Collegio, il complessivo comportamento tenuto dal comune sull'intera vicenda viola palesemente i canoni di correttezza dell'azione amministrativa e di buona fede in senso oggettivo e perciò non può essere ricondotto nell'ambito del rischio che di regola assume l'impresa promotrice nelle procedure di finanza di progetto.

4.4. E' altresì ravvisabile l'elemento soggettivo della colpa dell'amministrazione, per aver omesso ogni verifica sulla sussistenza della detta copertura finanziaria, per non essersi attivata adeguatamente per porvi rimedio e per aver continuato a coltivare l'iniziativa senza pervenire alla positiva conclusione della vicenda, pur essendo stata rimossa dal privato la suindicata causa impeditiva, ingenerando così nella parte un falso affidamento in ordine al rilascio della concessione-contratto (in tal senso, Consiglio Stato, sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4309; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 4 febbraio 2011, n. 210; T.A.R. Lazio, sez. III, 22 giugno 2009, n.5986).

Per le ragioni appena esposte, il Comune di Forio d'Ischia si è reso colpevole di un'ipotesi di responsabilità di carattere precontrattuale idonea a supportare la pretesa risarcitoria avanzata in sede di motivi aggiunti.

4.5. Quanto alla misura del risarcimento, va rammentato che nel caso di responsabilità precontrattuale essa va commisurata al c.d. interesse negativo, cioè alle spese inutilmente sostenute (danno emergente) ed alle perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali (lucro cessante). Ai fini della concreta quantificazione del danno, il Collegio ritiene di poter fare applicazione della previsione di cui al comma 4 dell'art. 34, c.p.a., secondo cui, in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 12 luglio 2011, n. 4196).

A tal uopo il Collegio ordina al Comune di Forio d'Ischia di proporre alla ricorrente, entro sessanta giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, l'ammontare dell'importo spettante sulla base dei seguenti criteri:

- in primo luogo, vanno risarcite le spese effettivamente sostenute e dimostrate per la redazione degli atti progettuali e per il compimento di tutte le altre attività finalizzate alla presentazione dell'originaria proposta di project financing (ivi compresa la polizza fideiussoria esibita in atti);

- per la seconda proposta progettuale, devono essere detratte duplicazioni di costi ed onorari discendenti dall'utilizzazione delle attività già svolte per la precedente attività, eventualmente anche attraverso una congrua riduzione percentuale delle relative prestazioni;

- nulla è dovuto a titolo di lucro cessante, atteso che la ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova relativo ad ulteriori, possibili occasioni di stipulazione di contratti (altrettanto o maggiormente vantaggiosi rispetto a quello non concluso);

- nulla è dovuto per il preteso mancato utile discendente dalla gestione dell'opera, non rientrando questo nell'interesse negativo, come sopra definito;

- sul quantum risarcitorio in tal modo determinato, da intendersi quale debito di valore, dovrà essere computata la rivalutazione monetaria, con decorrenza dalla data della domanda e sino al giorno della pubblicazione della sentenza; dovranno, inoltre, essere computati gli interessi nella misura legale dalla data di deposito della decisione sino all'effettivo soddisfo.

5. In conclusione, per le ragioni sin qui esposte, il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto solo in parte, nei sensi di cui in motivazione, e per l'effetto deve essere disposta la condanna del Comune di Forio d'Ischia al risarcimento del danno a titolo di responsabilità contrattuale, proponendo in favore della parte ricorrente, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, una somma di denaro determinata in base ai criteri di cui al capo 4.3. della motivazione.

5.1. La complessità delle questioni sottese alla presente decisione e la parziale soccombenza reciproca giustificano la compensazione delle spese di lite fra le parti, fatto salvo il compenso per l'attività svolta dal commissario ad acta (già liquidato in € 1.000,00 con decreto collegiale n.1625, depositato il 4 aprile 2012) ed il contributo unificato, che vanno posti entrambi a carico del comune resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, condanna il Comune di Forio d'Ischia a proporre in favore della parte ricorrente, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, una somma di denaro a titolo di responsabilità precontrattuale, determinata in base ai criteri di cui al capo 4.3. della decisione.

Spese compensate, fatto salvo il compenso per l'attività svolta dal commissario ad acta (già liquidato in € 1.000,00 con decreto collegiale n.1625/2012) ed il contributo unificato, che vanno posti entrambi a carico dell'amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

 

 

   

 

Il project financing e la responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione. La perimetrazione dei due concetti alla luce dell'orientamento del T.A.R. campano.

 

1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - accogliendo solo in parte il ricorso per motivi aggiunti proposto dalla società Ad Progetti S.r.l., in proprio ed in qualità di capogruppo dell'a.t.i. Ad Progetti S.r.l., Italgeco Scarl, Credendino Costruzioni S.p.A. - ha statuito la sussistenza dei presupposti per la condanna in capo al Comune di Forio d'Ischia al risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale.

Al fine di comprendere la argomentazioni addotte dal T.A.R. campano in punto di diritto – fulcro centrale del presente commento – occorre in primis ricostruire in maniera concisa gli accadimenti ad essi sottesi.

Con delibera n. 282 del 28 ottobre 2005 la Giunta municipale di Forio d'Ischia individuava come qualificata da pubblico interesse la proposta presentata dalla società Ad Progetti S.r.l. per la progettazione, realizzazione e gestione, in regime di concessione, di un parcheggio pluripiano interrato (con sistemazione del piazzale soprastante) e di un centro per attività terziarie.

Con successiva determina dirigenziale del dicembre del 2006 la procedura veniva aggiudicata all'a.t.i. ricorrente.

A fronte del comportamento inerte della p.a., la società promotrice richiedeva l'accertamento della illegittimità del silenzio serbato dall'amministrazione comunale sulla propria diffida a concludere la procedura mediante il rilascio della concessione e contestuale stipula della concessione accessiva.

Con sentenza n. 2220 del 29 aprile 2010, la presente Sezione si pronunciava favorevolmente sulla domanda introduttiva proposta dalla Ad progetti S.r.l., dichiarando l'illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Forio d'Ischia sulla istanza volta alla conclusione della summenzionata procedura di project financing.

Persistendo l'inerzia della p.a., con ordinanza collegiale, il T.A.R. adito nominava il Prefetto della provincia di Napoli quale commissario ad acta per l'esecuzione della citata sentenza. Quest'ultimo opponeva il diniego al rilascio della concessione-contratto, di cui alla suindicata procedura di project financing, sul rilievo della mancanza della necessaria copertura finanziaria, ex art. 151, comma 4, del D.Lgs. n. 267 del 2000.

Avverso tale determinazione commissariale, l'istante insorgeva dinanzi al presente T.A.R. per la  Campania chiedendo – attraverso la deduzione di più motivi di censura – l'annullamento della delibera recante il diniego del rilascio della concessione e di stipula della relativa convenzione emessa dal commissario ad acta nominato per l'esecuzione della citata pronuncia, e domandando il proprio diritto al risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale ex artt. 1337 c.c. e/o di indennizzo ex art. 158 D.Lgs. n. 163/2006 o, in via ulteriormente gradata, ex art. 21 quinquies L. n. 241/1990.

Come anticipato in premessa, i Giudici amministrativi respingono la domanda impugnatoria, ritenendola infondata e accolgono in parte la domanda per motivi aggiunti. Nei paragrafi che seguono verrà analizzato nello specifico l'iter motivazionale seguito dal T.A.R. campano per l'emissione della sentenza in commento.

 

2. In assenza di questioni preliminari e pregiudiziali, il T.A.R. campano entra subito nel merito della questione sottoposta alla sua cognizione. In particolare, i Giudici amministrativi rigettano la prima doglianza, con cui la ricorrente lamenta la violazione e/o l'elusione del giudicato formatosi sulla sentenza emessa in precedenza dal presente Tribunale adito, di cui si è fatto cenno nell'incipit della presente nota, “atteso che la pronuncia si è limitata alla sola declaratoria dell'obbligo dell'amministrazione di definire il procedimento in modo espresso, con conseguente salvezza del potere di accertare la sussistenza di tutti i presupposti di legge per la positiva definizione del progettato intervento, tra i quali è compresa la necessaria copertura finanziaria”.

Va del pari declinata, ad avviso del T.A.R. adito, la motivazione addotta da parte ricorrente secondo cui il diniego opposto dal commissario ad acta non sia sorretto da adeguata istruttoria e da congrua motivazione. In particolare, secondo i Giudici partenopei, l'istruttoria oltre ad essere chiaramente espressa e concretamente sussistente, è anche ineccepibile sotto il profilo giuridico. Al tempo dei fatti, infatti, il funzionario prefettizio all'uopo designato ha osservato che – sebbene per la realizzazione dell'opera fosse stato previsto un cofinanziamento da parte del Comune – quest'ultimo ha rinviato l'impegno di spesa alla successiva fase dell'affidamento dell'intervento. Sennonché, giunto il procedimento allo studio conclusivo, la determina dirigenziale di aggiudicazione all'a.t.i. ricorrente è restata priva del necessario visto di regolarità contabile previsto dall'art. 151, comma 4, del D.L.gs. n. 267 del 2000.

Orbene, il Collegio adito, dopo aver passato in rassegna la condotta dell'Ente locale rispetto al contesto nel quale si è trovato ad operare, giunge a fissare due punti fermi su cui far ruotare l'intero iter motivazionale: l'uno consistente nella considerazione che il commissario ad acta non poteva rilasciare la concessione e stipulare la convenzione ad essa collegata  e l'altro dall'analisi che il il funzionario designato, nell'ambito dell'istruttoria da lui svolta in vista delle determinazioni da adottare, ha anche riscontrato quanto riferito dal responsabile del Settore finanziario dell'ente locale.

Con riferimento al primo punto, è opportuno rilevare come la questione in esame trova il proprio referente normativo nell'art. 151 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, quarto comma, che recita : “I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria.”. Altresì, il successivo art. 153, comma 5, statuisce poi che: “Il responsabile del servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa”. Infine, l'art. 191, comma 1, dello stesso TUEL dispone che : “Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria di cui all'art. 153 comma 5”.

Il T.A.R. adito soffermandosi ad analizzare in particolare l'art. 151, comma 4 e richiamandosi ad un orientamento non certo innovativo ma ribadito a più riprese in passato dalla giurisprudenza[1], afferma che nonostante il summenzionato articolo non preveda più "la nullità di diritto" dell'atto di impegno di spesa non contenente l'attestazione della relativa copertura finanziaria da parte del responsabile del servizio finanziario – in precedenza stabilita dall'art. 55, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142 – resta fermo che il visto di regolarità contabile congiunto all'attestazione di copertura finanziaria è requisito di esecutività dell'atto amministrativo ossia della sua efficacia giuridica, la cui mancanza consente la verifica dell'operato degli organi preposti, secondo le rispettive competenze, e la conseguente applicazione delle sanzioni previste dall'ordinamento in caso di accertata responsabilità[2]”. Sulla scorsa di tali considerazioni ed in linea con quanto affermato dalla Corte dei Conti lo scorso anno in un caso sostanzialmente sovrapponibile al presente[3], i Giudici napoletani ritengono legittimo e doveroso il comportamento tenuto dall'organo commissariale.

A sostegno delle illustrate conclusioni e con riferimento al secondo aspetto, il Collegio osserva come il funzionario designato, nell'ambito dell'istruttoria da lui svolta in vista delle determinazioni da adottare, si è omologato a quanto espresso dal responsabile del Settore finanziario dell'ente locale nonché a quanto argomentato nella memora difensiva del Comune di Forio d'Ischia – peraltro non specificatamente contestata da controparte – secondo cui “l'eventuale concessione del mutuo comporterebbe lo sforamento del patto di stabilità interno per il triennio 2011-2013, facendo lievitare l'incidenza percentuale della spesa per gli interessi, con conseguente applicazione delle misure sfavorevoli previste dall'evocata normativa”.

Pertanto, appurata legittimità dell'atto in discussione, nei termini dinanzi precisati, il T.A.R. adito ritiene non meritevole di accoglimento le censure di violazione delle garanzie partecipative, per la mancata spedizione del cd. preavviso di rigetto dell'istanza, ex art. 10 bis della Legge n. 241/1990[4].

Dalle considerazioni fin qui svolte discende l'infondatezza del ricorso per la parte relativa alla richiesta di annullamento della gravata delibera.

 

3. Proseguendo nell'analisi della sentenza in commento, con l'ultimo motivo la ricorrente insta per il riconoscimento dell'equo indennizzo ex art. 158 d.lgs. n. 163/2006[5] o, in via gradata, ex art. 21 quinquies l. n. 241/1990[6].

Le suindicate censure, esaminate congiuntamente, vengono ritenute infondate da parte del T.A.R. campano.

In particolare, secondo l'art. 21 quinquies l. n. 241/1990, in caso di revoca di un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, l'Amministrazione ha l'obbligo di provvedere all'indennizzo dei pregiudizi che la revoca comporta in danno dei soggetti direttamente interessanti.

Si tratta di una misura indennitaria volta a compensare il pregiudizio che il privato viene a soffrire in relazione al legittimo esercizio del potere di ritiro di un provvedimento inopportuno, costitutivo di un rapporto dal quale il privato medesimo trae concreta utilità.

Nel caso in esame, non può dirsi ricorrano tali condizioni.

In particolare, i giudici campani osservano che, nel caso di specie, la concessione non risulta mai stata rilasciata all'interessata[7] - tanto che quest'ultima ha agito in giudizio avverso il silenzio serbato dall'amministrazione comunale – e che il commissario ad acta non ha comunque revocato in autotutela alcune provvedimento ampliativo ad efficacia durevole, essendosi limitato – come emerge dalla narrativa della presente sentenza in commento – a constatare il difetto sin dall'origine della copertura finanziaria necessaria per il perfezionamento della fattispecie.

Al riguardo, si segnala come è  jus receptum che, “il promotore nelle procedure di financing project[8] assume, oltre al rischio economico, anche quello amministrativo ed è fisiologicamente esposto al dovere permanente dell'Amministrazione di verifica della reale fattibilità del progetto da esso presentato; qualora, dunque, si manifesti un impedimento e si imponga un conseguente arresto, anche definitivo, del procedimento, questo non integra un atto di ritiro dell'iniziale valutazione di interesse pubblico del progetto, in quanto il nuovo atto si colloca su un piano del tutto distinto rispetto al precedente, limitandosi a prendere atto dell'esistenza dell'impedimento emerso[9]”.

E' invece meritevole di accoglimento, ad avviso della Sez. I del T.A.R. Campania, la domanda di risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale[10].

I giudici amministrativi, abbracciando un recente e consolidato orientamento giurisprudenziale quivi riportato in sentenza, afferma come nello svolgimento della sua attività l'amministrazione è tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nell'interesse pubblico, ma anche le norme di correttezza di cui all'art. 1337 prescritte dal diritto comune, la cui violazione assume significato e rilevanza dopo che gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi sono venuti meno e questi ultimi effetti si sono trasformati in affidamenti restati senza seguito[11]. Pertanto, ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della  p.a., non si deve tener conto della legittimità dell'esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo, bensì nella correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall'Amministrazione durante le fasi che precedono la stipula del contratto, alla luce dell'obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede, ai sensi dell'art. 1337. Tale ultima norma, secondo quanto osservato dai giudici partenopei, impone all'amministrazione di porre in essere tutti gli adempimenti necessari a garantire l'efficacia o l'utilità del rapporto negoziale instaurato col privato.

Sull'illustrata linea interpretativa si collocano le recenti pronunce della Corte di Cassazione, in cui è stato statuito che “il principio di correttezza e buona fede deve essere inteso in senso oggettivo, in quanto enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull'art. 2 Cost., che, operando un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell'imporre a ciascuna delle parti il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicché dalla violazione di tale regola il comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile[12].

Tornando alla fattispecie in esame, l'avanzato stadio della procedura di individuazione del contraente-concessionario ha fatto sorgere un legittimo affidamento in capo all'istante, restato poi senza seguito. In particolare, la dichiarazione di interesse pubblico del progetto, che in base alla disciplina applicabile ratione temporis attributiva senz'altro al proponente una posizione differenziata e qualificata tutelabile in giudizio – basti pensare al diritto del promotore, nel caso in cui non si aggiudicasse la gara, ad ottenere il pagamento delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, ai sensi dell'art. 37 quater, comma 4, l. n. 109/1994 (ora art. 153, comma 12, d.lgs. n. 163/2006) e prima ancora di essere preferito, ex art. 37 ter legge cit. e art. 253, comma 26, d.lgs. n. 163/2006, ove intendesse adeguare la proposta alle offerte economicamente più vantaggiose presentate dai concorrenti alla gara svolta in base alla stessa – nonché la successiva aggiudicazione, hanno tramutato la posizione di mera aspettativa del proponente in un legittimo affidamento meritevole di tutela, anche alla stregua della normativa civilistica richiamata[13].

Tale legittimo affidamento è stato, tuttavia, frustato da una condotta dell'amministrazione non conforme alle regole di correttezza e buona fede di cui all'art. 1337 c.c.

Tornando alla fattispecie in esame, il Comune di Forio d'Ischia, come anticipato nell'incipit del presente commento, oltre ad attivare la procedura di individuazione del contraente-concessionario senza garantirne la copertura finanziaria, ha colpevolmente portato avanti la stessa senza attivarsi in alcun modo per porre rimedio alla già segnalata carenza ovvero, valutata l'inopportunità o l'impossibilità di reperire le indispensabili risorse economiche, per ritirare tempestivamente in autotutela l'iniziativa imprudentemente intrapresa.

Ad avviso del Collegio, pertanto, quanto accaduto esula da quello che dovrebbe costituire, secondo canoni di buona amministrazione, l'ordinario e corretto svolgimento dell'azione amministrativa e, perciò, non può essere ricondotto nell'ambito di quel peculiare rischio che assume l'impresa promotrice nelle procedure di finanza di progetto, secondo l'orientamento giurisprudenziale sopra riferito.

Altresì, i Giudici aditi, soffermandosi sull'elemento psicologico della condotta posta in essere dall'Ente locale, ritiene la sussistenza della colpa da parte della p.a. per aver omesso ogni verifica sulla sussistenza della citata copertura finanziaria, per non essersi attivata adeguatamente per porvi rimedio e per aver continuato a coltivare l'iniziativa senza pervenire alla positiva conclusione della vicenda, pur essendo stata rimossa dal privato la suindicata causa impeditiva, ingenerando così nella parte un falso affidamento in ordine al rilascio della concessione-contratto[14].

Per le ragioni appena esposte, il Collegio giunge alla conclusione che il Comune di Forio d'Ischia si è reso colpevole di un'ipotesi di responsabilità di carattere precontrattuale idonea a supportare la pretesa risarcitoria avanzata da parte istante in sede di motivi aggiunti.

Quanto alla misura del risarcimento, il Collegio rammenta come, trattandosi di una fattispecie di responsabilità precontrattuale essa va commisurata al c.d. interesse negativo, cioè alle spese inutilmente sostenute (danno emergente) ed alle perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali (lucro cessante).

Ai fini della concreta quantificazione del danno, il Collegio, sulla scorta di una recente pronuncia del Consiglio di Stato[15], ritiene applicabile quanto sancito dall'art. 34, comma 4, c.p.a., secondo cui, in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine.

In definitiva, il T.A.R., alla luce delle considerazioni analizzate nel presente commento, accoglie solo in parte il ricorso per motivi aggiunti e per l'effetto dispone la condanna del Comune di Forio d'Ischia al risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale.

 

                

Letizia Macrì


[1] Cfr. Corte di Cassazione, SS.UU. 26 luglio 2002, n. 11098, in www.cortedicassazione.it; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 19 settembre 2007, n. 7878 e T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 22 giugno 2009, n. 5986 in www.giustizia-amministrativa.it.

[2] Cfr. Corte Conti, reg. Sicilia, sez. giurisd., 23 marzo 2011, n. 1058, in www.corteconti.it.

[3] Cfr. Corte Conti, reg. Sicilia, sez. giurisd., 24 aprile 2012, n.1337, in www.corteconti.it.

[4] Il citato articolo recita: “Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il temine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziali sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali”. Per una disamina sul tema del preavviso di rigetto, si segnalano i seguenti studi: Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2011, 422; Cassese, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 2009, 270; Scoca (a cura di), Diritto amministrativo, Bologna, 1993, 236-239. Al riguardo, Scoca afferma che la fase disciplinata dall'art. 10 bis si caratterizza per alcune particolari peculiarità. In particolare, nel momento in cui si innesta non soltanto l'istruttoria procedimentale può dirsi conclusa, ma anche la fase della decisione. Ad avviso di Scoca, se infatti la p.a. deve indicare i motivi che ostano all'accoglimento dell'istanza presentata dal privato, è evidente come essa ritenga di avere già sciolto e chiarificato tutti i profili problematici presenti nella vicenda che ha dato luogo all'apertura del procedimento. In altri termini la p.a. ha già deciso di non poter accogliere l'istanza. Il contraddittorio che si innesta ha ad oggetto dunque una decisione già assunta nella sostanza. Pertanto, la funzione principale di questo ulteriore momento di partecipazione è più di tipo difensivo che non collaborativo. Al riguardo, infatti viene riconosciuta, di fronte ad una proposta di provvedimento negativo, la possibilità di confutare e contestate tale proposta a mezzo di asserzioni miranti a fare rilevare la illegittimità della decisione in relazione a qualsiasi profilo rilevante a tal fine – riguardi esso l'accertamento del fatto, la valutazione e ponderazione degli interessi, l'individuazione delle norme regolative della fattispecie concreta e la loro corretta interpretazione – e ad indurre la p.a. ad assumere una diversa decisione.

È da osservare, inoltre, come il preavviso di diniego, che viene comunicato dalla p.a. al privato, non è un atto avente natura procedimentale ma si tratta di un atto endoprocedimentale privo di autonoma capacità lesiva della sfera giuridica del destinatario dal momento che la p.a. potrebbe decidere diversamente da quanto comunicato, ed in quanto tale non deve pertanto essere oggetto di autonoma impugnazione (ex multis, TAR Veneto, sez. III, 1 agosto 2006 n. 2257; TAR Campania, sez. VII, 12 giugno 2006 n. 6891, in www.giustizia-amministrativa.it).

Come noto, ai sensi del predetto articolo 10 bis, nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione del provvedimento di diniego, comunicano tempestivamente a coloro che hanno determinato l'avvio del procedimento i motivi che ostano all'accoglimento dell'istanza. Entro il termine di 10 giorni dal ricevimento della suddetta comunicazione i soggetti destinatari hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni eventualmente corredate da documenti. La comunicazione interrompe i termini per la conclusione del procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla scadenza del termine di 10 giorni. Dell'eventuale mancato accoglimento delle osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. La l. n. 15/2005 con l'introduzione dell'articolo 10 bis ha voluto in particolare sviluppare il principio del giusto procedimento, estendendo la partecipazione anche alla fase predecisionale del procedimento nel caso in cui l'Amministrazione ritenga che vi siano i presupposti per l'adozione di un provvedimento negativo in un procedimento ad istanza di parte. Infine, così si chiude l'art. 10 bis, le predette disposizioni non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.

La norma in questione presenta diversi profili di rilievo che hanno destato l'interesse di dottrina e giurisprudenza. Innanzi tutto conviene sottolineare come essa sia destinata ad operare nell'ambito dei procedimenti la cui apertura avviene ad istanza di parte. Si tratta, dunque, in massima parte di procedimenti che, ove conclusi con un provvedimento positivo per il destinatario, ampliano la sua sfera giuridica. Dall'applicazione della norma sono esclusi, come anticipato, i procedimenti concorsuali (al riguardo, secondo Scoca, in Diritto amministrativo, Torino, 2008, 236-239, “L'esclusione della norma ai procedimenti concorsuali è giustificata dal momento che la partecipazione ai medesimi potrebbe coinvolgere un numero potenzialmente alto di soggetti con un conseguente aggravio del procedimento e un altrettanto conseguente ritardo quanto alla sua conclusione”) ed i procedimenti in materia previdenziale ed assistenziale (al riguardo, il Cons. St., nel parere del 26 febbraio 2008 n. 2518/2007, ha asserito che “L'elenco dei procedimenti ai quali non si applica il c.d. preavviso di rigetto di cui all'art. 10 bis, l. n. 241/1990 non è tassativo, potendovi e dovendosi enucleare altri casi di sottrazione al preavviso di rigetto, alla luce di una interpretazione sistematica; in particolare, si sottraggono al preavviso di rigetto: a) il procedimento della denuncia di inizio attività in materia edilizia, per molteplici considerazioni (l'assenza di un procedimento destinato a sfociare in un provvedimento amministrativo; la tempistica peculiare del procedimento, incompatibile con i tempi del preavviso di rigetto, che comporta una interruzione del termine per provvedere); b) i procedimenti di secondo grado e, segnatamente, i procedimenti di autotutela avviati su istanza di parte e sfociati in atti confermativi; c) i procedimenti di controllo di nulla osta paesaggistici”. Per un approfondimento sull'ambito di applicabilità del preavviso di rigetto, si segnala Amovilli, Preavviso di rigetto: l'ambito di applicabilità. I casi problematici, in www.neldiritto.it.).

La ratio sottesa alla norma, come affermato da autorevole dottrina, risiede nel garantire ai destinatari degli effetti del provvedimento un ulteriore contraddittorio scritto con la p.a. procedente nonché di rafforzamento del profilo della trasparenza dell'azione amministrativa. Quanto affermato è confermato anche dalla collocazione dell'articolo nell'ambito del capo della l. 241/1990 che disciplina la partecipazione.

Altra questione che si è posta all'attenzione della dottrina riguarda l'eventuale omissione della comunicazione di cui all'art. 10 bis: a rigore la conseguenza dovrebbe essere quella dell'illegittimità del provvedimento finale, ma è necessario tenere conto della ipotesi di non annullabilità del provvedimento di cui all'art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990. Sul punto non si è ancora formata un'interpretazione univoca. Al riguardo, la dottrina si divide in due orientamenti. Secondo un indirizzo prevalente all'omessa comunicazione ex art. 10 bis si applica in via estensiva la disciplina prevista nell'art. 21 octies, comma 2. Da ciò discenderebbe la conseguenza che il provvedimento di diniego non sarebbe suscettibile di annullamento ove la p.a. dimostri in giudizio che il contenuto dispositivo non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (in linea con tale orientamento dottrinale si registra una ricca elaborazione giurisprudenziale fiorita in materia. Al riguardano, si consigliano le seguenti sentenze: TAR Puglia, Lecce, sez. II, 12 settembre 2006, n. 4412; TAR Lazio, Roma, sez. I; 10 aprile 2006, n. 2553, in www.giustizia-amministrativa.it.). Sul versante opposto si staglia altra dottrina, un po' più rigida, che ritiene non applicabile il suddetto articolo (Sulla scorta di tale interpretazione dottrinale giova segnalare la pronuncia del TAR Liguria, Genova, sez. II, 26 ottobre 2006, n. 1258, in www.giustizia-amministrativa.it.).

[5] L'art. 158 del D.Lgs. n. 163/2006, rubricato “Risoluzione”, recita: “1. Qualora il rapporto di concessione sia risolto per inadempimento del soggetto concedente ovvero quest'ultimo revochi la concessione per motivi di pubblico interesse, sono rimborsati al concessionario:

a) il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario;

b) le pene e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione;

c) un indennizzo, a titolo di risarcimento del mancato guadagno , pari al 10 per cento del valore delle opere ancora da eseguire ovvero della parte del servizio ancora da gestire valutata sulla base del piano economico-finanziario.

2. Le somme di cui al comma 1 sono destinate prioritariamente al soddisfacimento dei crediti dei finanziatori del concessionario e dei titolari di titoli emessi ai senti dell'articolo 157, limitatamente alle obbligazioni emesse successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione e sono indisponibili da parte di quest'ultimo fino al completo soddisfacimento di detti crediti.

3. L'efficacia della revoca della concessione è sottoposta alla condizione del pagamento da parte del concedente di tutte le somme previste dai commi precedenti.”.

In merito al tema dell'indennizzo al concessionario, si registra un costante orientamento giurisprudenziale in base al quale “ai fini della determinazione dell'indennizzo dovuto al concessionario, la previsione di cui al comma 1, lettera c), dell'art. 37 septies della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m. (riprodotto al comma 1, lettera c), dell'art. 158 del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.), trova applicazione esclusivamente nei casi ivi previsti. Infatti, nel menzionato articolo, è espressamente previsto che l'indennizzo possa essere qualificato nella misura ivi prevista solo se “il rapporto di concessione sia risolto per inadempimento del soggetto concedente“, nonché nell'ipotesi in cui “quest'ultimo revochi la concessione per motivi di pubblico interesse” (sul punto cfr. TAR Puglia, Bari, 30 marzo 2007, n. 1333, in www.giustizia-amministrativa.it. In particolare nel caso sottoposto al T.A.R. pugliese (annullamento in autotutela dell'intera procedura di gara, ritenuto, peraltro, illegittimo dal giudice amministrativo) non ricorreva nessuna delle due fattispecie. Certamente non ricorreva la seconda ipotesi, che con tutta evidenza è riferita all'eventualità in cui il concedente legittimamente rimuova, per oggettiva e sopravvenute ragioni di pubblico interesse, la concessione. Il pensiero giurisprudenziale poc'anzi delineato segue una logica interpretativa che parte dalla considerazione che la citata sia volta a sollevare il concessionario da effetti legati a sopravvenuti superiori interessi pubblici, stabilendo, in tal caso a suo carico solo un obbligo di tipo strettamente indennitario, riconoscendo in sostanza all'amministrazione solo una “responsabilità da atto lecito”. Nel caso oggetto della sentenza emessa dal T.A.R. Puglia, non appare sussistere neanche la diversa ipotesi di risoluzione del rapporto per inadempimento del concedente, prevista dalla prima parte del citato art. 37 septies. Infatti, non si è in presenza di responsabilità contrattuale del concedente (cui è specificatamente riferita la previsione), ma, semmai, di responsabilità da atto illecito. In sostanza, non si è in presenza di vicenda che investe il rapporto contrattuale, determinando l'eventuale scioglimento del vincolo esistente tra le parti, ma di una condotta della stazione appaltante che, con legittimo esercizio del proprio potere autoritativo, ha travolto la fonte stessa del rapporto, cioè la procedura di gara.

[6] L'art. 21 quinquies l. n. 241/1990, rubricato “Revoca del provvedimento”, recita: “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo”.

[7] In tal senso, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 4 aprile 2012, n. 1602, in www.giustizia-amministrativa.it, che ha statuito che “l'art. 21 quinquies l. 241 del 1990, che sancisce l'obbligo dell'Amministrazione di provvedere all'indennizzo dei soggetti direttamente interessati, quale ristoro dei pregiudizi provocati dalla revoca, ha riguardo ai soli provvedimenti amministrativi ad efficacia durevole, tra i quali non rientrano l'aggiudicazione provvisoria e gli atti ad essa propedeutici, ovvero l'approvazione di un progetto preliminare di project financing, né, tanto meno, il bando di gara come nel caso di specie, in cui l'iter concorsuale si è arrestato prima dell'apertura dei plichi”.

[8] In base alle disposizione del Codice dei contratti pubblici, il project financing è una tecnica di finanziamento per l'esecuzione delle opere pubbliche caratterizzato dal ricorso al finanziamento dei privati. In particolare, l'istituto trova applicazione con riferimento a quelle opere e attività in grado di produrre flussi di cassa a compensazione delle somme ottenute per finanziare l'operazione complessiva; per altro verso, il finanziamento attiene al progetto piuttosto che al soggetto che lo realizza, sicché tale progetto deve essere particolarmente “appetibile” per i finanziatori privati; infine, l'iniziativa è assunta dal soggetto promotore privato. I lavori sono realizzati con lo strumento della concessione di costruzione e gestione (expressis verbis, Casetta, op.cit., 592-593). Parafrasando Mastragostino (nell'opera collettanea La collaborazione pubblico-privato e l'ordinamento amministrativo, Giappichelli, Torino, 2011, 87-91, il project financing “rappresenta una forma di partenariato pubblico privato contrattuale, fondata sull'impulso del promotore e sulla centralità del relativo piano economico-finanziario, finalizzata alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità, tramite concessione di costruzione e gestione, con risorse totalmente o parzialmente a carico dei privato. Invero, la finanza di progetto costituisce un'importante alternativa all'affidamento di lavori pubblici ai sensi dell'art. 143 del Codice dei contratti pubblici, a disposizione dei soggetti pubblici, il cui principale pregio consiste proprio nell'essere stata ideata al fine di stimolare la raccolta di capitale privato. Ad una fase preliminare di determinazione delle intenzioni della Pubblica Amministrazione, che si sostanzia di norma nell'adozione di atti di programmazione, segue la fase procedimentalizzata di scelta del promotore, in relazione alla quale l'Amministrazione medesima ha facoltà di optare per uno dei due moduli contemplati dall'art. 153 del Codice dei contratti. L'Amministrazione, già nella disciplina previgente alla novella del 2008, pur godendo di un'ampia discrezionalità nel valutare le proposte e pur non essendo vincolata all'espletamento di procedure rigorose per la selezione del promotore, era comunque tenuta ad osservare le regole generali di imparzialità, trasparenza e correttezza. Infatti, superata un'iniziale ritrosia, ciò è stato ritenuto presupposto sufficiente per consentire il sindacato giurisdizionale del Giudice amministrativo. Le modifiche apportate dal terzo correttivo al Codice dei contratti hanno definitivamente sancito il carattere procedimentalizzato della fase di selezione del promotore, rendendo peraltro necessaria la previa pubblicazione di un bando, e conseguentemente hanno dissipato ogni dubbio rispetto alla tutela giurisdizionale, da ritenersi senz'altro devoluta al Giudice amministrativo. Sotto altro profilo, è interessante evidenziare come l'intera fase intermedia, che prevede avvio a seguito della formazione della volontà dell'Amministrazione di intraprendere l'operazione di finanza di progetto e si conclude con l'aggiudicazione del contratto, a prescindere dal modulo prescelto (procedura unica di gara a scorrimento, senza diritto di prelazione, ovvero doppia gara con diritto di prelazione), rappresenti sul piano logico un unicum funzionale finalizzato, in ultima analisi, ad individuare il partner privato al quale affidare la concessione di costruzioni e gestione. Di talché, allo stato attuale, tutti gli atti e i provvedimenti che si inseriscono in detta fase, al pari di quelli relativi a procedure di affidamento di lavori pubblici, sono impugnabili innanzi al Giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. e), n. 1. A tali controversie si applica il rito abbreviato “speciale”, di cui agli artt. 119, comma 1, lett. a), e 120-125 del Codice del processo amministrativo”.

Per un approfondimento sul tema del project financing, si segnalano i seguenti studi: Cassese, Istituzioni di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2009, 386; Malinconico, Il project financing, in Sandulli-Nictolis-Garofoli (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, vol. IV, Milano, 2008, 2610.

[9] Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 21 giugno 2011, n. 3274 e 3 luglio 2012, n. 3141, in www.giustizia-amministrativa.it; Consiglio di Stato, sez. V, 7 aprile 2011, n. 2154, in www.corteconti.it.

[10] La responsabilità precontrattuale ricorre quando l'amministrazione viola l'art. 1337 c.c. (sul dovere di buona fede nelle trattative e nella formazione del contratto) e l'art. 1338 c.c. (che si occupa del dovere di comunicare all'altra parte le cause di invalidità del contratto). Casetta, op.cit., 614-615, con puntuale ricostruzione dell'istituto della responsabilità precontrattuale, ex professo, precisa come “avverso questa estensione veniva affermato in giurisprudenza che il sindacato sulle modalità di conduzione delle trattative e sulla condotta della pubblica amministrazione fino al momento dell'approvazione, ove prevista, del contratto da parte dell'organo di controllo, necessaria ai fini del sorgere della obbligazione, avrebbe costituito una indebita ingerenza nell'esercizio dei poteri discrezionali ad essa attribuiti, senza considerare che dove esiste mala fede si è al di fuori di qualsiasi legittima scelta di soluzioni possibili e dunque di esercizio di discrezionalità. Tuttavia, tale responsabilità viene esclusa, da un lato, nell'ipotesi in cui il privato abbia dato esecuzione non richiesta ad un negozio con l'amministrazione invalido in base a disposizioni generali da presumersi note all'interessato, e quindi non a seguito di formale stipulazione, dall'latro, con riguardo al procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contrante (c.d. evidenza pubblica): nell'ambito del relativo procedimento l'aspirante alla stipulazione del contratto ha infatti esclusivamente un interesse al corretto esercizio del potere di scelta, per cui difettano le condizioni per la configurabilità delle trattative tra due soggetti e di un diritto soggettivo reciproco all'osservanza delle regole di buona fede (Cass., sez. un. n. 9892/1993). Ora, dopo l'entrata in vigore della l. 205/2000, la giurisprudenza amministrativa, seguita anche da pronunzie di quella ordinaria (Cass. n. 157/2002, che così si discosta dall'indirizzo segnato dalla Cass. n. 500/1999), in base alla teoria del “contatto amministrativo qualificato” ammette in tali casi la responsabilità, peraltro spesso definita come contrattuale (per una ipotesi di responsabilità precontrattuale in sede di giurisdizione esclusiva, v. Cons. Stato, n.1457/2003). La giurisprudenza più recente, però, sembra aver riconosciuto la rilevanza delle regole di buona fede e correttezza in ordine all'attività provvedimentale dell'amministrazione utilizzando lo schema della responsabilità precontrattuale: Cons. Stato, ad plen., n. 6/2005, in particolare ha ritenuto che la revoca degli atti della procedura ad evidenza pubblica spetta al giudice amministrativo. Per altro verso, la prospettiva che ammette la responsabilità precontrattuale anche in caso di revoca legittima di un atto (Cons. Stato, sez. IV, n. 1457/2003) deve essere coordinata con la disciplina dell'indennizzabilità dei pregiudizi patiti a seguito di revoca.

Su questa tipologia di responsabilità la letteratura è di ampio respiro: si segnalano, in particolare, Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Dike Giuridica Ed., Roma, 2012, 219-220; Cassese, op.cit., Milano, 2009, 423-431; Liuzzo, La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, Giuffré, Milano 1995, passim; Scoca, op. cit., Bologna, 1993, 473 ss.

[11] Per una rapida e significativa rassegna sull'analisi del citato art. 1337 c.c. si segnala la seguente dottrina: Palmieri, La responsabilità precontrattuale nella giurisprudenza, Giuffré, Milano, 1999, passim; Turco, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Giuffré, Milano, 1990, passim. Di particolare interesse anche le seguenti pronunce: Cfr. C.d.S., sez. V, 7 settembre 2009, n 5245 e C.d.S. e  Ad. Plen. 5 settembre 2005, n. 6, in www.giustizia-amministrativa.it.

[12] Cfr. Cass. Civ., sez. III, 10 novembre 2010, n. 22819, in www.cortedicassazione.it.

[13] Cfr. T.A.R. Campania, sez. I, 3 luglio 2012, n. 3141, in www.giustizia-amministrativa.it.

[14] In tal senso la giurisprudenza ha nel tempo offerto contributi significativi. In particolare, C.d.S., sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4309, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 4 febbraio 2011, n. 210 e T.A.R. Lazio, sez. III, 22 giugno 2009, n.5986, in www.giustizia-amministrativa.it.

[15] Cfr. C.d.S., sez. VI, 12 luglio 2011, n. 4196, in www.giustizia-amministrativa.it.


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