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Data: 07/12/2013 11:30:00 - Autore: C.G. di Marco Massavelli - Corte di Cassazione Civile, sezione II, sentenza n. 25945 del 19 novembre 2013. L'applicazione del rito camerale relativo alle controversie tra assistito e difensore nella liquidazione delle spettanze deve ritenersi configurabile anche nel caso in cui il primo proponga eccezione di prescrizione del credito vantato dal professionista, e per il cui recupero lo stesso procede. E' il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione Civile, con la sentenza 19 novembre 2013, n. 25945. Il
ricorso alla speciale
procedura
di
liquidazione delle spese,
diritti
e onorari spettanti
agli avvocati, prevista dagli articoli 29 e 29 della legge 13 giugno
1942, n. 794, non
è ammesso
nei soli casi in cui vi sia contestazione sul rapporto di clientela
(cioè sullesistenza stessa del presupposto contrattuale del diritto al compenso), sulla
natura giudiziale dei compensi pretesi, sull'avvenuta transazione
della lite ovvero quando il cliente, convenuto per la liquidazione
delle spettanze, opponga una domanda riconvenzionale, introducendo un
nuovo petitum ed una pretesa che fa capo non più all'avvocato ma
al cliente, non consente di utilizzare la procedura sommaria che
deroga al principio del doppio grado di giurisdizione ed il
procedimento in tal caso, dovrà svolgersi secondo il rito ordinario
(si veda Cassaz. 2229/1995; 3557/1999; 12035/2000). In definitiva, si tratta di situazioni in cui la domanda originale viene modificata. Non vale ad
escludere la possibilità del ricorso
al rito camerale la circostanza in cui il cliente neghi di dovere un compenso al professionista - ad esempio, perchè avrebbe già pagato - o, come nel caso di specie, nel caso in cui il cliente affermi che il credito si sia prescritto. La Cassazione statuisce che anche in quest'ultima occasione deve mantenersi il rito camerale, salvo che l'interessato - il cliente - formuli idonea domanda riconvenzionale a seguito delle pretese avanzate dal professionista. |
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